[Cm-roma] I signori dell'anello (GRA)

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Auteur: luca bicycling
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À: cm-roma
Sujet: [Cm-roma] I signori dell'anello (GRA)


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Il Manifesto - 31/12/2005

I signori dell'anello di GABRIELE MASTRIGLI

Conflitti, tendenze, mobilità, consumo, traiettorie esistenziali nel
perimetro di settanta chilometri che “recinta” Roma. Dedicato al Gra, il
grande raccordo anulare, l'ultimo numero di Gomorra

Cos'è il Gra? E' il grande anello infrastrutturale eternamente in
costruzione perché costretto a rincorrere la crescita di Roma e del suo
traffico automobilistico? O è la nuova, simbolica cinta muraria che segnala
e definisce l'ingresso nella capitale? E' quella sorta di città lineare
autonoma dove trovano spazio le sempre più numerose attività che non si
possono svolgere nelle aree centrali - lo shopping negli ipermercati, il
lavoro nei centri direzionali, il divertimento nei grandi multisala e nei
parchi a tema, la residenza nelle grandi enclave suburbane? O, più
prosaicamente, è il territorio di conquista privilegiato della speculazione
edilizia romana più recente: violenta, incontrollata, priva di progetto ma
tragicamente legale? Va da sé che il Grande Raccordo Anulare è tutto questo
e molto altro. Per questo lo sforzo fatto da Gomorra (Meltemi, pp. 132, €
14) dedicando al più celebre anello stradale italiano l'ultimo numero della
rivista (che segue idealmente quello su Roma di due anni fa) rischia di
constatare l'evidente: il Gra non è la materializzazione di un grande
progetto territoriale e nemmeno una di quelle cosiddette Grandi Opere, come
l'Alta Velocità o il Ponte sullo Stretto, su cui gli interessi della
politica e della società generano conflitti senza esclusioni di colpi ben
prima che le ruspe entrino in azione. Piuttosto è il non-luogo dove si
consuma l'esperienza di milioni di automobilisti che si avventurano tra
rampe a senso unico e stazioni di servizio, non più alla ricerca del
lampadario d'occasione o del più vicino casello autostradale verso la
vacanza, ma per spostarsi quotidianamente e faticosamente tra casa e luogo
del lavoro seguendo le rotte del pendolarismo su gomma, e in ultimo per
soddisfare nel week-end il bisogno settimanale di shopping e evasione,
possibilmente in un colpo solo, come accade all'”Ikea”. Cosa c'è dunque di
nuovo sotto il cielo del Grande Raccordo Anulare di Roma a più di
cinquant'anni dal progetto dell'Anas esteso dall'ingegner Giulio Gra, cui
si deve l'acronimo? Innazitutto che questo prototipico spazio liscio, come
lo chiamerebbe Aldo Bonomi, della metropoli romana ha reciso
definitivamente il cordone ombelicale con il centro: una rottura che non
appartiene a nessuna specifica classe sociale e che genera una nuova
condizione in cui il massimo d'innovazione e il massimo di mediocrità
convivono nello stesso spazio e nello stesso tempo, che non sono più né lo
spazio né il tempo del centro storico ma nemmeno delle aree a esso
immediatamente adiacenti, la cosiddetta “prima periferia”. Allo stesso
tempo appare evidente che è la cintura del Gra con le sue aree di
pertinenza a guidare oggi l'espansione urbana della capitale, sia perché,
come spiega Umberto Cao, il Gra è di fatto l'anello di scorrimento e
insieme l'unica legge insediativa di una nuova città tanto legale quanto
spontanea: quella dove ai luoghi del consumo si aggiungono, in una
successione di svincoli e cul-de-sac, le nuove concentrazioni residenziali
e del terziario. Ma soprattutto perché oramai lo stesso centro storico,
secondo Massimo Ilardi, al limite può esistere perché c'è lo spazio del
raccordo anulare che ammortizza l'assalto dei vecchi e nuovi “barbari”
della finanza romana, quella del mattone e del commercio, compensando il
regime d'immobilismo cui le soprintendenze hanno da tempo condannato aree
sempre più vaste interne all'anello stradale. In questa luce il Gra non è
tanto il simulacro di una metropoli sempre più uguale a sé stessa,
ridondante e anestetizzata nelle dilanganti pratiche del consumo, quanto
più l'immagine di qualcosa che nasconde conflitti tutti interni alla città.
Conflitti che ne pervadono il cuore sia fisico che simbolico-istituzionale
e assumono la forma di un'arretratezza strutturale, tanto per fare un
esempio complementare al Gra, proprio nel sistema delle infrastrutture del
trasporto pubblico, che, a più di dieci anni dalla tanto pubblicizzata
“cura del ferro” ci presenta una città ancora anemica, di fatto ferma alle
sole due linee della metropolitana. Per trovare ciò che è nascosto, lo
ricorda Renato Nicolini citando Lacan, bisogna trovare ciò che manca al suo
posto. Al posto del Gra, inteso come vero e proprio sistema direzionale
fatto di uffici, alberghi, università, centri commerciali ed enclave
residenziali, che attira flussi di traffico ben oltre la sua capacità, c'è
un intero capitolo della storia di Roma: quello dedicato alla
pluridecennale vicenda dello Sdo, il Sistema Direzionale Orientale, e
successivamente di quelle “nuove centralità” - sulla carta “luoghi che
ospitano insiemi di funzioni attinenti al ruolo di metropoli/capitale,
forniscono servizi a un vasto bacino di utenza, sia della popolazione che
delle imprese, favoriscono processi di qualificazione dell'ambiente
costruito e di recupero socio-economico di vaste parti della periferia” -
che dalla fine degli anni `80, avrebbero dovuto, secondo i piani del
Comune, prendere il posto dello Sdo e dare sostanza, struttura e anche
qualche esempio di buona architettura, a una capitale sempre in debito di
modernità. Come per la metro anche le “centralità”, cavallo di battaglia
della campagna di Veltroni e asse portante del nuovo piano regolatore,
stentano a vedere la luce. Mentre intorno al Gra si sta per aprire la
stagione dei lifestyle center, i villaggi dello shopping in stile
neo-centro storico, lo stesso miraggio dell'accessibilità sta
pericolosamente centrifugando le “centralità” dalla fascia più prossima
alla periferia storica, dove avrebbero dovuto contribuire alla sua
necessaria riqualificazione - così come mostrava la prospettiva a volo
d'uccello di Franco Purini dell'87, “Il Grande Raccordo Anulare e le Sette
Rome”, riproposta come apertura da “Gomorra”. E non c'è dubbio che la
storia di queste centralità finisce oggi sul grande raccordo anulare, dove
i centri direzionali stanno mutando in grandi attrattori del
multi-shopping, come il power centre costituito da “Ikea2” (inaugurato la
scorsa estate), “Leroy Merlin” e un Centro Commerciale Metropolitano (250
negozi, bowling a 16 piste, multisala a 17 schermi, impianti sportivi in
copertura) che materializzerà a breve, presso l'innesto con l'A1, il più
grande nucleo commerciale d'Europa, offrendosi come l'inevitabile cuore
pulsante della centralità Bufalotta. Per questo lo scampato pedaggio sul
Gra, di recente annunciato dal presidente dell'Anas Vincenzo Pozzi, prima
che una vittoria degli automobilisti romani è l'inevitabile conseguenza di
una metropoli che non può fare a meno di muoversi sulle auto private e che,
invece di affrontare drasticamente il problema, continua a consumare spazio
illudendosi che la terra promessa lungo l'anello del Gra possa assorbire e
risolvere tutti i conflitti e i ritardi interni a quel perimetro di 70
chilometri.


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