[RSF] Newsletter Osservatorio Iraq 20/2006

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Assumpte: [RSF] Newsletter Osservatorio Iraq 20/2006
Newsletter Osservatorio Iraq

18 dicembre 2005 -3 gennaio 2006

Anche se secondo la Legge amministrativa di transizione (TAL) il nuovo
governo uscito dalle elezioni del 15 dicembre si sarebbe dovuto insediare
entro il 31 dicembre, la sua formazione è ancora lontana.
I risultati elettorali non sono ancora stati resi noti, poiché le oltre 1500
denuncie di irregolarità impediscono di arrivare ad una proclamazione
definitiva.
Secondo gli osservatori
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1810
) , e persino il rappresentante delle Nazioni Unite, tutto rientrerebbe
comunque nella normalità, ma una nuova missione internazionale è stata
incaricata di verificare le accuse, che arrivano dai gruppi che sono stati
penalizzati secondo i risultati provvisori.
Non ci dovrebbero in ogni caso essere sostanziali cambiamenti in quello che
sembra emergere dalle urne, e cioè un paese spaccato
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1809
) che ha votato, nel migliore dei casi, seguendo l'appartenenza etnica
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1805
) quando non religiosa.
Uno scacco per George Bush, che si ritroverà un parlamento, come scrive
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1797
) Delphine Minoui " le cui idee sono talvolta più vicine a quelle di
Teheran - inserito nell'asse del male dal presidente americano - che a
quelle di Washington".
Il risultato elettorale, per parziale che sia, mostra quanta differenza c'è
tra le prospettive iniziali degli Stati Uniti e il risultato finale della
loro guerra. Lo stesso generale Peter Pace
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1801
), Capo degli Stati Maggiori riuniti, la più alta carica militare dopo il
"comandante in capo" George W. Bush, ammette che "gli iracheni stessi
preferiscono che le forze multinazionali lascino il loro paese il prima
possibile (.)Non vogliono che partiamo domani, ma vogliono che partiamo il
prima possibile".
Anche la Gran Bretagna, il maggiore alleato, scopre poco a poco lo scarso
gradimento: è di nuovo un alto ufficiale ad ammetterlo
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1781
) , il tenente colonnello James Hopkinson, comandante militare britannico a
Bassora. Che dice alla BBC : "Più a lungo rimarremo qui, più difficile
diventerà, in particolare mentre ci avviciniamo alle elezioni nazionali .
Siamo ospiti, e dobbiamo fare molta attenzione a non trattenerci più del
necessario".
In attesa che venga "completato" l'addestramento delle forze di sicurezza
irachene, diventa necessaria una strategia politica finora rifiutata, quella
del coinvolgimento
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1793
)
delle forze politiche sunnite, anche se questo significa ammettere, per
George W. Bush, che la rotta scelta era quella sbagliata. Forse per questo
motivo le trattative restano segrete, e sono affidate in particolare
all'ambasciatore
Usa in Iraq Zalmay Khalilzad, e ad opportune campagne stampa
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1787
)
.
Sullo sfondo, oltre la strategia politica, resta quella economica
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1777
) , non meno importante, e anch'essa non ancora compiuta. Il petrolio
iracheno non raggiunge la produzione sperata, e per le società petrolifere
Usa i veri profitti sono ancora lontani.
Le dimissioni dell'attuale ministro e l'interim del dicastero ad Ahmed
Chalabi, ex protetto caduto in disgrazia e poi recuperato degli Usa,
potrebbero aprire nuovi canali favorevoli agli statunitensi. Ma dovranno
fare i conti con la forte opposizione della popolazione, che già si è
manifestata
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1779
) in maniera evidente all'annuncio dell'aumento dei prezzi dei carburanti,

e che sarà sicuramente molto più forte se venisse avviata la privatizzazione
prevista in tutti i settori dell'economia.
Già i lavoratori del petrolio del sud dell'Iraq, uniti in sindacato, hanno
mostrato, nei mesi scorsi, di voler "prendere in mano il loro destino": ma
contro di loro, come contro molta parte della sinistra irachena, si
scagliano proprio i gruppi fortemente religiosi, con omicidi e rapimenti
(http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1794
)
. Questo è il paradosso della fallita strategia americana in Iraq.


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