[Lecce-sf] Fw: [antiamericanisti] PRODI NON SI ILLUDA!

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著者: Rosario Gallipoli
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To: forumlecce
題目: [Lecce-sf] Fw: [antiamericanisti] PRODI NON SI ILLUDA!
AGGIORNAMENTO SUI FATTI DEI VISTI NEGATI.
ROS.
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From: Leonardo Mazzei
To: Antiamericanisti
Sent: Tuesday, December 20, 2005 9:14 PM
Subject: [antiamericanisti] PRODI NON SI ILLUDA!



IRAQ LIBERO - COMITATI PER LA RESISTENZA DEL POPOLO IRACHENO



Bollettino del 20 dicembre 2005


http://www.iraqiresistance.info




Questo bollettino contiene:

1. PRODI NON SI ILLUDA!

2. LE ELEZIONI DEL 15 DICEMBRE

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PRODI NON SI ILLUDA!

Il presidio di giovedì 15 dicembre



Giovedì 15 dicembre abbiamo manifestato in Piazza SS. Apostoli, sotto la sede romana dell'Unione.

Di fronte alla negazione del visto al simbolo dei torturati di Abu Ghraib, davanti ai video sull'uso delle armi chimiche a Falluja e sulla sporca guerra degli italiani a Nassyria, dopo che sono venute a galla le azioni piratesche della CIA in Italia, ed infine alla luce della gravissima espulsione di Mohamed Daki dal nostro paese, abbiamo voluto chiedere a Prodi se per caso aveva qualcosa da dire.



NO, il capo dell'Unione, già allineatosi di fatto sulla posizione del ritiro "graduale e concordato" sostenuta dal governo Berlusconi (concordato con le "autorità irakene", cioè con il governo fantoccio installato dagli USA e quindi in definitiva concordato con questi), ha deciso di continuare sulla linea del silenzio, che in questo caso è un chiaro assenso alla libertà di azione imperiale degli USA non solo in Medio Oriente, ma anche nel nostro paese.

Per Prodi evidentemente le torture sono legittime e comunque non meritano neppure una parola delle tante che pure si sprecano nella politica italiana. Per Prodi è normale che l'Italia e la "sua" Europa abbiano negato il visto ad alti esponenti dell'opposizione irachena ed allo stesso Haj Ali, l'incappucciato di Abu Ghraib.

Prodi ed i dirigenti dell'Unione - forse troppo invischiati sul fronte delle inchieste sui recenti scandali finanziari - non solo non hanno niente da dire sui rapimenti della CIA, ma neanche sull'istituzione di fatto di una sorta di "diritto speciale" per i musulmani, come evidenziato dall'espulsione di Daki decretata dal ministro Pisanu, un ministro del resto applaudito tanto a destra quanto a sinistra.



Giovedì, di fronte alla richiesta di incontro di una delegazione dei manifestanti presenti al presidio in Piazza SS. Apostoli - richiesta basata anche sulla lettera inviata a Fini da 41 parlamentari dell'Unione - la segreteria di Prodi non ha trovato di meglio che barricarsi nella propria sede facendosi proteggere da un fitto cordone di polizia.



Tutto ciò non ci stupisce, ma è bene che tutti sappiano qual è la sensibilità democratica di chi si appresta a governare l'Italia.

Per questo diciamo chiaramente a Prodi di non illudersi. Non pensi di poter addormentare le coscienze con la collaudata ipocrisia democristiana.

L'Italia è stato il paese con il più forte movimento contro la guerra, ed anche se oggi questo movimento vive una fase di letargia, la maggioranza degli italiani continua ad essere contro l'occupazione dell'Iraq, contro le torture, contro il diritto imperiale americano.



Prodi non pensi perciò di svicolare dalle sue responsabilità: da quelle attuali come candidato premier a quelle future come probabile capo del governo.

Di queste responsabilità torneremo presto a chiedere conto, insieme a tutte le realtà che non intendono piegarsi alla logica della "guerra infinita" ed agli infiniti soprusi che essa comporta.



Comitati IRAQ LIBERO





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LE ELEZIONI DEL 15 DICEMBRE



Per la terza volta in un anno gli iracheni sono stati chiamati alle urne.

Con questo voto, che segue quello per l'elezione dell'assemblea costituente e quello sulla costituzione del 15 ottobre scorso, gli americani puntano al consolidamento di un minimo di struttura istituzionale dello stato iracheno.

Per gli occupanti dell'Iraq questo consolidamento è la premessa necessaria per raggiungere i propri obiettivi strategici, e cioè il controllo del paese con la stabilizzazione di un governo amico che ne assecondi le pretese egemoniche nell'area, inclusa la presenza definitiva delle basi militari a stelle e strisce.



La domanda fondamentale alla quale rispondere è dunque questa: l'esito delle elezioni del 15 dicembre ha avvicinato oppure no il raggiungimento di questo obiettivo americano?

La prudenza delle stesse dichiarazioni USA lascia intendere una grossa incertezza sulle prospettive future. Naturalmente è ancora presto per capire quali scenari si delineeranno nelle prossime settimane, ma alcune considerazioni vanno comunque fatte.

Se in passato la scelta americana era chiara (governo basato sull'alleanza tra le maggiori formazioni sciite e curde), assai meno lo è oggi visto che gli USA dicono di auspicare un governo di unità nazionale.

Se in passato nelle aree di maggior resistenza popolare all'occupazione la partecipazione al voto era bassissima, non è andata così questa volta, segno di una scelta tattica diversa, del tentativo di almeno una parte della Resistenza di inceppare dall'interno un'architettura istituzionale fragile, essendo figlia tra l'altro di una costituzione approvata soltanto grazie ai brogli del referendum di ottobre.



Questa scelta deriva senz'altro dalle difficoltà politiche e militari incontrate dalla Resistenza, da una situazione di stallo che ha sì impantanato gli americani, ma senza produrre la necessaria saldatura tra la guerriglia e l'insurrezione urbana, quella saldatura che terrorizzò gli americani durante la prima battaglia di Falluja (aprile 2004) e quella di Najaf dell'agosto successivo, ma che in seguito non si è consolidata.

I prossimi mesi ci diranno se la scelta elettorale sostenuta dagli ulema sunniti è stata giusta oppure no. Di certo non si tratta - come vorrebbero i nostrani pennivendoli - di una legittimazione dell'occupazione. Al contrario, si tratta del tentativo di scombinare i giochi politici degli occupanti. E' una scelta che sicuramente comporta dei rischi, ed almeno in un primo momento essa potrà essere utilizzata per alimentare la macchina propagandistica degli americani. Ma il valore di scelte politiche di questo tipo va misurato nel tempo e, soprattutto, su un altro piano. In questo caso il metro di giudizio dovrà essere quello dell'inceppamento o meno del percorso istituzionale teso a normalizzare l'Iraq sotto il controllo degli imperialisti USA.



In questi anni la forza della Resistenza ha stupito gli occupanti, i loro servi, i loro scribacchini. E ha stupito anche i nostri critici che, scandalizzati e benpensanti, inorridivano col loro "politically correct" verso chi, come noi, si batteva per l'aperto sostegno alla Resistenza.

In quasi tre anni di lotta la Resistenza non si è piegata. Ha subito i colpi della più potente macchina da guerra mai vista nella storia, ha pagato le difficoltà politiche di una situazione di isolamento in cui nessun paese offre il benché minimo sostegno a chi si oppone al disegno di dominio americano, ma ha saputo andare avanti forte di un consenso popolare che la propaganda degli occupanti non ha certo incrinato.

Vedremo cosa accadrà nei prossimi mesi.

Noi, proprio in considerazione di questa forza, siamo ottimisti.



VIVA LA RESISTENZA!

FUORI TUTTE LE TRUPPE DI OCCUPAZIONE!

LIBERTA' ED AUTODETERMINAZIONE PER IL POPOLO IRACHENO!













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