Auteur: Alessio Ciacci Date: À: forumlucca Sujet: [Forumlucca] Mozione Direttiva Bolkestein approvata dal Consiglio
Comunale di Reggio Emilia
Riporto di seguito la mozione approvata venerdì 2 dicembre dal Consiglio comunale di Reggio Emilia contro la direttiva Bolkestein; la mozione inizialmente firmata da Verdi, PDCI e PRC è stata poi sottoscritta e approvata anche da DS e Margherita.
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Al Sindaco
Al Presidente del Consiglio Comunale
Mozione su Direttiva Bolkestein
Premesso che è attualmente in discussione al Parlamento Europeo una nuova Direttiva in materia di servizi nel mercato interno, approvata all'unanimità della Commissione Europea il 13 gennaio 2004, tesa a «ridurre i vincoli alla competitività»;
tale Direttiva, definita Bolkestein dal nome del Commissario Europeo per la Concorrenza e il Mercato Interno, stabilisce «un quadro giuridico generale per eliminare gli ostacoli alla libertà di insediamento dei fornitori di servizi e alla libera circolazione dei servizi in seno agli Stati membri»;
tale direttiva vuole imporre ai 25 stati membri dell’Unione le regole della concorrenza commerciale, senza alcun limite in tutte le attività di servizio dove, per servizio si intende (articolo 4) “ogni attività economica che si occupa della fornitura di una prestazione oggetto di contropartita economica”;
e che pertanto l’approvazione di tale direttiva imporrebbe la privatizzazione di tutti i servizi, compresa la quasi totalità dell'insegnamento, la totalità della sanità e delle attività culturali;
Rilevato che il cuore di tale direttiva risiede nel “principio del paese d’origine” all’articolo 16, secondo il quale un fornitore di servizi è sottoposto unicamente alla legge del paese in cui ha sede l’impresa, e non a quella del paese dove fornisce il servizio; secondo tale articolo, dunque, sarebbe possibile ad esempio per un impresa di un paese più debole concorrere alle gare nel nostro paese per gestire un qualunque servizio applicando ai lavoratori che presterebbero qui la loro opera le condizioni contrattuali e salariali relative al paese d’origine dell’impresa (esempio Polonia, Slovenia);
se questa direttiva diventasse operante ci si troverebbe di fronte a un vero e proprio incitamento legale a spostarsi verso i Paesi dove le normative fiscali, sociali e ambientali sono più permissive e i diritti e salari dei lavoratori sono più bassi;
con il "principio del Paese d'origine", la Direttiva viola l'art. 50 del Trattato istitutivo della Comunità europea, secondo cui «il fornitore di servizi può esercitare a titolo temporaneo la sua attività nel Paese in cui fornisce la prestazione alle stesse condizioni che questo Paese pratica alle imprese nazionali»; il "principio del Paese d'origine" permette di deregolamentare e privatizzare totalmente i servizi che non sono forniti direttamente e gratuitamente dai poteri pubblici consentendo di destrutturare e smantellare il mercato del lavoro nei Paesi in cui è organizzato e protetto.
Ciò significa che viene altresì legalizzata l'esportazione di contratti di lavoro peggiori laddove vi sono condizioni contrattuali migliori per i lavoratori e le lavoratrici; per facilitare la libertà di insediamento, gli Stati dovranno limitare le condizioni poste all'autorizzazione di insediamento di un'attività di servizio. Questo progetto sottrae ai poteri pubblici qualsiasi diritto di indirizzare l'organizzazione dell'attività economica del proprio Paese;
la Direttiva non prevede norme particolari per nessun settore dei servizi, tranne che per le cure sanitarie. Un fornitore di cure che si stabilisca in un Paese, non è tenuto a rispettare il sistema di
sicurezza sociale del Paese ospite. Ci si trova in presenza della volontà deliberata da parte della Commissione europea di togliere agli Stati il potere di decidere della loro politica sanitaria; la scomparsa delle restrizioni nazionali all'insediamento apre la strada allo "Stato minimo", e cioè a uno Stato che ha perso il diritto di fare le scelte fondamentali nella politica dell'istruzione, della sanità, della cultura e dell'accesso di tutti ai servizi essenziali.
Ricordato che tale direttiva, annunciata come provvedimento teso a “diminuire la burocrazia e ridurre i vincoli alla competitività dei servizi per il mercato interno” è stata elaborata dopo la consultazione di ben 10.000 aziende e nessun sindacato e/o organizzazione della società civile;
Considerato che la direttiva in questione abbasserebbe notevolmente i livelli di tutela dei diritti di lavoratori e lavoratrici ed aprirebbe la strada alla privatizzazione selvaggia di tutti i servizi.
IL CONSIGLIO COMUNALE
Invita i Parlamentari europei ad operare per respingere la Direttiva o qualora non fosse possibile a modificarla in modo sostanziale;
invita il Sindaco e la Giunta ad adoperarsi affinché l’ANCI e l’UPI si facciano promotori verso tutti i comuni e province italiani di analoghe prese di posizione al fine di chiedere un ampio dibattito parlamentare e un ampio livello di informazione nel paese.
Paola Donelli, Capogruppo dei Verdi
Matteo Riva, capogruppo Comunisti Italiani
Donato Vena, consigliere Comunisti Italiani
Matteo Sassi, capogruppo Rifondazione Comunista
Alberto Ferrigno, consigliere Rifondazione Comunista