Autor: ANDREA AGOSTINI Data: Dla: forumgenova Temat: [NuovoLab] tav val di susa sospetti e altro sul tunnel della
discordia
dal corriere.it di giovedi 8 dicembre 2005
SOSPETTI SUL TUNNEL DELLA DISCORDIA
Aperta ieri con cinque anni di ritardo la prima delle «sue» due gallerie
sull'Autosole di Nazzano, che doveva esser pronta nell'ottobre 2000 per il
Giubileo, il ministro Pietro Lunardi ha accelerato nell'alta velocità
prediletta: quella di parola. E facendo invelenire Beppe Pisanu, che ha
subito fatto sapere d'essere «fortemente irritato» con lui, ha liquidato lo
scontro sociale, politico e culturale sulla Tav in Val di Susa nello stile
di un colonnello sudamericano: «È ormai un problema di ordine pubblico, non
riguarda il mio dicastero».
Parole incaute in bocca a ogni ministro d'un governo occidentale che sia
conscio delle difficoltà di ammanettare, insieme coi no-global, anarchici e
attaccabrighe, anche sindaci e commercianti, artigiani e casalinghe. Ma
ancora di più in bocca a lui, invischiato nella controversa faccenda non
solo come responsabile delle Infrastrutture ma anche come ingegnere,
fondatore, progettista e uomo simbolo della «Rocksoil», la maggiore delle
società italiane specializzate nei tunnel, che come è noto ha ceduto a
moglie e figli per aggirare la grana del conflitto d'interessi. Proprio
perché, come ha ricordato Carlo Azeglio Ciampi, non è ammissibile che i
campanilismi di una contrada, gli umori dei «signornò» o le beghe di
bottega blocchino grandi opere di interesse collettivo, queste opere devono
essere progettate, spiegate, appaltate e fatte nella massima trasparenza.
Senza il minimo sospetto di qualche dettaglio occultato e men che meno di
qualche interesse personale. Ed è qui che i conti lunardiani non tornano.
Passi l'abolizione, decisa appena dopo aver giurato in Quirinale, del
divieto firmato dal predecessore Nerio Nesi (in linea con le scelte
europee) di costruire ancora tunnel a una canna e due sensi di marcia,
divieto che toccava anche un suo progetto abolito (e da lui ripristinato)
in Val Trompia. Passi l'assunzione come capo della segreteria di Giuseppe
Calcerano, cioè del dirigente delle Autostrade che, come denunciò
Alessandro Sortino de «Le Iene», era addetto alla supervisione di quelle
gallerie di Nazzano il cui progetto firmato nel 1997 da Lunardi nelle vesti
di ingegnere era stato rifatto dopo la scoperta di una falda che, stando
alla bacchettata, «si sarebbe dovuta prevedere nella fase progettuale».
Passi l'appalto, smascherato da MF, ottenuto dall'azienda di famiglia
(nonostante avesse giurato davanti alle telecamere: «I miei figli
lavoreranno solo all'estero») per «la progettazione esecutiva e costruttiva
registrate nel bilancio 2004 di una galleria del collegamento ferroviario
Milano-Malpensa», collegamento gestito dalle Ferrovie Nord, controllate
dalla Regione Lombardia. Fin qui siamo dentro il cattivo gusto,
l'indifferenza al senso di opportunità, la violazione di quei codici etici,
scritti o non scritti, che spingono i cittadini a rispettare uno Stato
serio.
In Val di Susa c'è di più. I pareri sulla bontà o meno della scelta di
bucar le montagne esattamente lì, come è noto, sono discordi. Succede, che
gli specialisti litighino dando più peso a questo o a quel punto. E succede
spesso. Da una parte all'altra del pianeta. Nel caso specifico, però, c'è
una storia che val la pena di raccontare. Quella di due tunnel paralleli
per l'acqua, 4,75 metri di diametro esterno e una decina di chilometri di
lunghezza, iniziati una decina di anni fa, proprio in quella zona, per
conto dell'Aem, l'azienda municipale di Torino. Nel patto dei costruttori
erano in quattro: l'Astaldi (capofila), la francese Eiffage, un'impresa del
Mezzogiorno poi finita nei guai finanziari, e la Selmer (Nocon), una grossa
società norvegese con diecimila dipendenti (allora: oggi ha capitali
svedesi e i dipendenti sono saliti a quindicimila) che lavora spesso in
coppia con la Norconsult, specializzata in gallerie.
Un patto destinato a durare poco: a metà galleria, la Selmer decise infatti
di sfilarsi. Ed è qui che si affacciano un mucchio di domande. È vero che
la società scandinava prese la decisione di uscire dopo l'ennesimo
incidente, che aveva visto una frana seppellire una costosissima talpa
americana di marca Robbins? È vero che i norvegesi si lamentarono degli
studi che accompagnavano il progetto dicendo che i calcoli geologici erano
inesatti? È vero che la montagna venne allora definita «una gran brutta
montagna» segnata da fenomeni carsici, fiumi sotterranei, temperature qua e
là molto alte e presenza di amianto? È vero che la faccenda finì in mano
agli avvocati finché la Selmer-Nocon non se ne andò dopo avere ottenuto una
buonuscita? Domande non secondarie. Perché, se fosse vero («Mai saputo
niente: a noi dissero solo che c'erano stati dei problemini», dice il
sindaco di Venaus, Nilo Durbiano), le perplessità di chi si oppone non
sarebbero ancor più «solo un problema di ordine pubblico».
Tanto più che, a leggere le cronache di questi giorni, anche la francese
Eiffage si ritirò per «difficoltà» nel 2004 da un altro cantiere, sul
versante francese. Quello che prevedeva la costruzione di una galleria di 2
chilometri che doveva servire a saggiare le condizioni di scavo. Galleria
che vedeva impegnata, fra gli altri, anche la Rocksoil di Pietro Lunardi.
La quale, come spiegava una dettagliata interrogazione dei senatori verdi
Anna Donati e Giampaolo Zancan sulla base del bilancio 2002, era stata
incaricata della progettazione del tunnel «attraverso una cascata di
sub-incarichi e consulenze». La committente era la società francese Ltf,
controllata alla pari dalla francese Rff e dall'italiana Rfi, che
gestiscono le reti ferroviarie francese e italiana. Col risultato che a
pagare una parte dei lavori, stando al cartello filmato ancora da
Alessandro Sortino, c'erano il governo italiano e le nostre Ferrovie dello
Stato.