[NuovoLab] Le vergogne della Bresso: Violenza inevitabile

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Autore: brunoa01
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Oggetto: [NuovoLab] Le vergogne della Bresso: Violenza inevitabile
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L'Intervista / Sull'intervento della polizia contro i valsusini Bresso: azione inevitabile, non dialogavano La presidente del Piemonte: ora quella gente mi odia ma non c'era altra soluzione

«Guardi, la scorsa notte, saranno state le 3 o le 4, mi sono svegliata e ne ho parlato con mio marito: dobbiamo assolutamente trovare una soluzione. Lassù i bambini non riescono più ad andare a scuola, i loro padri a forza di scioperi rischiano il licenziamento, e poi sta anche arrivando il Natale...». Professoressa Mercedes Bresso, proprio mentre lei ci stava pensando, una prima soluzione è stata trovata, con l’ausilio di ruspe e manganelli. «Mi spiace, ne sono ovviamente preoccupata, ma non si poteva fare altrimenti. Al punto in cui si era arrivati, era inevitabile che accadesse, non c’era altra soluzione». Il presidente della Regione Piemonte, cattedra universitaria di politica economica a Torino, diessina ex ambientalista radicale (era molto tempo fa), è sostenitrice convinta della Tav e non ne fa mistero.
Capofila di quella sinistra istituzionale piemontese che in Val di Susa è ormai considerata peggio del centrodestra romano. «Lassù io ho preso un sacco di voti. I valsusini sanno bene che se non fossi io sarebbe peggio. Al momento mi odiano, perché sto interpretando il ruolo del padre che richiama il figlio a certi doveri, ma quando tutti avranno smesso di occuparsi di Tav, io sarò ancora lì a preoccuparmi per loro». In attesa del ritorno all’ovile dei valsusini, paternamente la Bresso spiega quali sarebbero gli errori commessi dagli esponenti dei Comitati nella trattativa con il governo. «Abbiamo fatto tentativi di mediazione, ma con loro non è facile dialogare. Per arrivare a un ragionevole compromesso è necessario che vi sia la disponibilità delle due parti. L’atteggiamento di tutti invece è sempre stato improntato allo scontro frontale. La verità è che in questo confronto non c’erano via d’entrata e di uscita».
La professoressa Bresso, che dice di rimanere una ambientalista convinta («Lo sono, perché non voglio che i Tir scorrazzino tra le montagne»), trova che sia tutta colpa della «sindrome Nimby», l’ormai celebre acronimo di «non nel mio giardino di casa» usato ormai ovunque per definire le battaglie ambientali. «Ha colpito anche in Val di Susa, appiattendo gli amministratori locali sull’opzione zero, quando era chiaro che si trattava di una ipotesi già scartata da tempo. Sia loro che il governo erano barriere, una contro l’altra».
La Tav si farà, meglio che i valsusini si mettano il cuore in pace, dice la Bresso, echeggiando involontariamente il ministro Lunardi. «Tutte le altre opzioni sono sempre state esaminate senza i rappresentanti dalla Valle, che si sono rifiutati di prenderle in considerazione. Un atteggiamento che porta dritti a quel che è accaduto la scorsa notte». Scusi professoressa, ma davvero è convinta che la colpa delle manganellate sia esclusivamente di chi la ha ricevute sulla testa? «La gestione dell’ordine pubblico, e la scelta di forzare il presidio, dipende dal governo. Ma l’atteggiamento dei comitati non ha aiutato chi cercava una soluzione indolore».
Come donna di sinistra, si definisce «ovviamente amareggiata» per gli scontri. Come presidente della Regione, non si impressiona più di tanto. «Ci sono dei momenti di fallimento della democrazia da cui ci si deve prontamente riprendere». Ai valsusini che sperano in un cambio della guardia nazionale per non rivedere più certe scene, Mercedes Bresso non lascia troppe illusioni. «Il centrosinistra avrebbe sicuramente gestito l’intera vicenda in modo diverso. Per noi riformisti governare i conflitti significa anche evitare di esasperare le situazioni. Ma sempre restando fermi sui nostri principi, senza cedimenti. Altrimenti non ci vota nessuno».
Marco Imarisio
07 dicembre 2005



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