[Lecce-sf] Fuhrerprinzip

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Author: Gaetano Bucci
Date:  
To: forumlecce
Subject: [Lecce-sf] Fuhrerprinzip



    Dalla democrazia di massa a forme di "governo del re"                      In nome del "kanzerlerprinzip" succeduto al "fuhrerprinzip"             
Da Mussolini nel 1923 a Ciampi nel 1993


3.11.2005. "Saper leggere la storia" (a cui invitava Angelini), equivale a "leggere" la dialettica sociale e politica originata da una vera e propria rottura storica che non è rimasta chiusa negli articoli della Costituzione e che erano già lo sbocco di una svolta non solo rispetto al fascismo ma rispetto allo stato liberale pre-fascista, con la vera grande novità "storica" del nesso stringente fra democrazia politica e democrazia economica.                                             Equivale a capire come dalla democrazia di massa e dal popolo più politicizzato e partecipe che, organizzato dal 1944 in formazioni politiche e sociali con caratteri e dimensioni mai viste prima, irrompe nella storia e resta sulla scena politica per 40 anni, si è viceversa passati a forme di "governo del re". Col "cesarismo" presidenziale di premierato e cancellierato, codificati nella Bicamerale D'Alema, e una "politica che cerca 'capi' come l'impresa cerca un padrone" ("Resistenza, Mani Pulite..,5/11/05). In nome del "kanzerlerprinzip" succeduto al "fuhrerprinzip" della "governabilità" opposta a "democraticità", lanciata nel 1975 dalla P2 di Licio Gelli, col Piano di "riforme istituzionali" di "Rinascita democratica"(sic); e nel 1981 da Craxi e Amato, con la "grande riforma".                                                                            "Il fatto alla sua data, senza altro sussidio dell'obiettività, è serena come la scienza e la verità" (Céré e C. Rousseau). Nel 1975 c'è l'avanzata comunista; nel 1981 inizia la corruzione e la "governabilità". Attraverso la degenerazione organizzata, con cui si è venuto sostituendo, col concorso determinante di "sinistra storica" e CGIL, il primato della politica - e quindi della democrazia e del "pubblico - col primato dell'economia - quindi del "privato" e del profitto. Trasformando la politica in governo degli affari e la sovranità popolare in sovranità della società per azioni. Rovesciando lo scenario degli anni 60-70, quando le lotte rimuovevano l'ideologia del profitto e, quindi, del governo come gestione degli affari, perché erano improntate sulla socializzazione dei poteri: non sulla "cultura dei diritti", espressione di una "Bad Godesberg" di CGIL e DS ben più grave della socialdemocratica abiura del "classismo" coerente con una Costituzione di Bonn fondata "sulla moneta stabile" e la "produttività dell'economia nazionale".                             Viceversa CGIL e DS, hanno abiurato la concezione classista dei rapporti tra società civile e politica, originando lo snaturamento della democrazia italiana, in presenza e contro la Costituzione "fondata sul lavoro". Abbandonano la strategia di lotta (di classe) per attuare la democrazia sociale prefigurata dalla Costituzione, nella convergenza politico culturale di Dossetti e Togliatti per il controllo sociale dell'economia e non per lo "stato sociale".     Donde che non si può ridurre DC-PCI ad appendici di USA-URSS, "saltando" la specificità internazionalmente chiamata il "caso italiano" di "democrazia avanzata". Un "nuovo stato" per usare una terminologia di Gramsci, diverso dal "soviettismo", e che come prova la spasmodica attesa della sua fine da parte del mondo capitalistico occidentale, è l'opposto di quello angloamericano, a cui somigliava quello dell'Italia della "destra" e della "sinistra storica", dove il maggioritario produceva, come oggi, trasformismo e notabilato. Per cui dopo lotte popolari e socialiste venne abolito nel 1919, reintrodotto da Mussolini nel 1923 e poi da Ciampi nel 1993 (dopo essere stato abolito l'indomani stesso della Liberazione). Sull'onda di referendum dall'alto promossi da gruppi della borghesia di destra e di sinistra contrari sia al proseguimento della politica di democratizzazione della società e dello stato, sia alle conquiste effettuate dal movimento operaio e democratico tra gli anni '60 e 80. Mistificando che il cittadino sarebbe stato "arbitro" della politica delegittimando il proporzionale e il sistema dei partiti il cittadino sarebbe stato "arbitro" della politica, contro la "partitocrazia" terminologia fascista con cui come Mussolini e Almirante viene definito il tutto.


Oggi, anche tanti fanatici del maggioritario ammettono che "non ha mantenuto le promesse" (G. D. Loggia, Corsera, 6/10/05). Ma non c'era bisogno di "vedere l'effetto che fa" il maggioritario. Bastava rifarsi alla storia. Intanto, come dicono i sociologi, "la televisione ha mangiato la politica tutta berlusconizzatasi" (I. Diamanti); la "sinistra", da Bologna a Milano, si fa "crispina" con sindaci-prefetti e prefetti-sindaci (candidati), sulle tracce del "Blair vero erede della Tatcher" (La Stampa, 9/10/05) e della destra "d'ordine" reazionaria; e Bertinotti dice: "va cambiata l'organizzazione del governo, prendendo esempio dalle aziende" (Repubblica, 29/8/05). Mentre certo "marxismo" solo chiacchierato e non applicato, fa marmellate teoriche e cianfrusaglie pragmatica per stare in Unione ora persino con Pannella, un vero radicale del capitalismo e del laicismo d'impresa, certo meno posticcio di "sinistra radicale", CGIL e semimarxisti che assumono la sua "cultura" liberale e antisociale "dei diritti".



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