secolo xix
SI RIUNISCE IL COMITATO Il prefetto: sedi delle forze dell'ordine,
rafforzare la sicurezza
Sull'attentato di Bolzaneto il prefetto Giuseppe Romano ha convocato una
riunione del comitato di ordine e sicurezza. Anche se ancora non è certo
che la caserma Nino Bixio, sede del VI reparto mobile di stanza a
Bolzaneto, fosse l'obiettivo reale degli attentatori, per il prefetto
diventa di prioritaria importanza la protezione delle sedi delle forze
dell'ordine «con la predisposizione di dispositivi di sicurezza che
assicurino la tranquillità agli operatori».
Preoccupazione per quanto accaduto lunedìè stata espressa anche dalla
segreteria provinciale del Silp per la Cgil. «Stiamo seguendo con
attenzione l'evolversi della situazione - commenta il segretario Roberto
Traverso - Abbiamo contattato il questore Presenti e il dirigente del VI
reparto mobile Auriemma che hanno garantito il massimo impegno per
verificare la natura del preoccupante episodio e assicurato di fornire una
tempestiva e adeguata informazione ai colleghi in servizio a Bolzaneto».
Caserma nella quale, peraltro, il servizio non è mai stato interrotto. «Il
personale è sereno - ha aggiunto Maurizio Auriemma - intorno alla nostra
sede da vent'anni, e non da ieri, c'è un forte servizio di vigilanza che
riguarda anche la collina antistante».
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Nessuno rivendica l'attentato di Bolzaneto
LE INDAGINI Gli inquirenti hanno setacciato i negozi di forniture navali.
Digos e scientifica replicheranno il lancio per individuare il punto di sparo
L'obiettivo del razzo era la caserma: è l'ipotesi più credibile, ma non si
esclude nulla
Si chiama Mk3. È un razzo di segnalazione marino - del tutto simile al tipo
Pm4 - utilizzato soprattutto dalle imbarcazioni che coprono lunghe tratte
di percorrenza. Gittata superiore ai 300 metri, 30 mila candele di
luminosità per il bengala e circa 40 secondi di durata per la segnalazione,
costo intorno ai 20 euro. Sarebbe stato un razzo come questo, secondo la
polizia, a colpire la finestra della ditta farmaceutica FaCe di Bolzaneto.
Ma a chi era diretto il razzo, se all'azienda farmaceutica oppure alla
confinante caserma del VI reparto mobile, simbolo dei giorni del G8, questo
è ancora un mistero. Reso più fitto dall'assoluta mancanza di
rivendicazioni. Particolare che rende difficile decrifrare l'episodio di
lunedì mattina.
Hanno un solo punto di partenza le indagini coordinate dal pm Cinzia
Perroni ed è l'arma improvvisata che, lanciata dalla collina prospiciente
la caserma Nino Bixio, ha sfondato un vetro della FaCe provocando il
ferimento di una dipendente, Giovanna Rausa di 37 anni. Ieri mattina gli
investigatori hanno battuto palmo a palmo Genova in cerca di una
provveditoria marittima, un negozio di forniture navali che tra gli
articoli in vendita avesse anche i razzi Mk3 di fabbricazione straniera e
con l'involucro di alluminio come risulterebbe dai pochi resti repertati
lunedì mattina dagli agenti della scientifica negli uffici dell'azienda
farmaceutica. Il primo aspetto accertato è che questo tipo di razzi di
segnalazione nautica non si trovano facilmente in commercio come invece
quelli con l'involucro di plastica dura e dal potenziale di gittata molto
inferiore. A Genova, ad esempio, sarebbero solo un paio di provveditorie
marittime industriali ad importare dall'estero questo tipo di razzi
destinati ai grossi cargo.
Ricerca, però, non facile. Per l'acquisto dei razzi di segnalazione nautica
attualmente non esiste alcuna prescrizione. I fornitori hanno un registro
sul quale annotano carico e scarico del materiale, ma quando passano in
mano ai privati i razzi devono solo essere indicati sul libro di bordo che
elenca le dotazioni di sicurezza. Non solo: hanno anche una durata molto
breve, sono omologati per quattro anni, dopo di che devono essere smaltiti.
«La capitaneria di porto impone che vengano "affondati" in acque profonde,
ma chi segue questo iter rischia una denuncia per inquinamento ambientale -
spiegano alla provveditoria San Giorgio - Di fatto, molto spesso, vengono
abbandonati senza nessuna precauzione». Questo estende all'infinito il
numero delle persone che, in un modo o nell'altro, avrebbero potuto
impossessarsi di un raggio di segnalazione. E, ovviamente, rende in salita
la strada degli investigatori che, ieri, hanno utilizzato anche come
consulenti balistici gli esperti delle più importanti provveditorie
marittime genovesi.
Un passaggio fondamentale dell'inchiesta sull'attentato in Valpolcevera
sarà la ricostruzione di quanto avvenuto. Nei prossimi giorni gli
investigatori della Digos e della scientifica replicheranno il lancio del
razzo di segnalazione, cercando di individuare esattamente il punto di
partenza sulla collina di Cremeno. Non pensano che il candelotto sia stato
lanciato con una pistola lanciarazzi, ma seguendo la traiettoria ritengono
plausibile che sia stato utilizzato un tubo o un oggetto simile per
imprimere la direzione al proiettile improvvisato.
A palazzo di giustizia il termine attentato viene usato con parsimonia e
anche il questore Salvatore Presenti ieri, dopo il confronto in questura
con gli investigatori che stanno lavorando al caso, lima le parole. «Non
c'è stata una rivendicazione, non c'è la certezza che il razzo sia stato
lanciato contro la caserma. Allo stato delle indagini potrebbe anche essere
un'intimidazione nei confronti della ditta farmaceutica». Ipotesi remota
che gli investigatori stanno comunque tenendo presente.
Alessandra Costante
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Le testimonianze «Non riusciamo a dimenticare»
«Buongiorno, chiamo dalla ditta farmaceutica FaCe di Bolzaneto. Avremmo
bisogno di un taxi al 43 di via Sardorella. Alla svelta, d'accordo?». «Non
si preoccupi, arriva a razzo».
Davanti alla battuta del radiotaxi la receptionist sorride. «Ecco, ha
sentito? Lo sanno tutti quel che è successo. Se ci si scherza è perchéè
finita bene, ma si è rischiato grosso». A parlare è Barbara De Guglielmo,
dell'azienda bersagliata lunedì mattina da un razzo nautico di
segnalazione. Il pericolo è passato e oggi l'argomento è di dominio
pubblico: se ne parla al bar, per la strada, al lavoro.
Nella hall della FaCe scende Paola, trafelata. Lunedì scorso c'era anche
lei nell'ufficio, al momento dell'impatto: «Un boato. Poi luce e fumo:
tutto d'un botto, all'improvviso. Non abbiamo avuto il tempo di renderci
conto. Siamo corsi fuori, nel piazzale: le mani tremanti, l'angoscia che ci
prendeva la gola. Non lo scorderò mai». Che l'episodio non si sia concluso
in dramma è stato un gioco del caso: proprio d'innanzi la finestra infranta
dal proiettile sparato con ogni probabilità dalle alture di Cremeno c'è il
fax dell'ufficio. «Se uno dei dieci dipendenti in quel momento presenti si
fosse trovato sulla traiettoria, oggi probabilmente non staremmo qui a
cercare di sdrammatizzare - insiste De Guglielmo -. Io a quell'ora ero
all'ingresso: ricordo che ho sentito un fragore assordante, non capivo cosa
fosse successo. Poi la fuga dei colleghi: "Un incendio, c'è un incendio"
gridavano. Inizialmente si era pensato ad un cortocircuito, talmente forte
da infrangere i vetri. Poi ad un errore di esercitazione dalla caserma.
Solo più tardi ci siamo resi conto della situazione».
Al civico 14 di via Belgrano di Cremeno, sovrastato dalla curva dalla quale
le forze dell'ordine ipotizzano possa essere partito il colpo, vive Pier
Francesco Piras con la famiglia. Lunedì mattina in casa c'era solo la
moglie. La quale assicura di non aver visto né udito alcunché. «Ci provi
qualcuno ad avvicinarsi al cancello - sfida Pier Francesco - se solo una
persona fa capolino Lizzy, il nostro cane lupo, attacca ad abbaiare e non
la smette finché non se ne va. Non è possibile che lo abbiano fatto da qua
sopra: mia moglie a quell'ora era in casa a stirare, se ne sarebbe accorta».
«Qui ci si dimentica del pericolo vero - scuote il capo Andrea Donnarumma,
fornitore dei servizi per una delle ditte del complesso a valle di Cremeno
-. Dico, ci rendiamo conto? Lì a due passi ci sono le cisterne di
Europetrol: se avessero mirato qualche metro più a destra sarebbe potuto
saltare tutto per aria. Sarebbe stata un strage, altro che atto
dimostrativo». Secondo Donnarumma la vicinanza con le cisterne petroli da
un lato e la caserma "Nino Bixio", sede del VI reparto mobile dall'altro, è
una combinazione rischiosa: «Per fortuna a breve dovremmo spostare il
magazzino per ragioni di spazio. Un trasferimento che di questi tempi
capita a fagiolo».
F. Am.
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lavoro repubblica
Gli investigatori prudenti sulla matrice dell´attentato di lunedì: "La
dinamica è molto particolare"
Bazooka, caccia ai testimoni
Dopo il razzo alla caserma oggi vertice in prefettura
Una perizia sui resti del missile
MARCO PREVE
Si cercano testimoni e si aspettano i risultati degli esami balistici per
riuscire a definire meglio il misterioso attentato avvenuto ieri mattina a
Bolzaneto, contro la cittadella militare che ospita il reparto mobile della
polizia.
I contorni dell´episodio - un razzo di segnalazione sparato dalla collina
con un tubo trasformato in bazooka che non ha colpito la caserma bensì un
laboratorio farmaceutico, ferendo leggermente un´impiegata - sono ancora
oscuri e gli investigatori della Digos sono molto prudenti nell´attribuirlo
anche ipoteticamente a qualche gruppo eversivo.
Questo per una serie di considerazioni. Prima di tutto, fino a ieri sera,
non era ancora arrivata una rivendicazione. Circostanza insolita se
paragonata ai precedenti attentati contro la polizia. Quando vennero
collocate le bombe davanti alla questura (dicembre 2002) e davanti al
commissariato di Sturla (marzo 2003), il giorno successivo arrivò il
messaggio del gruppo anarchico insurrezionalista, che se ne attribuiva
l´attuazione.
Le differenze non finiscono qui. C´è infatti la scelta di una strategia
diversa (trappole esplosive prima, un artigianale assalto in pieno giorno
oggi), e soprattutto c´è la questione del potenziale offensivo. Gli
attentati della questura e di Sturla erano stati fatti con ordigni in grado
di uccidere diverse persone. Il grado di pericolosità del razzo
(naturalmente sarebbe stato letale se avesse centrato una persona o
incendiato un deposito carburanti) è invece ancora da definire. Proprio per
questo motivo il pm Cinzia Perroni ha disposto una serie di accertamenti
tecnici su quanto rimane dell´ordigno. Soprattutto per capire se si tratti
di un razzo segnalatore per navi mercantili,oppure se sia riconducibile a
imbarcazioni di dimensioni più ridotte.
In tutti i presidi delle forze dell´ordine, intanto, è aumentata la
sorveglianza, in particolare alla caserma di Bolzaneto. Per decidere e
coordinare le misure da adottare il prefetto di Genova Giuseppe Romano ha
convocato per oggi una riunione del comitato provinciale per l´ordine e la
sicurezza.
Sull´episodio il prefetto lascia aperte ancora molte strade: «Si tratta di
un atto criminale di intimidazione e violenza - ha detto all´agenzia Ansa -
ma non sappiamo ancora con certezza a chi quel razzo fosse diretto. Per
questo dovremo attendere il risultato delle indagini».
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"Eppure il vento soffia ancora...."
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antonio bruno FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO VERDE 339 3442011
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sito Comitato Verità e Giustizia per Genova
www.veritagiustizia.it, con
aggiornata rassegna stampa.
Vogliamo aiutare le vittime della violenza delle forze dell'ordine a Genova
(luglio 2001).
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Genova
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