[NuovoLab] razzo contro caserma G8

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Szerző: antonio bruno
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Tárgy: [NuovoLab] razzo contro caserma G8
secolo xix

Razzo contro caserma del G8
Lancio dalle alture sopra gli uffici del reparto mobile. Il ministro
Scajola era in visita nelle vicinanze
Bolzaneto, colpita la finestra di una fabbrica. Ferita una donna

Genova. Un razzo da segnalazione nautica che centra la finestra di
un'azienda farmaceutica di Bolzaneto, la FaCe, corre per il corridoio,
sfiora un'impiegata e si schianta, incendiandola, contro una porta. Cronaca
di un attentato che poteva uccidere. E che nasconde un sospetto
inquietante: che non fosse la fabbrica di prodotti dietetici conto terzi la
destinataria di quell'improvvisato proiettile, ma la caserma Nino Bixio,
sede del VI reparto mobile, quella che nei giorni del G8 fu la prigione dei
no global. Un simbolo.
Secondo le ipotesi al vaglio degli investigatori, una desta particolare
preoccupazione. Il razzo che, ieri mattina verso le 10.15, è stato lanciato
dalla collina che si erge davanti alla caserma di Bolzaneto, poteva essere
diretto all'autorimessa della polizia, proprio confinante con l'azienda
colpita, oppure alle palazzine di vetro in cui alloggiano agenti e dirigenti.
Ad infittire il giallo la presenza di Claudio Scajola, ai tempi del G8
responsabile degli Interni, ieri in una struttura di volontariato di
Bolzaneto.
La Digos e la scientifica per ore hanno passato al setaccio la zona in cui
è avvenuto l'attentato e quella da cui, probabilmente, è stato lanciato il
razzo. Indagini complicate dalla mancanza, fino a tarda sera, di
rivendicazioni
Amodeo, Di Salvo, Indice
e Vassallo alle pagine 3 e 25

«Sfiorata dal razzo, sono viva per miracolo»
L'ATTENTATO DI BOLZANETO La drammatica testimonianza di Giovanna Rauso, 37
anni, responsabile dell'ufficio commerciale alla FaCe: siamo tutti sorpresi
La dipendente ferita: ho sentito un sibilo fortissimo. Poi sono stata
investita dalle schegge di vetro

Adesso che ci sta capendo qualcosa accenna un mezzo sorriso: «Ho sentito un
sibilo fortissimo, è stato un secondo: poco dopo c'è stato un colpo
violento alla finestra e io ho alzato istintivamente lo sguardo. Mi hanno
ferito alcune schegge di vetro, mentre il razzo mi è passato a pochi
centimetri colpendo lo stipite della porta e infilandosi nel corridoio».
Giovanna Rausa ha 37 anni, si aggiusta gli occhiali e porta le mani sulla
fronte, dove i medici dell'ospedale Villa Scassi le hanno applicato una
vistosa benda. È lei la dipendente della FaCe, l'azienda specializzata in
produzioni farmaceutiche raggiunta dal proiettile destinato con ogni
probabilità alla caserma di Bolzaneto, che ieri mattina ha rischiato di
morire: «Mi stavo alzando per prendere un fax - prosegue - e quella cosa ha
attraversato la stanza, non so come sarebbe andata se fosse accaduto dopo
qualche secondo».
Il racconto degli istanti successivi ricalca la ricostruzione che gli
investigatori hanno ribadito per l'intera giornata: «Il razzo è rimbalzato
contro il muro, percorso ancora qualche metro e poi ha terminato la sua
corsa contro una porta di legno, che si è incendiata. A quel punto tutti i
colleghi, una ventina di persone, si erano resi conto che la situazione
stava precipitando e sono corsi fuori, mentre altri hanno spento
rapidamente il rogo».
Giovanna Rausa è stata trattenuta a lungo negli uffici della Digos,
mostrandosi gentile all'uscita della questura nonostante la mattinata di
panico. E ha confermato, forte di quindici anni di servizio presso
l'azienda in cui è responsabile dell'ufficio commerciale, che negli ultimi
tempi non c'erano state avvisaglie d'un possibile attentato: «Abbiamo
lavorato tranquilli, come al solito. E ora siamo tutti sorpresi». Lascia
via Sardorella, dove la Face ha sede, poco dopo le 16 e alza ancora una
volta lo sguardo verso la finestra della sua stanza, al primo piano del
grosso prefabbricato che poliziotti di ogni tipo passano al setaccio da
ore. Il doppio vetro è ancora squarciato, lei sospira: «Un pezzo grande,
affilato, mi è caduto a pochi centimetri, e credo di essere stata fortunata
a schivare pure quello, oltre che il razzo vero e proprio». Di fianco c'è
il capo dei servizi tecnici, Candido Pittaluga, che scuote la testa
probabilmente per scaricare la tensione: «Sono stato io il primo a correre
verso la porta allorché si sono sprigionate le fiamme. Non c'è voluto molto
per scongiurare il peggio, ma a scopo precauzionale abbiamo preferito
evacuare l'intero stabile, nel quale lavorano circa quaranta dipendenti».
Spiega, Pittaluga, che la FaCe da due anni si è trasferita in Valpolcevera
(prima il complesso era molto più piccolo ed era sistemato in via Montaldo)
e che all'interno non sono previste lavorazioni particolari: «Siamo
specializzati nei prodotti dietetici e di automedicazione (questi ultimi
realizzati per conto terzi, in particolare per Novartis e Bracco, ndr) e
non c'è alcun motivo per credere che quel gesto fosse diretto a noi». È
stato proprio Pittaluga, il primo a mettersi in contatto con la polizia:
«Solo un muro ci separa dalla caserma. E quando ho telefonato, ho detto
agli agenti che pensavo si trattasse di un colpo partito accidentalmente
dal loro piazzale. Poi, conclusi i primi sopralluoghi, abbiamo capito che
la situazione era più grave».
La gente di Cremeno, intanto, osserva sbalordita il via vai di pattuglie
«Non c'è stato nulla di strano oggi - assicura Luca Arvigo, che gestisce la
trattoria storica sulla piazza del paese -. Non abbiamo sentito rumori o
visto personaggi sospetti». Due chilometri più a valle, Anna Pertica
allarga le braccia appoggiata all'ingresso dell'agriturismo "Du Suì", da
cui si vede pure la vetrata distrutta: «Ma come si può fare una cosa del
genere in pieno giorno, su una strada sorvegliata ogni ora?».

Matteo Indice


Manlio Di Salvo

«Adesso abbiamo paura qui serve più vigilanza»
LE REAZIONI Parlano residenti e lavoratori delle aziende della zona

«I mmaginavo fosse successo qualcosa: tutte quelle sirene, le volanti della
polizia che correvano contromano. Un caos». Parla Irene, 25 anni,
contitolare del bar latteria Boom di via Sardorella, a un passo dalla
caserma di Bolzaneto. Un nome che, in un giorno come questo, sembra quasi
uno scherzo.
Al Boom fanno colazione dipendenti e operai delle aziende a valle dell'area
collinare di Cremeno: ieri c'erano anche le ragazze della Face
Farmaceutici. «Questa volta niente caffè, Irene: dacci una grappa, e che
sia forte», hanno chiesto alla giovane. Lo stesso locale era stato un paio
d'anni fa oggetto di minacce da parte di ignoti, che avevano scritto una
lettera all'indirizzo del Secolo XIX con attacchi rivolti ai titolari:
"colpevoli", ai loro di ospitare ogni giorno i ragazzi della caserma di
polizia per la prima colazione. «La vicinanza con la caserma non ci ha mai
causato alcun genere di problema», insiste Irene.
«Dal 2001, dal G8 le cose sono cambiate - dice invece Gabriella Abate,
impiegata in una ditta di materiali edili di via Sardorella -. Quel che
successe allora non si può scordare: e lavorare ogni giorno a contatto con
questa realtà non mi rende certo tranquilla». L'attacco di ieri mattina
scoperchia traumi ancora freschi e antiche ferite. E scrive le prime righe
di una storia che, per qualcuno, è ancora tutta da scrivere. Molti temono
che il razzo sparato dalle alture di Cremeno sia qualcosa di più di un
gesto intimidatorio. «Non si può star tranquilli. Questa zona è pericolosa:
basta un niente - aggiunge Stefano Cuccabita, operaio della Sirti, ditta di
manutenzione telefonica adiacente la Face Farmaceutici -. Ci vorrebbe più
vigilanza, magari. Qui ci sono i serbatoi di benzina: innesco ideale per
chi volesse fare una strage. C'è da non dormirci la notte».



F. Am.
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"Eppure il vento soffia ancora...."

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