[Forumlucca] articolo su dolci

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Author: Alessio Ciacci
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Subject: [Forumlucca] articolo su dolci
per chi non avesse letto l'articolo su Dolci nel numero 21 di Arcipelago



DANILO DOLCI

Una storia che valica ogni confine storico, umano e politico per una nuova società.

I Movimenti, la Politica, i Cittadini, la Scuola, gli Educatori….. hanno molto da imparare dai suoi insegnamenti. Cerchiamo di riscoprire la sua opera.



E difficile delineare in una quadro definito l’opera di Danilo Dolci, tanto vaste sono le sue riflessioni ed i suoi insegnamenti.

Danilo Dolci è uno dei padri del movimento non-violento in Italia, la sua opera di sociologo, poeta, scrittore, filosofo, educatore, animatore di movimenti popolari, in prima linea contro la mafia, al lavoro per un’educazione che sappia valorizzare la sapienza dei bambini e la loro creatività, per un movimento popolare nonviolento che sappia crescere e riscattarsi attraverso i meccanismi della maieutica, per un sognarsi reciproco che sappia valorizzarsi e valorizzare nella crescita di ognuno, per l’autodeterminazione e la dignità dei popoli.

Danilo ci insegna che occorre prima di tutto indignarsi contro le ingiustizie per poi costruire un’azione intelligente: creando cultura, confronto, reti, movimento popolare nonviolento.



Nel 1952, all’età di 26 anni, Danilo inizia il suo primo digiuno sul letto di un bambino siciliano morto per fame. «Quando ho visto le condizioni disperate di quel bambino - racconta Dolci in una splendida intervista concessa a Massimiliano Tarozzi - sono corso alla farmacia di Balestratte per cercare del latte da portargli, ma è stato inutile: è morto proprio davanti a me. Allora cominciai a digiunare. Non c'era un ragionamento preciso, non avevo ancora letto Gandhi, sapevo solo che non potevo accettare che esistesse un paese senza fognature e senza strade, dove anzi le fognature erano le strade stesse».In quegli anni è già, infatti, grande animatore delle iniziative di riscatto sociale dei disoccupati e dei contadini della Valle dello Jato. Anima centinaia di disoccupati e con loro inizia a Partinico, vicino Palermo, un clamoroso sciopero "alla rovescia" per riattivare una strada intransitabile. I suoi metodi di lotta nonviolenta diventano ben presto famosi. Danilo intende attirare l'attenzione sulla disoccupazione siciliana facendo riferimento all'applicazione dell'articolo 4 della Costituzione che «riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». La sua forza sembra inarrestabile. Dopo due anni ad Enna un'iniziativa simile raccoglie tremila braccianti i quali, con un altro sciopero alla rovescia, sollecitano la costruzione di una diga iniziandone i lavori.



Nel novembre 1955 un secondo digiuno a Spinesante (Partinico), mira a sollevare il problema della diga sul fiume Jato. Una diga che avrebbe tolto il monopolio della gestione dell’acqua alla mafia e dato a migliaia di contadini migliori opportunità di vita combattendo la grave siccità. Ma la mafia si era coalizzata contro il progetto, perché temeva potesse rivoluzionare l’assetto politico-economico della zona. Solo il digiuno di Danilo del ‘62, che sarà seguito da una grande manifestazione popolare, riuscirà a scuotere le autorità che autorizzeranno l'inizio dei lavori.                                    




Il processo che verrà intentato contro Danilo e i contadini, per occupazione abusiva di suolo pubblico, servirà a far conoscere al mondo il suo lavoro. Ne esce un vero e proprio "Caso Dolci" che vede numerosi intellettuali italiani e stranieri (Silone, Parri, Pratolini, Carlo Ho, Sereni, Moravia, Fellini, Capitini, Cagli, Mauriac, Sartre) schierati in comitati di solidarietà e mozioni di protesta.Tutto l'iter processuale consumato dal 24 al 30 marzo a Palermo confluisce in un altro libro di una certa notorietà, Processo all'articolo 4, pubblicato da Einaudi nel `56.



Nel novembre del 1967 Danilo presiede un comitato che promuove la "Marcia dal Nord al Sud per il Vietnam e per la pace" e chiede al governo italiano di prendere le distanze dall'intervento militare statunitense nel Vietnam per proporre una soluzione pacifica. Conclusasi a Roma, davanti a Montecitorio, la marcia mobilita molte persone e tocca decine di città italiane, portandovi una rappresentanza vietnamita e una dell'America dissidente e pacifista.
Danilo Dolci manifesta poi per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza al servizio militare e per la ricostruzione dei paesi terremotati del Belice, devastato dal sisma del 15 gennaio 1968.

Sono tempi in cui gli obiettori di coscienza andavano in carcere. Il 10 novembre 1970 migliaia di abitanti della valle del Belice si trasferiscono a Roma e insediano davanti alla Camera dei Deputati un presidio permanente. Chiedono una legge che riconosca l'esonero dal servizio militare e l'istituzione di un servizio civile per la ricostruzione. Dopo dieci giorni e dieci notti di continua dimostrazione, i parlamentari approvano una legge che di fatto riconosce quel gesto di disobbedienza civile dei giovani del Belice e il loro diritto di partecipare alla ricostruzione evitando di dover andare al nord a fare il servizio militare. Due anni dopo verrà approvata la legge sull'obiezione di coscienza per tutti i ragazzi d'Italia.                                                                                                                               Negli anni 60 Dolci dà vita alla sua espressa opera di denuncia delle connivenze politico-mafiose offrendo precisi documenti in un Convegno di Studi organizzato a Roma al Circolo della Stampa da alcune riviste (Nuovi argomenti, L'Espresso, Astrolabio, Il Ponte, Cronache Meridionali). Ciò provoca le dimissioni di Messeri da sottosegretario al Commercio Estero e l'esclusione di Mattarella dal terzo gabinetto Moro: in cambio il tribunale di Roma condanna lo scrittore per diffamazione a due anni di prigione su denuncia di Mattarella, dell'onorevole Calogero Volpe e di numerosi notabili siciliani indicati nella conferenza stampa come aventi rapporti con la mafia.




Il 26 marzo 1970, dopo un giorno solo di vita, viene poi distrutta e sequestrata la "Radio libera di Partinico", fondata su iniziativa del Centro di Dolci per dar voce ai senza voce.



Nell'88 lancia un'iniziativa per la costituzione di un Manifesto sulla comunicazione. Avverte i pericoli connessi alla cosiddetta "comunicazione di massa", ossia al dilagare della televisione e degli altri mass-media che non generano più un vero contesto comunicativo, ma soltanto trasmissivo, unilaterale. E' molto preoccupato dall’unilateralità del nuovo modo di comunicare, che influenza i destini relazionali, impedendo un rapporto diretto e immediato; ma più che altro ne faceva una questione di potere: chi controlla la comunicazione globale acquista un potere enorme, che va messo in discussione e controllato. Al manifesto sulla comunicazione prendono parte i suoi amici di tutto il mondo, grandi personaggi della cultura internazionale tra i quali Galtung, Chomski, Freire, scienziati come Rubbia, Levi Montalcini, Cavalli Sforza, protagonisti della cultura della solidarietà come don Ciotti e monsignor Bello in Italia e Ernesto Cardenal in Sudamerica.



Il 30 dicembre del 1997 Danilo si spegne nella sua casa di Partitico.



Negli ultimi anni Danilo si era dedicato soprattutto alla formazione di centri e laboratori maieutici in Italia e nel mondo: un’esperienza affascinante, che molti studenti del liceo Majorana a Capannori hanno avuto la fortuna di sperimentare.

Alcuni ex studenti del Majorana che hanno conosciuto Danilo ed altri, giovani e meno giovani, semplicemente interessati al suo pensiero e alla sua storia, hanno deciso di organizzare un evento a Lucca entro la fine del 2005, per ricordare l’importante contributo di Danilo. Un contributo che è un insegnamento a tutti noi, alla politica, ai movimenti, alla scuola e a tutte le discipline.



Una testimonianza cresciuta oltre la dimensione contingente del suo tempo, e spintasi nel cuore dei problemi oggi cruciali per la sopravvivenza dell'umanità: la sua critica dei modelli socio-culturali egemonici e dei metodi di potere fondati sul dominio parte dalla Sicilia degli anni '50 e arriva a contestare l'attuale economia mondializzata, l'emergenza ambientale planetaria e la dittatura dei paesi ricchi a spese della stragrande maggioranza povera, opponendo all'ingiustizia la fermezza della non-violenza, il dialogo tra esseri umani prima che tra governi, la distinzione tra trasmissione e comunicazione.

Riprendere la sua opera e le sue riflessioni appare quanto mai urgente e importante per la nostra azione sociale e politica.

Alessio Ciacci



Chi interessato a partecipare a questo percorso può contattare i riferimenti sotto riportati, saranno presto pubblicizzati data, luogo e modalità dell’evento.

Alessio Ciacci 3474066559 Emmanuel Pesi 3495679683



Contributi presenti nell’articolo tratti dalle biografie di L'Abate, Casarrubea, Fontanelli, Tennis e dall’intervista di Tarozzi.








Alcuni passi dell’intervista a Danilo Dolci di Massimo Tarozzi nel 1995


Nella tua vita c'è stato un passaggio dall'azione politica a quella educativa?



Non credo. Non ho mai avuto la tessera di un partito perché ho sempre creduto nell'azione maieutica. E questa io la porto avanti con i contadini e nelle scuole. È sempre un'azione educativa quella che crea forze nuove e porta al cambiamento. Prendiamo la diga di Partinico. Da principio c'erano decine di migliaia di persone che vivevano come "atomizzate" ed erano completamente in balia di trenta persone comandate dal boss mafioso Frank Coppola. Quando abbiamo capito che i contadini volevano l'acqua, non abbiamo fatto comizi, ma parlando con la gente abbiamo cominciato a chiedere chi voleva l'acqua e poi a organizzare quelli che la volevano. In seguito sono nati gli scioperi, il sindacato "dei 500" che voleva lavorare per fare la diga. Ottenuta l'acqua, abbiamo domandato se l'acqua la volevano cara o a buon mercato. E oggi l'acqua costa sei volte meno di quanto costava 15 anni fa. Senza chiacchiere i contadini hanno capito che l'acqua a buon mercato doveva essere acqua democratica e non acqua di mafia e cioè dovevano imparare a mettersi insieme e a organizzarsi. Un cambiamento non avviene senza forze nuove, ma queste non nascono e non crescono se la gente non si sveglia a riconoscere i propri interessi e i propri bisogni.



Come è possibile far convivere un'educazione nonviolenta con la consapevolezza dell'ineludibilità dei conflitti e dell'aggressività?



Solo l'azione nonviolenta cerca di risolvere integralmente i conflitti perché è un tentativo di risolvere omnidirezionalmente i conflitti. Invece la rivoluzione violenta non è completa in quanto uccide l'altro, c'è una menomazione, c'è un'impotenza accertata. In questo era esperto Gandhi. I suoi collaboratori mi hanno confermato che lui nelle riunioni tendeva ad approvare le decisioni all'unanimità, non a maggioranza. Insisteva ad approfondire la discussione per ascoltare anche i dissenzienti fino in fondo.



Da anni tu porti avanti nelle scuole e negli incontri con ogni tipo di persone di ogni età e di ogni estrazione sociale un metodo educativo che definisci "maieutico". In che cosa consiste?



Essenzialmente è aiutare a riconoscere, in sé e negli altri, interessi, bisogni, identità, certe volte comuni, certe altre diversi. La crescita è sempre il prodotto di un complesso di condizioni maieutiche attuate.
Prima dicevo che è un processo omnidirezionale. In questo io mi differenzio, con tutto il rispetto, anche da Socrate. Per lui non c'è niente da imparare dagli alberi, soltanto dagli esseri umani. Ma non ha osservato abbastanza, non ha approfondito il rapporto come è necessario. Il gelsomino non è parla, ma ti annuncia. Ti annuncia che devi arrivare a una metamorfosi, che devi sentirti come un ape di fronte a lui, perché lui sempre ti raggiunge col suo profumo. Ti chiede di essere nello stesso rapporto in cui stanno l'ape e i fiori, che non si mangiano vicendevolmente, ma sono nella chiave della reciprocità, dell'aiuto reciproco. Con 70.000 bombe atomiche non abbiamo bisogno di imparare anche dal rapporto di ape e fiori?