ANSA: ITALIANI 'DESPERATE WORKERS', SONO TRA I PIU' FRUSTRATI DELL'UE
ROMA - Insoddisfatti, disillusi, quando non del tutto delusi, poco retribuiti e
senza tempo libero. Insomma, dei veri e propri 'desperate workers'. E' questo
il ritratto del lavoratore italiano, cosi' come emerge dalla ricerca Barometre
Accor Services (realizzata con l'Ipsos e che verra' pubblicata domani dal
settimanale Economy), che ha messo a confronto oltre 10mila lavoratori
dipendenti di 8 Paesi europei: Italia, Spagna, Francia, Belgio, Gran Bretagna,
Svezia, Germania e Ungheria.
Prendendo a prestito il titolo della fortunata serie televisiva sulle casalinghe
disperate, l'indagine dice con chiarezza che gli italiani sono nelle posizioni
peggiori. Nella classifica degli uffici felici, infatti, l'Italia si piazza
soltanto al sesto posto, dietro anche all'Ungheria. Cio' che piu' pesa ai
travet italiani e' in particolare la sovrapposizione tra ufficio e vita
privata, che causa problemi domestici, mancanza di tempo per i figli, oltre che
oggettive difficolta' di trasporto per andare e tornare dall'ufficio.
Andando ad analizzare nello specifico la situazione dei lavoratori italiani, si
scopre il motivo della frustrazione: il 74% si lamenta delle scarse prospettive
di carriera; il 78% della pochissima formazione, mentre il 55% del rapporto
gerarchico all'interno degli uffici, considerato troppo rigido e formale. Il
risultato? Sei italiani su dieci (58%) sono totalmente insoddisfatti o comunque
poco soddisfatti delle condizioni lavorative e per l'ambiente in generale.
Un'insoddisfazione, quindi, tra le piu' alte d'Europa, direttamente
proporzionale alla voglia di cambiare posto di lavoro. Ma senza la possibilita'
di poterlo fare a causa della scarsa aspettativa di trovare alternative. Una
situazione opposta rispetto a quella di Germania, Belgio e Svezia, in cui i
lavoratori si sentono coinvolti dalla loro azienda e non pensano di andarsene
da nessun altra parte, ma anche da quella inglese, dove l'opportunita' di
cambiare con relativa facilita' giustifica l'infedelta' aziendale.
Per migliorare il proprio status, quindi, i lavoratori italiani vorrebbero che
le aziende intervenissero in modo diretto in alcuni campi specifici. Prima di
tutto, nella formazione personale (61%). Al secondo posto, l'accesso a cure
sanitarie (39%), mentre al terzo, oltre tre su dieci vorrebbero un completo
riassetto della pausa pranzo (37%). Il 34% poi vorrebbe un aiuto in merito al
risparmio salariale e ai piani pensione, mentre il 27% un aiuto per il
trasporto, esigenza sempre piu' gravosa soprattutto nelle grandi citta'. Infine
uno su quattro vorrebbe una mano concreta da parte dell'azienda circa
l'assistenza ai figli e per il sostegno scolastico (25%).
Quanto agli altri Paesi, peggio dell'Italia stanno soltanto Spagna e Svezia,
dove pero' nessuno si sognerebbe di cambiare lavoro, e dove il tempo libero
sembra essere intoccabile. I piu' realizzati a livello professionale sono
invece inglesi e francesi, sebbene mediamente coinvolti dal loro lavoro; in
Svezia e Spagna lavorano le persone meno coinvolte e le meno realizzate, mentre
il gruppo composto da Germania, Belgio e Italia denota una situazione a tratti
contraddittoria: a fronte di un coinvolgimento in azienda abbastanza alto, la
realizzazione e' inferiore alla media. Discorso a parte invece va fatto per
l'Ungheria, la cui situazione e' diametralmente opposta: scarso coinvolgimento,
ma alta realizzazione.