La dichiarazione finale del Cantiere per la democrazia di Bari
In Italia vi è un urgente bisogno di democrazia. L'attuale governo
ha cambiato la legge elettorale sulla base di puri calcoli
elettorali. E sta cambiando la Costituzione in modo da concentrare i
poteri politici il capo dell'esecutivo e di decentrare i poteri
economici nelle regioni più ricche.
Questo avviene in un contesto in cui aumenta la disparità tra ricchi
e poveri; in cui si sgretolano i diritti del lavoro aumentandone la
precarietà; in cui, come nel caso del mercato delle abitazioni, si
sottraggono diritti e si trasferisce ricchezza sociale ai ceti
speculativi; in cui si umiliano i migranti, o costringendoli alla
condizione di "clandestini" e quindi sottoponendoli alla
segregazione nei Cpt, o li si esclude dai diritti di cittadinanza;
in cui si aggrediscono i territori in nome di una "crescita
economica" che implica la negazione dei bisogni della società e
della natura; in cui si puniscono le comunità locali sottraendo loro
risorse e sovranità; in cui si mettono in commercio i beni comuni
come l'acqua, i trasporti, l'energia; in cui si mettono la scuola,
l'università e la ricerca al servizio delle imprese, tagliando
finanziamenti pubblici e negando futuro ai giovani; in cui si tratta
il Mezzogiorno come una colonia economica, pascolo di capitali
esentasse, o deserto da abbandonare al potere dell'economia
criminale, la cui distinzione da quella legale si fa per altro
sempre meno riconoscibile; in cui, per sostenere il Pil e contenere
gli effetti dell'applicazione dei dogmi liberisti, si è scelta la
via della guerra e del "keynesismo militare".
E' appunto in questo quadro che si inserisce un generale e
articolato processo di negazione delle democrazia e di svuotamento
delle assemblee elettive. I luoghi di decisione veri vengono
nascosti e resi sempre più estranei alle assemblee elettive, ovvero
impermeabili alla volontà popolare. Anche il migliore sistema
elettorale non può correggere questa deriva. Lo prova la condizione
del Parlamento europeo, eletto con metodo proporzionale ma privato
di poteri reali, che sono in mano ad organi non elettivi. Nel nostro
paese assistiamo ad un passaggio di fatto da una forma di democrazia
parlamentare ad una di tipo "governamentale": in questa legislatura,
le leggi sono prodotti di proposte governative [conversione di
decreti legge, leggi delega, disegni di legge governativi, ecc.].
In questo mondo e in questo paese viviamo. Ci auguriamo che le
prossime elezioni politiche siano il capolinea dell'avventura di
Berlusconi. Ma un cambio di governo, di per sé, non è sufficiente.
Noi, riuniti a Bari nel Cantiere per la democrazia, e insieme agli
amministratori della Rete del Nuovo Municipio, vogliamo che il
cambiamento sia reale, che insieme al governo Berlusconi finisca il
berlusconismo, che le politiche liberiste e di guerra vengano
abbandonate.
Per ottenere questo occorre che la decisione sia riconsegnata nelle
mani dei cittadini. Ma questo non si può fare solo difendendo le
forme classiche della democrazia. Crediamo che sia necessario
promuovere e diffondere le forme della democrazia diretta, accanto e
insieme alle istituzioni della democrazia delegata. Diventa
indispensabile, per questo fine, conquistare la democrazia nei
luoghi di lavoro e nel sindacato e che lavoratori e lavoratrici
possano votare sulle ipotesi di accordo che li riguardano. E'
determinante difendere e riformare l'istituto referendario. Inoltre,
bisogna adottare un sistema elettorale, a livello nazionale, plurale
e rappresentativo. Occorre respingere, con il referendum, la
controriforma della Costituzione. Si devono abolire le peggiori
leggi berlusconiane, a cominciare dalla Bossi-Fini e dalla legge 30,
e cancellare la direttiva Bolkestein. Si devono cucendo nelle città
e nei territori, anche grazie a una normativa generale, la trama
della partecipazione e della co-decisione, affiancando a sindaci e
consigli comunali forme nuove di democrazia cittadina - quali quelle
che la Rete del Nuovo Municipio sperimenta -connettendole tra loro,
fino a farne, insieme a sindacati e reti sociali, associazioni e
gruppi cooperativi e dell'economia solidale, una robusta rete di
contrasto, controllo e proposizione anche nei confronti delle
politiche governative.
Ricostruire i diritti del lavoro salariato e di quello precario,
riconsegnare i beni comuni alle necessità sociali, creare un sistema
energetico fuori dalla dipendenza del petrolio e contro il dogma
della crescita infinita, avviare un grande progetto civile che
ripari i danni al territorio e al paesaggio, promuovere nel
Mezzogiorno una economia del buon vivere non subalterna alla
competizione globale e che dialoghi con l'area mediterranea, mettere
in opera azioni per conquistare eguaglianza di diritti e una
cittadinanza basata sull'autodeterminazione nella differenza,
lavorare perché l'Italia, e l'Europa, siano promotrici di pace e di
cooperazione equa e decentrata, ossia basata sul rapporto diretto
tra comunità, con il sud del mondo, in generale ritrovare una
capacità di pianificazione dal basso e partecipata dell'economia,
del territorio, del paesaggio: tutto questo, e molto altro, passa
per le strade dei municipi, per le società locali, lì dove i
cittadini vivono e dove si può rifondare una buona politica che
coinvolga invece che escludere.