[Forumlucca] Del Mondo Kurdo n.21

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Autor: Cinzia Mancini
Data:  
Para: forumlucca
Assunto: [Forumlucca] Del Mondo Kurdo n.21
Del Mondo Kurdo
Anno 5 - numero 21

a cura dell'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia

www.kurdistan.it (italiano), www.kurdishinfo.com (multilingue)



INDICE

* Appello per il ritorno dei profughi di Maxmur in Turchia

* Una missione europea riesuma le denunce di tortura in Turchia

* Punizioni arbitrarie di prigionieri

* Murat Karayilan: "La Turchia deve accollarsi la responsabilità"

* Puniti alcuni studenti per aver firmato una petizione per l’educazione in lingua kurda

* Un tribunale federale: la decisione del Ministero degli Interni tedesco è contraria alle leggi

* Un complotto internazionale, con una nuova concezione

* Ancora un rifiuto per coloro che si recavano a incontrare Ocalan

* Un procuratore turco accusa tutti gli avvocati della sua regione d’essere sostenitori del PKK

* Condanna a sei mesi di carcere per aver parlato in Kurdo

* Aprire un dialogo ora, per la pace e contro la guerra - Libertà per Abdullah Ocalan



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*Appello per il ritorno dei profughi di Maxmur in Turchia

DIHA -MAXMUR 02.10.2005 – La Turchia vuole che i rifugiati che vivono nel campo profughi di Maxmur facciano ritorno in Turchia, ha affermato l’ambasciatore statunitense a Mosul nel corso di una visita a Maxmur. I membri dell’Assemblea di Maxmur hanno espresso la volontà che gli Stati Uniti contribuiscano alla risoluzione della Questione Kurda in modo pacifico e democratico.

Un Comitato composto da Mecer Kule, ambasciatore a Mosul, da Mecal Pengler e Cdem Biren, ufficiali responsabili per le aree kurde, nonché da altri funzionari, ha fatto visita al campo profughi di Maxmur. Il Comitato ha incontrato Avdo Mirini, sindaco di Maxmur. Nel corso dell’incontro l’ambasciatore Kule ha dichiarato che il Comitato ha già da tempo avviato trattative negoziali con la parte turca, in cui chiede che i rifugiati del campo possano far ritorno in Turchia. Ha aggiunto che tale richiesta è stata formulata per sondare la situazione e le opinioni della parte turca al riguardo. “Quanto ai profughi, li aiuteremo economicamente e proveremo a impostare e sviluppare un dialogo con loro sia nel caso in cui continuino a vivere nel campo, sia nel caso che facciano ritorno in Turchia”, ha dichiarato Kule.

Dal canto loro, i rappresentanti dell’Assemblea di Maxmur hanno dichiarato che i loro problemi non sono soltanto di natura economica, ma anche politici; e inoltre che se si vuole un ritorno dei profughi, occorre affrontare la Questione Kurda e risolverla in maniera pacifica e democratica. I rappresentanti hanno in particolare evidenziato le loro richieste di pace sia nel corso dei colloqui che nel rapporto scritto che hanno consegnato al Comitato.

Queste sono le richieste da loro formulate:riconoscimento dell’identità kurda nell’ambito della Costituzione e sua conservazione, dialogo con il Kongra-Gel; rimozione delle pratiche d’isolamento inflitte al leader kurdo Abdullah Ocalan; amnistia generale; rimozione del nome KONGRA-GEL dalla lista delle organizzazioni terroristiche; riconoscimento dei diritti culturali; possibilità di istruzione e di pubblicazione in lingua madre; assistenza al ritorno di coloro che erano stati costretti a migrare nei vari Paesi esteri; risarcimenti sia morali che materiali per le migrazioni affrontate.



*Una missione europea riesuma le denunce di tortura in Turchia

Helena Smith, The Guardian-Atene 10.10.2005 – Una delegazione del Parlamento Europeo, inviata in Turchia per verificarne i progressi nel campo dei diritti umani, ha rinvenuto, come ha ieri dichiarato un euro-parlamentare britannico, sconvolgenti relazioni riguardo a omicidi e mutilazioni.

Queste scoperte, che giungono una settimana dopo l’apertura delle trattative, a Bruxelles, sull’ingresso della Turchia nell’UE, mettono in luce l’entità dei progressi che il Paese a predominanza musulmana deve ancora compiere, per poter aspirare a unirsi all’Unione Europea.

Richard Howitt, membro della missione (composta da sette persone) per conto della Sottocommissione per i Diritti Umani del Parlamento Europeo, ha dichiarato a The Guardian: "Ciò che abbiamo udito è sconvolgente. Vi erano resoconti di soldati che avevano tagliato orecchie e strappato occhi a persone sospettate di essere simpatizzanti nei confronti dei separatisti kurdi… Non si può sentir parlare di cose di questo genere senza rimanerne emotivamente impressionati”.

L’euro-parlamentare, portavoce dei Laburisti Europei in materia di affari esteri e fautore dell’ingresso della Turchia nell’UE, ha detto che gli abusi narrati sono stati confermati dalle organizzazioni per i diritti umani.

Un viaggio del gruppo nel Sudest della Turchia, zona a predominanza kurda, ha anche confermato che le forze di sicurezza stanno tornando ai metodi dei "vecchi brutti giorni", anche se in base alle statistiche le denunce di casi di tortura appaiano in diminuzione del 13% rispetto all’anno scorso.

E’ stato riferito di un ritorno di eventi quali sparatorie indiscriminate, esecuzioni extragiudiziali, arresti arbitrari, incursioni notturne nelle case da parte di uomini a volto coperto.

"Le nostre fonti sono assolutamente credibili e delle prove abbiamo ricevuto conferma da tutti i gruppi con i quali abbiamo parlato", afferma Howitt, e aggiunge: "Non mi rimane alcun dubbio sulla veridicità delle accuse".

Namik Tan, portavoce del ministero degli esteri turco, smentisce tuttavia tali accuse, definendole "sciocche storie, puramente fittizie, che nulla hanno a che vedere con la realtà. Nessuno che sia credibile, in Turchia, dirà mai cose simili".

Howitt ha dichiarato che nel solo mese di settembre a Van ben 95 persone sono state arbitrariamente arrestate, fra le quali il diciannovenne Yusuf Hasar, sospettato di essere un simpatizzante dei ribelli. Hasar è stato ritrovato morto una settimana dopo l’arresto. Le violazioni coincidono con una fase di recrudescenza della violenza nel tormentato Sudest della Turchia.

Gli scontri armati si sono intensificati da quando, nel giugno dello scorso anno, i ribelli hanno abbandonato il cessate-il-fuoco unilaterale.

La delegazione, le cui verifiche costituiranno la base per la stesura di un rapporto che sarà incluso tra i documenti del quadro negoziale per l’ingresso della Turchia nell’UE, è rimasta sconvolta anche da notizie di violenze contro le donne e di asportazioni di organi da parte delle forze dell’ordine. Mazlum-der, un gruppo che rappresenta i parenti di vittime della tortura, ha riferito all’euro-parlamentare che organi vitali sono stati spesso asportati dai corpi di prigionieri kurdi, probabilmente nel contesto di un traffico illecito di organi e di esseri umani. Howitt ha detto che è essenziale che il tema degli abusi sia affrontato prima che le trattative dell’UE con Ankara entrino nel vivo.

Da quando è salito al potere, il governo di Ankara retto dal partito islamico moderato AKP, ha ottenuto il plauso per aver rivisto il codice penale, abolendo la pena di morte, smantellando il regime di terrore delle carceri di massima sicurezza e ampliando i diritti culturali spettanti alle minoranze etniche. Coloro che difendono i diritti umani in Turchia parlano tuttavia ancora d’una diffusa "cultura della violenza", che pervade la polizia, le forze di sicurezza e gli organi giudiziari.



*Punizioni arbitrarie di prigionieri

Ozgur Gundem, 10.10.2005 – Detenuti nel penitenziario di tipo F a Tekirdag, appartenenti al PKK, in sciopero della fame in segno di protesta contro l’isolamento inflitto ad Abdullah Öcalan, sono stati severamente puniti: per un anno niente visite "aperte" dei parenti (ossia senza una parete divisoria durante gli incontri), per tre mesi nessuna visita in assoluto, né alcuna possibilità di ricevere telefonate e avere accesso a giornali e altri mezzi d’informazione. Le sanzioni sono in vigore dal 13 ottobre. I parenti, preoccupati, intendono denunciare l’amministrazione penitenziaria. Questa forma di repressione è divenuta di dominio pubblico quando i parenti si sono rivolti all’associazione TUHAD-DER, poiché non riuscivano più a mettersi in contatto con i detenuti. TUHAD-DER ha chiesto l’immediato annullamento dei provvedimenti e sostiene che questo tipo di sanzioni sono inflitte anche nei penitenziari di Kandira e Bolu. A Tekirdag esse riguardano 129 detenuti. Mehmet Sadik Ekinci, rilasciato di recente dal carcere di Tekirdag, ha confermato le supposizioni relative a quel penitenziario. Ai prigionieri da alcuni giorni viene negata l’acqua calda; si porta la motivazione che l’acqua non è stata pagata e in base a ciò si fornisce acqua calda soltanto una volta a settimana, per 5-10 minuti. La comunicazione tra i detenuti all’interno del carcere è resa impossibile, disastrosa è la situazione riguardo alla somministrazione di cure sanitarie e pare che addirittura dei cardiopatici siano stati respinti dall’infermeria del penitenziario. Il personale provoca i prigionieri, diffondendo di notte musica a volume assai elevato.



*Murat Karayilan: "La Turchia deve accollarsi la responsabilità"

Ozgur Gundem, 11.10.2005 - Intervista a Murat Karayilan, Presidente del Consiglio Esecutivo del Confederalismo Democratico del Kurdistan.



La dichiarazione d’intenti pronunciata dal primo ministro Erdogan a Diyarbakir è stata tradotta in atti pratici?

No. Egli stesso non ha mostrato alcun impegno nel verificare che ciò effettivamente avvenisse.

Il cessate-il-fuoco delle Forze di Difesa Popolare (HPG) è stato prolungato dal 20 settembre al 3 ottobre. Vi sono stati sviluppi degni di nota?

Noi abbiamo richiesto, nonostante tutto, all’HPG di non fare nulla, prima del 3 ottobre, che contribuisse ad accrescere la tensione già esistente. Ciò è stato interpretato come un’estensione del cessate-il-fuoco. Noi abbiamo chiesto alla popolazione e ai guerriglieri di mordersi la lingua fino al 3 ottobre, di perseverare nel tenere una condotta di mera autodifesa, come era stato progettato, di non fare nulla che rendesse il clima velenoso. Dal 20 settembre è ormai trascorsa una settimana. Non vi sono segnali di una tendenza positiva né nelle azioni recenti né tantomeno nelle dichiarazioni da parte del governo. Vale a dire: vi sono contraddizioni tra esercito e governo guidato dall’AKP. Viene detto, per esempio, che il governo intende intraprendere taluni passi, ma poi l’esercito lo impedisce. Cosa ne dice lei, di ciò? Da parte nostra, non siamo in grado di scorgere alcunché che potremmo interpretare come un gesto di buona volontà da parte del governo. La polizia sostiene il governo, ed è proprio la polizia ad attaccare e uccidere la popolazione. Analogamente, in qualsiasi contesto internazionale, nonché nei negoziati in atto, si dialoga con le forze del Kurdistan Meridionale (Iraq Settentrionale), ma noi siamo cancellati dallo scenario. Sembra che questa sia divenuta una malattia cronica: mentre noi sosteniamo la pace, altri compiono i loro sforzi diplomatici, con continuità, al fine di annientarci. Non possiamo dire che questa sia una buona intenzione. Noi vogliamo essere ottimisti e stiamo ricercando ogni possibile segnale che giustifichi il nostro ottimismo. E’ ben possibile che vi siano discordanze tra l’esercito e il governo. Dal mio punto di vista, vi sono circoli che sostengono l’idea di una soluzione della Questione Kurda; tuttavia al momento non vi è nessuna ala del governo né alcun gruppo all’interno di esso che voglia scorgere una soluzione. Le autorità stanno portando avanti una linea politica di mera repressione.



Quale sarà la vostra posizione dopo il 3 ottobre e quale la vostra posizione riguardo all’appartenenza della Turchia all’UE?

Parlando dal punto di vista dei kurdi, siamo favorevoli al fatto che la Turchia aderisca all’UE, purché ciò avvenga su una base che includa una soluzione della Questione Kurda.

E’ precisamente illusorio presupporre che la Turchia sia in grado di democratizzarsi senza risolvere la Questione Kurda. E’ nell’interesse dell’intera popolazione della Turchia che vi sia la democratizzazione e che si trovi una soluzione alla Questione Kurda. Per dimostrare la nostra serietà d’intenti, noi annunciamo che non intendiamo far nulla che possa accrescere la tensione prima del 3 ottobre. Quel che è importante è il tipo di atteggiamento che verrà mostrato durante i negoziati. Se dopo il 3 ottobre non vi saranno sviluppi che conducano verso una soluzione, la Turchia ne sarà pienamente responsabile. E’ molto evidente che si richiede un intervento urgente riguardo alla Questione Kurda. Vi è in particolare la necessità che l’UE indichi chiaramente e senza ambiguità la sua linea politica riguardo ai kurdi. E’ già chiaro quale decisione abbia preso lo stato turco: la Questione Kurda deve essere risolta ricorrendo alla forza, mediante l’annientamento. A fronte di ciò, noi siamo costretti a difenderci.



Sono in atto iniziative volte a risolvere Questione Kurda senza Abdullah Ocalan?

Vi è un conflitto in corso, che fa parte della realtà del Kurdistan e della Turchia. Le forze della guerriglia sono esistenti da ben 21 anni e si sono fatte molte illazioni sulla consistenza numerica dei guerriglieri. Posso affermare a chiare lettere che noi disponiamo di un gruppo armato di 7000 persone: sia combattenti uomini che donne. Una parte di essi sono stati dispiegati in Turchia per 20 anni.

Il conflitto non può essere fermato da una parte, che decide di investire sulla non-violenza; ciò condurrebbe unicamente alla distruzione di una delle parti in conflitto. Nessuna delle parti potrebbe accettare la propria distruzione; occorre uno sforzo di entrambe le parti per porre fine allo scontro. I guerriglieri fanno parte della realtà della Turchia: i guerriglieri esistono, la popolazione kurda esiste, Abdullah Ocalan esiste. Deve esservi una discussione su come, considerando tale aspetto, il problema possa essere risolto. Isolare Abdullah Ocalan e distruggere la guerriglia non è la soluzione. Al contrario, un simile atteggiamento dimostra l’incapacità, da parte della Turchia, di rinvenire una soluzione.

Recentemente vi sono state richieste, da vari circoli, di un cessate-il-fuoco a tempo indeterminato o di una deposizione delle armi non sottoposta ad alcuna pre-condizione. Molti circoli presumibilmente amichevoli nei nostri confronti, istituzioni internazionali, intellettuali ed esponenti democratici ci hanno suggerito di indire cessate-il-fuoco incondizionato e di durata indefinita, al fine di contrastare le provocazioni da parte dello stato turco o di alcuni circoli interni allo stato turco. Varie dichiarazioni sono state pronunciate in Turchia da appartenenti a tali circoli ufficiali, per evidenziare il fatto che nulla può conseguirsi mediante le armi. Sono convinto che gli amici che dicono ciò, nonché altre persone, o non comprendono la nostra realtà o non hanno alcun rispetto verso di noi. Si pronunciano appelli senza provare a scorgere il perché gli scontri armati avvengano. Provi per un momento a immaginare che i guerriglieri si trovino in una determinata area, inseguiti e pressati dall’esercito; e che quei guerriglieri provino, spostandosi qui e là, a evitare lo scontro armato. Alla fine non vi sarà comunque modo di evitare di scontrarsi. Essi possono soltanto arrendersi, permettendo in tal modo agli oppositori di ucciderli, oppure difendersi.



Rivolgerete all’HPG un nuovo appello?

L’esercito sta utilizzando il periodo del cessate-il-fuoco da parte dell’HPG per penetrare nelle aree controllate dalla guerriglia e attaccare. In una situazione di questo tipo noi non possiamo indire un altro cessate-il-fuoco. Come potremmo farlo? Noi abbiamo richiesto a quei combattenti di adottare una posizione di mera autodifesa e da allora le perdite umane nei loro ranghi si sono quadruplicate. E sono anche aumentate le aggressioni contro la popolazione. Eppure la gente ha un diritto democratico: quello di potersi recare nelle strade ed esprimere la propria opinione: ma se fa questo, riceve in cambio una risposta violenta. Molte persone hanno perso la vita in questo modo. Vi sono stati 200 feriti e quasi altrettanti arrestati. Sono stati arrestati molti esponenti di organizzazioni democratiche. Se le cose continueranno ad andare in questo modo, la violenza non potrà far altro che aumentare.



*Puniti alcuni studenti per aver firmato una petizione per l’educazione in lingua kurda

DIHA - ANKARA 16.10.2005 - Studenti dell’Università Hacettepe hanno organizzato una raccolta firme e firmato essi stessi una petizione nel 2001: chiedevano che fosse data la possibilità di scegliere d’inserire lezioni di lingua kurda nel loro curriculum di studi. Sono stati puniti: l’11esima sezione del Tribunale Penale di Ankara per Crimini Gravi ha sentenziato che due degli studenti siano condannati a sei anni e tre mesi di carcere, altri due studenti a tre anni e nove mesi di carcere e il motivo della pena loro inflitta è che essi hanno difeso il diritto all’istruzione in lingua madre.

Quattro anni fa le discussioni riguardo all’educazione in lingua madre erano in cima all’agenda politica in Turchia, per effetto delle pressioni da parte dell’UE affinché fossero introdotti emendamenti legislativi. Quantunque fosse poi stata concessa la possibilità di effettuare trasmissioni radio-televisive in lingua kurda, si rischiava comunque ancora il carcere formulando richieste riguardo all’educazione in lingua kurda.

Furono decine di migliaia gli studenti che firmarono la petizione “per l’istruzione in lingua kurda”: essi hanno ricevuto condanne o sono stati espulsi dalle rispettive università oppure sono stati aperti processi nei loro confronti.

Mentre le accuse a carico di studenti in altre città in casi giudiziari analoghi sono state lasciate cadere, per quanto riguarda gli studenti dell’Università Hacettepe è giunta una condanna a oltre sei anni di carcerazione. Il presidente dell’11esima sezione del Tribunale, Mehmet Orkan Karadeniz, ha emesso condanne nei confronti degli studenti di quell’università che chiedevano di poter scegliere di frequentare corsi facoltativi in lingua kurda.

Nihat Avci e Veli Ay, che hanno firmato la petizione, hanno ricevuto una condanna più pesante perché accusati anche di “appartenere a un’organizzazione illegale”. H"useyin Bilgin e Haydar Karaca hanno ricevuto una condanna minore, a 3 anni e 9 mesi di carcerazione, motivata dal fatto che essi “hanno agevolato l’attività di quella organizzazione illegale”.



*Ingerenza nella vita privata

Ozgur Gundem, 18.10.2005 - Il ministero degli affari interni ha reso noto un decreto intitolato “Misure di sicurezza riguardo alle università”, che, in base alle indicazioni nello stesso contenute, serve ai fini della “tutela dei giovani, mediante le forze di sicurezza, dalle cattive abitudini”. Esperti di diritti umani, giuristi e pedagoghi hanno levato proteste contro il nuovo decreto, il cui testo è stato redatto dal dipartimento antiterrorismo della polizia ed è stato sottoscritto dal ministro degli affari interni Aksu.

È opinione del presidente dell’Associazione per i Diritti Umani (IHD), Yusuf Alatas, che il testo non è compatibile con il diritto alla personalità e alla sfera privata, né con la libertà d’opinione. Alatas ha annunciato che verrà intrapresa ogni iniziativa necessaria per favorire un ritiro del decreto. Ali Koc, dell’Associazione Giuristi, ha descritto il decreto come un “colpo inferto alle libertà di associazione e di espressione”. Esso contrasta altresì con l’articolo 8 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. A detta di Aladdin Dincer, presidente del sindacato Egitim-Sen, il decreto è un “prodotto della mentalità che ha portato al golpe militare del 12 settembre 1980”; esso ha l’obiettivo d’impedire politicizzazione e organizzazione da parte degli studenti e di generare un’atmosfera di paura, in modo tale da mantenere sotto pressione qualsiasi forma di opposizione”. Le associazioni Gioventù Socialista e Gioventù Democratica hanno manifestato il loro malcontento per l’annuncio ministeriale, parlando del decreto come “abuso d’ufficio, atto diffamatorio e colpo inferto alla costituzione”; parallelamente gli attivisti delle due associazioni hanno pronunciato una dichiarazione nel quartiere Sultanahmed di Istanbul, nella quale richiedono che il decreto sia ritirato e annunciano di voler tutelare il proprio diritto a organizzarsi.



*Un tribunale federale: la decisione del Ministero degli Interni tedesco è contraria alle leggi

MHA, Francoforte 19.10.2005 - Un tribunale amministrativo federale tedesco ha bloccato la decisione governativa riguardante la chiusura del giornale Ozgur Politika. È stato deciso in relazione al decreto del Ministero degli Affari Interni che il 5 settembre aveva stabilito la chiusura del giornale e al successivo provvedimento amministrativo che ne stabiliva le modalità di applicazione; il tribunale ha stabilito che la decisione di chiudere Ozgur Politika contravviene alle leggi e pertanto ha revocato tale decisione, cosicché il giornale può essere nuovamente pubblicato. Proseguono gli incontri con le autorità volti a stabilire le modalità di restituzione di tutto il materiale documentale che la polizia aveva sequestrato durante la perquisizione nella redazione del giornale. Dopo che tutto sarà stato restituito, Ozgur Politika potrà riprendere le pubblicazioni, mantenendo anche la sua denominazione.

Cemal Ucar, uno dei redattori, ha rilasciato all’agenzia MHA alcune dichiarazioni: “Sin dal primo giorno di chiusura del giornale abbiamo costantemente creduto che la decisione, che abbiamo anche analizzato, era contraria sia alle leggi federali tedesche che alle norme internazionali. Spinti da tale fiducia, ci siamo rivolti al tribunale amministrativo federale. Il procedimento giudiziale ha dimostrato che verso il giornale era stato tenuto un comportamento ingiusto; e che, inoltre, sia coloro che lavorano al giornale che i lettori sono le vere vittime di tale situazione ingiusta”.

Ucar ha così proseguito: “La palla è ora nel campo delle autorità tedesche. Noi ci aspettiamo che vengano risarciti i danni subiti, tanto da Ozgur Politika che dai suoi lettori, durante il mese di chiusura forzata dell’attività. Chiediamo alle autorità tedesche di fare tutto quel che è nelle loro possibilità per far sì che Ozgur Politika possa nuovamente ristabilire il contatto con i propri lettori”.



*Un complotto internazionale, con una nuova concezione

MHA, 19.10.2005- Con una dichiarazione il Consiglio Esecutivo della Koma Komalen Kurdistan, Comunità delle Comunità del Kurdistan, ha reso pubblici i risultati conseguiti nel corso dell’ordinaria assemblea che ha luogo con cadenza mensile; all’interno della dichiarazione si descrive la fase che sta giungendo come un periodo che racchiude in sé le potenzialità per uno sviluppo positivo riguardo alla Questione Kurda.

L’assemblea del Koma Komalen Kurdistan ha avuto luogo in un periodo di intensi sviluppi politici e in cui si configura una nuova tappa della lotta armata. Accanto a tali sviluppi l’altro tema che ha occupato gran parte delle discussioni è la situazione di Abdullah Ocalan: “L’indirizzo politico rivolto contro il nostro Presidente ha ormai abbandonato il piano del mero isolamento ed è mutato in una fase di gravosa tortura psicologica. In tal modo si fa giungere il complotto internazionale a una nuova tappa”, è detto nella dichiarazione. Inoltre si pone l’attenzione sul fatto che il complotto diretto contro Abdullah Ocalan scaturisce anche come risultato di calcoli politici statunitensi relativi al Medio Oriente. “Le forze politiche presenti in Medio Oriente si trovano oggi coinvolte in un grande conflitto. Per impedire che l’iniziativa della popolazione e del movimento di lotta per la liberazione abbiano successo, ancora una volta si ricorre a concetti che consentano di attaccare direttamente il nostro Presidente”. Contro questi assalti si deve lottare; inoltre il Consiglio esecutivo ritiene che si dovrebbe rendere noto sia alla popolazione che all’opinione pubblica internazionale quale realtà si nasconde dietro tali assalti. Il popolo palestinese ha costruito e organizzato da sé la propria Intifada e in tal modo ha raggiunto la fase di un processo nella quale si sviluppa una soluzione; “Anche il popolo kurdo, in ogni parte del Kurdistan, deve continuare a costruire la propria Serhildan, a organizzarla al fine di poter esigere e anche sviluppare una soluzione democratica”. Il dato di fatto che in Turchia per la prima volta si è ammessa verbalmente l’esistenza della Questione Kurda è il risultato, a detta del Koma Komalen Kurdistan, della volontà organizzata della popolazione. Quel che si richiede è che la Serhildan sia arricchita e ampliata in modo tale che sappia esprimere in maniera organizzata la propria volontà riguardo alla libertà di Abdullah Ocalan, alla soluzione democratica della Questione Kurda e alla costruzione del sistema politico della Koma Komalen Kurdistan. Documento Intero …

( http://www.kurdishinfo.com/modules.php?name=News&file=article&sid=3832 )



*Ancora un rifiuto per coloro che si recavano a incontrare Ocalan

Dozame.org 19.10.2005 - Uno degli avvocati del Leader del Popolo Kurdo, Abdullah Ocalan, nonché due osservatori per i diritti umani, sono stati bloccati oggi dai militari turchi mentre si recavano a far visita ad Ocalan.

L’Avvocato Muharrem Erbey e i due osservatori, Ibrahim Bilmez e Batumlu, erano a bordo di un traghetto militare che li conduceva all'isola d’Imrali, ma improvvisamente la rotta dell’imbarcazione è stata invertita. La motivazione addotta è che il traghetto era danneggiato; sia il Comando di Gemlik il responsabile speciale del trasporto militare verso Imrali hanno fornito tale scusa riguardo al fatto che le persone trasportate sono state fatte tornare indietro quando già erano giunte a metà del tragitto. Agli Avvocati e ai familiari del Leader del Popolo Kurdo, Abdullah Ocalan, non sono state più consentite visite a Imrali dal 1° luglio 2005.



*Un procuratore turco accusa tutti gli avvocati della sua regione d’essere sostenitori del PKK

Dozame.org 21.10.2005 - Kemal Kacan, Procuratore della Repubblica a Van, accusa gli avvocati operanti nelle province kurde d’aver sostenuto il PKK; in base a ciò è stata avviata un’inchiesta sugli avvocati da parte del Ministero della Giustizia. Il procuratore Kacan aveva dichiarato: "La maggior parte di tali avvocati sostengono il PKK. Se dipendesse da me, li perquisirei tutti prima di farli entrare nel Palazzo di Giustizia". Dopo la notizia dell’apertura dell’inchiesta ministeriale sono giunti a Van i 29 membri dell’organo amministrativo dell’Unione dei Baro (cioè le Camere degli Avvocati) di Turchia, per portare sostegno ai loro colleghi colpiti dall’accusa del Procuratore.



*Condanna a sei mesi di carcere per aver parlato in Kurdo

DIHA ERZURUM 22.10.2005 – La Corte di Cassazione ha confermato la pena di 6 mesi di carcerazione inflitta a un amministratore del DEHAP nella sezione di Hinis (area di Erzurum). La pena è prevista nella legge elettorale ed è dovuta al fatto che la suddetta persona ha parlato in lingua kurda. In base alle notizie pervenute, Vahdettin Yusufoglu, Amministratore del DEHAP di Hinis, pronunciò un appello in kurdo il 14 ottobre 2002 per avvertire la popolazione che il Presidente del DEHAP e i candidati alle elezioni locali sarebbero presto giunti nella città.



*Aprire un dialogo ora, per la pace e contro la guerra - Libertà per Abdullah Ocalan

Documento a Cura di “International Iniziative Freedom for Abdullah Ocalan – Peace in Kurdistan” - In maggio 2005 alla Turchia e all’Europa è divenuta nota una decisione della Corte Europea per i Diritti Umani: “Il processo in Turchia al leader del popolo kurdo, Abdullah Ocalan, non è stato equo, né conforme ai principi dello stato di diritto”.

I giudici della Corte Europea attendono ora dalla Turchia la ripetizione del processo a carico di Abdullah Ocalan. La Corte di Strasburgo ha assegnato al Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa il compito di monitorare l’attuazione della propria decisione.

I militari e i circoli nazionalistici turchi hanno reagito in maniera adirata alla decisione. Eminenti generali rifiutano categoricamente di ammettere la possibilità che il processo sia ripetuto.

In tali circostanze occorre dubitare che in Turchia sussista lo stato di diritto, come è nelle aspettative dei giudici di Strasburgo. Con la costituzione di cui ora è dotata, la Turchia non è in grado d’istruire un equo e corretto processo a carico di Abdullah Ocalan. Quello che era inteso come un passo riformatore in direzione dell’Europa – l’emanazione di un nuovo codice penale – non è in alcun modo corrispondente agli standard internazionali: esso “taglia” i diritti essenziali, dei giornalisti e degli avvocati in particolare, in sostanza le prerogative di coloro che rappresentano Abdullah Ocalan dal punto di vista giuridico. Tali avvocati fin dall’inizio del mandato lavorano sotto il segno della minaccia e della repressione statale. Gli organi statali e giudiziari provano a privarli persino del diritto di esercitare la difesa legale, che pure dovrebbe essere loro garantito in virtù del mandato. Già dodici avvocati di Abdullah Ocalan sono stati privati in tal modo del loro mandato difensivo. S’impedisce in tal modo una rappresentanza legale indipendente, conforme al diritto e frutto di libera scelta.

Nessun avvocato potrebbe desiderare di prender parte a una tale farsa giuridica. Essi pertanto rinunciano a fare ulteriori visite al loro mandante in carcere, visite che d’altronde essi riescono a effettuare soltanto di rado. Non rimane loro altro da fare che comportarsi, apertamente, in modo corrispondente al punto di vista del loro cliente: nell’odierna Turchia egli non ha a disposizione alcuna opportunità di essere sottoposto a un processo equo.

Abdullah Ocalan vorrebbe prender parte a un processo corretto e conforme ai principi dello stato di diritto al cospetto di un organo giudiziario dotato d’indipendenza, il che in Turchia non esiste. Soltanto un tribunale internazionale potrebbe offrire la necessaria correttezza.

In che modo ciò sia possibile, è una questione giuridica. Risulterebbe tuttavia decisiva la volontà politica della comunità internazionale volta a dare soluzione alla Questione Kurda. Il diritto non può però ergersi a sostituto di alcuna linea politica. Ecco perché la Corte Europea per i Diritti Umani esige dai governi europei che inducano la Turchia ad attuare la necessaria condotta politica costruttiva riguardo alla Questione Kurda.

D’altronde è ancora in corso il conflitto, che ha ripreso vigore. Quotidianamente i media riferiscono di scontri tra esercito turco e guerriglia kurda. Cresce il numero dei caduti e dei feriti. L’offerta di pace e di dialogo, ribadita instancabilmente dalla parte kurda, non ha mai ricevuto alcuna risposta dalla parte turca. Permangono inascoltati il nuovo cessate-il-fuoco e la richiesta all’esercito turco di predisporre un cessate-il-fuoco bilaterale. Esercito e governo turco sembrano apertamente propendere per una soluzione di tipo militare. Un risveglio del conflitto non è più un’eventualità remota.


I compiti dell’Europa

È compito dell’Europa, ora, di indirizzare le autorità turche sulla strada del dialogo, dare apertura al dialogo e contribuire a far superare in comune le difficoltà del passato. L’Europa deve dire chiaramente alla Turchia: la via militare deve essere sostituita da un processo politico pacifico.

La positiva soluzione della Questione Kurda deve figurare tra le condizioni decisive per l’appartenenza della Turchia all’Unione Europea. La Turchia deve intraprendere il dialogo con i Kurdi, nonché con Abdullah Ocalan, che i Kurdi considerano la loro guida politica. Abdullah Ocalan si è del resto già dichiarato pronto a pervenire a una soluzione concordata. Tale tipo di soluzione è nell’interesse di entrambe le parti. Soltanto mediante colloqui negoziali può essere fermata la spirale di violenza.

Noi facciamo appello per la cessazione immediata di ogni forma di violenza, nonché delle operazioni militari tuttora perduranti in Kurdistan.

Noi richiediamo a entrambe le parti di pervenire a una soluzione politica della Questione Kurda attraverso colloqui negoziali.

Noi preghiamo di appoggiare il presente appello e di farci pervenire notizia del sostegno accordato entro il 30 ottobre 2005. Dopo tale data l’appello, con le firme di coloro che lo avranno sottoscritto, sarà pubblicato su vari giornali europei.

Nome Cognome …

Organizzazione …

E-mail …

Recapito telefonico …

Colonia, Germaniae-mail: nilufer@??? , www.freedom-for-ocalan.com

Peace in Kurdistan Campaign Londra, Regno Unitoe-mail: estella24@???

settembre-ottobre 2005