[Lecce-sf] Fw: AI FUNERALI DELLA VERITA¹

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Autor: Rosario Gallipoli
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Assumpte: [Lecce-sf] Fw: AI FUNERALI DELLA VERITA¹
AI FUNERALI DELLA VERITA'
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Sent: Thursday, October 27, 2005 5:18 PM
Subject: AI FUNERALI DELLA VERITA¹





Il 4 settembre 2004 Jabbar al-Kubaisi,
leader della Alleanza Patriottica Irachena,
e' stato sequestrato a Bagdad da unita'
speciali americane e chiuso in una delle
Tante Guatntanmo sparse per l'Iraq. Ne'
i suoi legali ne' suoi parenti hanno potuto
incontrarlo. Un caso esemplare per capire
Di che pasta sia fatta la <democrazia>
D'esportazione di Bush.

Notiziario del Campo Antimperialista ... 27 ottobre 2005 ... http://www.antiimperialista.org

Questo Notiziario contiene:

1. IRAQ: AI FUNERALI DELLA VERITA'
2. MANI DI ROMA: IL MOVIMENTO E' PRECARIO
3. DIECI SENATORI CHIEDONO CONTO A FINI DELLA VICENDA DEI VISTI NEGATI
4. SOSTENERE IL VENEZUELA ANTIMPERIALISTA!
Incontri con Pepete, sindaco di Guasdalito
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1. IRAQ: AI FUNERALI DELLA VERITA'

<Il 78% dei votanti si e' pronunciato a favore della Costituzione a fronte di un 21,5 di contrari>. Questo sarebbe l'esito del referendum svoltosi in Iraq, dopo dieci giorni di conteggi. E qui c'e' gia' la prima mistificazione. Il 78% di che?
La questione preliminare:
e' stata superata la soglia (dalla quale dipende la validita' stessa del referendum) del 50% piu' uno degli aventi diritto? Il governo fantoccio di Bagdad risponde che si, la soglia del 50 per cento e' stata superata. Bugia! Il metro di misura utilizzato daile autorita' collaborazioniste non e' quello degli AVENTI DIRITTO al voto, ma quello dei REGISTRATI presso i loro uffici elettorali. Lana caprina? Niente affatto! Secondo stime indipendenti e non certo riferibili alla Resistenza, in vastissime aree dell'Iraq solo una parte della popolazione (quella protetta dai notabili e dagli ajatollah di regime) si e' registrata presso gli uffici elettorali. Nelle cinque province dove la Resistenza e' piu' forte (piu' della meta' della superficie del paese e dove risiede poco meno della meta' della popolazione irachena: Al-Anbar, Saladino, Ninive, Diyala, Bagdad), dove essa controlla la gran parte dei villaggi, delle vie di comunicazione e spesso gli stessi grandi centri urbani (come Ramadi, Falluja, Tikrit, Samarra, Mosul, Baqubah, Al Qa'im, Hit, ecc) non soltanto ha vinto ampiamente il NO. Buona parte ha seguito l'indicazione della guerriglia di boicottare il voto.
Seconda questione:
su che basi sono state compilate le liste elettorali dato che manca un censimento della popolazione? Esse sono stilate sulla base degli elenchi di chi, negli anni '90, aveva, a causa del criminale embargo ONU-USA-NATO, una tessera annonaria per l'approvvigionamento razionato dei beni di prima necessita'. Gia' prima della guerra si sapeva che quelle liste erano manipolate e che molti clan e capivillaggio falsificavano gli elenchi per poter distribuire in maniera clientelare quei beni. Ogni iracheno sa che le autorita' collaborazioniste hanno manomesso le vecchie liste, mettendo in circolazione centinaia di migliaia di cerificati elettorali che non corrispondono a cittadini reali, certificati distribuiti ai capiclan filoamericani che poi finiscono nelle urne come voti favorevoli.
Terza questione:
chi ha gestito questi Uffici per la registrazione elettorale? Evidente la risposta: gli scagnozzi prezzolati dal governo fantoccio i quali, in assenza di ogni controllo popolare e di ogni verifica legale, possono dunque manipolare indisturbati le liste di registrazione.
Quarta questione:
con quali criteri sono stati allestiti e posizionati i seggi elettorali? Facile immaginarlo, fitti come funghi nelle zone <pacificate> e controllate dalle forze di sicurezza filoamericane, scarsi se non del tutto assenti non solo nelle zone presidiate dalla Resistenza, ma anche in quelle dove sono egemoni movimenti come quelo di Sadr ostili agli occupanti (Basora, Nasiriya, Al Amarah, al Hillah,ecc).
Quinta questione:
chi ha controllato lo spoglio delle schede? La risposta e' semplice e potete darvela da soli, dato che nella gran parte dei casi gli scrutatori erano funzionari o tirapiedi del governo fantoccio.
Sesta questione:
e' vero che tutto il procedimento elettorale ha avuto la supervisione di organismi internazionali neutrali? No, e' falso! Le Stesse Nazioni Unite, pur avendo (scandalosamente!) giustificato i risultati, hanno ammesso che non avevano che un manipolo di osservatori i quali, a causa del conflitto, non potevano circolare nel paese e se ne sono stati chiusi nella zona verde protetta dai Marines. L'ufficio ONU centrale predisposto alla verifica della correttezza del referendum si trova ad.. Amman!

In queste condizioni; in un paese dilaniato dalla guerra, con ampie zone del paese sottoposte alle terrificanti incursioni americane, dove gli occupanti perquisiscono e arrestani a loro piacimento, dove gli squadroni della morte fanno sparire ogni giorno decine di oppositori, dove le forze politiche antimperialiste sono fuorilegge e perseguitate, dove spesso i cittadini ridotti alla fame vengono pagati per andare a votare; in queste condizioni e' pura follia pensare di poter svolgere elezioni <regolari>. Che esse siano state manomesse da sistematici brogli e' il minimo che possa accadere.
Ne' ci stupiamo che i servili media occidentali, sempre censori spietati quando si tratta di contestare le elezioni in paesi come il Venezuela, lo Zimbabwe, Cuba o la Bielorussia, in questo caso abbiano chiuso non un occhio ma tutti e due, limitandosi a rilanciare i dispacci dell'americana Associated Press, la famigerata agenzia di falsificazione che occupa abusivamente due piani dell'Hotel Palestine. Ne' ci sorprende il penoso servilismo del ministro degli Esteri Fini, che prima suonare il suo piffero aspetta che la Rice gl passi lo spartito. Per quanto riguarda l'Unione (Prodi e C.) essi si sono ben guardati dallo smentire le comiche dichiarazioni di Fini, accreditando anch'essa che in Iraq... ha vinto la democrazia. Bertinotti non si e' discostato dalla sinfonia, nonostante questa volta non gli abbiano mostrato nemmeno la fila davanti ad un paio di seggi tetralmente allestiti.

Quale sia la vera situazione in Iraq ce lo dice la Resistenza: l'occupazione imperialista e' un fallimento totale. Ma siccome lo dice la guerriglia allora si risponde facendo spallucce. Facciamo allora parlare una fonte al di sotto di ogni sospetto. Il Ministero della difesa Inglese. Questo ha commissionato in agosto un sondaggio ad un gruppo di ricerca dell'Universita' di Bagdad. Questo sondaggio, che doveva restare confidenziale (leggi:segreto) e' stato invece reso noto dall' inglese Sunday Telegraph, che l'ha pubblicato il 21 ottobre col titolo elequente: <Gli iracheni giustificano gli attacchi contro le trupope britanniche>. Ma vediamo in dettaglio che ci dice il sondaggio. Citiamo:
<-Il 50% degli iracheni pensa che gli attacchi contro le truppe britanniche ed americane siano giustificati --aumentando al 65 per cento nella provincia controllata dai britannici di Maysan;
-L' 82 per cento è <fortemente contrario> alla presenza delle truppe di coalizione;
-Meno dell'1 per cento della popolazione crede che le forze della coalizione siano responsabili di un miglioramento nella sicurezza;
-Il 67 per cento degli iracheni si sentono meno sicuri a causa dell'occupazione;
-Il 43 per cento degli iracheni ritiene che le condizioni per la pace e la stabilità siano peggiorate;
-Il 72 per cento non ha alcuna fiducia nelle forze multinazionali.
(...) I risultati differiscono nettamente da quelli di una indagine effettuata dalla BBC nel mese di marzo del 2004 in cui l'opinione prevalente fra i 2.500 iracheni interrogati era che la vita era buona. Tra gli interpellati, erano più quelli che appoggiavano la guerra di quelli che la contestavano.
Alla voce <giustificazione per gli attacchi violenti>, il nuovo sondaggio indica che il 65 per cento della popolazione della provincia di Maysan --una delle quattro province sotto controllo britannico-- crede che gli attacchi contro le forze di coalizione siano giustificati. Il rapporto indica che, nell'insieme dell'Iraq, il 45 per cento della popolazione percepisce gli attacchi come giustificati. A Bassora, la proporzione scende al 25 per cento>.
Il centro sinistra denuncia che in Italia, con Berlusconi, c'e' poca liberta' di stampa. Verissimo. Tanti vero che essi sono I primi ad imporsi l'autocensura sulla vicenda irachena. Organi come l'Unita', Repubblica ecc. si sono ben guardati dal pubblicare cio' che tutti possono leggere nella Gran Bretagna.
Morale della favola: se gli occupanti vogliono davvero esportare la democrazia, perche' non indicono l'unico referendum che avrebbe senso chiedendo agli iracheni di dire si o no sul padre di tutti I quesiti: <Siete favorevoli o contrari all'occupazione?>. Vi lasciamo immaginare.....

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2. MANI DI ROMA: IL MOVIMENTO E' PRECARIO

Riceviamo e pubblichiamo:

<Roma, 25 obbre. Una manifestazione bellisssima, non solo perche' numerosa. Anche per la sua rabbia, per la sua unita', per la sua intelligenza, ben espressa in certi strisicioni tra cui quello che a me e' piu' piaciuto, rivolto al governo e alla Moratti: <Don't touch my brain>. Oppure: <DDL? Dimmi Dove Lavori>. Un altro: <Vendesi ricercatore, buone ocondizioni>. Non ci aspettavamo tanti studenti, ricercatori, professori, anche baroni. Vero e' che nei giorni precedenti, man mano che il voto in Parlamento si avvicinava, nelle universita' di Roma l'attenzione stava crescendo, assieme alla volonta' di fare qualcosa che lasciasse il segno. Ma non ci aspettavamo tutta quella gente, anche perche' i segnali che giungevano dalle altre universita' non erano confortanti. Alla fine hanno avuto ragione i piu' ottimisti fra noi, tante' che il corteo era talmente imponente che vari rivoli sono riusciti a confluire sotto il Parlamento, dove c'e' stato un vero e proprio assedio pacifico.
Il significato e' evidente: chi si e' mobilitato e' solo la punta di un iceberg di una grande maggioranza di persone che percepiscono che la cultura italiana va ramengo, assieme alla ricerca. Secondo elemento: nessuno ne vuole piu' sapere della precarieta', camuffata da finti discorsi liberisti sulla competizione e la produttivita'. Si incontrano quindi due elementi: uno ideale e culturale, l'altro materiale che riguarda la qualita' della vita di chi sta nelle universita' (e che si interfaccia col resto della societa'). E' vero che la gran parte di noi non ha origini proletarie, che siamo figli di questo maledetto ceto medio, e' che la crisi del sistema capitalista se arricca ristretti strati gia' agiati, impoverisce i piu', e quindi, non ci ridete sopra, li proletarizza. Il liberismo fa schifo dunque, sia perche' impoverisce materialmente, sia perche' impoverisce spiritualmente. Forse questo grande corteo non anticipa gia' un grande ciclo di lotte, ma spero che questa miscela, l'incrocio dei due fattori di cui parlavo prima, sia destinato ad innescare una vera e propria bomba ad orologeria. Non mi faccio illusioni nel breve periodo. Immagino che tanta rabbia si spegnera' nella delega elettorale al centro-sinistra. Poi verra', spero, il bello. Cioe', o il governo Prodi fara' una riforma seria e in senso non liberista, oppure avremo una rivolta sociale. Per adesso questo movimento e' ancora fragile, lotta contro la precarieta', rifiuta Berlusconi e la sua visione del mondo, ma e' ben lontano dall'averne una alternativa. Non mi passa per la testa di fare la spocchia, solo che sarebbe da ciechi non considerare che questa assenza di visione complessiva e' un punto debole serio. Anche quelli piu' politicizzati (le cosiddette avanguardie) non brillano da questo punto di vista e spesso si limitano ad assecondare il movimento cosi come si esprime. I piu' non trovano la connessione tra guerra e liberismo, tra crisi economica e spinta all'autoritarismo politico; non vedono il filo rosso che lega la resistenza irachena alla nostra lotta. Sfugge loro che per cambiare registro occorre un'inversione della rotta, che per invertire la rotta occorre rimettere in discussione non solo e tanto Berlusconi ma tutta la classe politica italiana e il suo servilismo verso il centro imperiale statunitense. Pochi vedono che quello e' il centro geometrico e il motore della globalizzazione.
Considerando le cose da questo punto di vista si viene presi un pessimismo nero. Voglio per adesso godermi il momento e far prevalere l'ottimismo della volonta'>.
-MN. studente antimperialista della Sapienza

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3. DIECI SENATORI CHIEDONO CONTO A FINI DELLA VICENDA DEI VISTI NEGATI

=> QUI SOTTO IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE URGENTE AL MINISTRO DEGLI ESTERI

"Al Ministro degli affari esteri

Premesso che:

agli inizi di settembre il Ministro degli affari esteri decideva di negare il visto per l'ingresso in Italia ad alcuni esponenti dell'opposizione irachena, fra cui Jawad al Khalesi, Ahmed al Baghdadi e Ibrahim al Kubaysi, opponendo ragioni di pubblica sicurezza in base a informazioni prodotte dai servizi segreti italiani;

nei giorni precedenti da ambienti politici statunitensi, attraverso un appello sottoscritto da 44 congressisti, erano giunte forti pressioni sul Governo italiano perché fosse vietato l'ingresso in Italia ad esponenti iracheni e mediorientali in quanto sostenitori del terrorismo, anche se la Farnesina ha sempre negato di aver preso in considerazione tali avvertimenti, riferendosi per le proprie determinazioni esclusivamente alle informative della nostra intelligence;

recentemente il Ministro degli affari esteri ha nuovamente negato il visto di ingresso al signor Haj Ali, cittadino iracheno divenuto il simbolo dei prigionieri di Abu Ghraib torturati dai militari statunitensi che gestiscono quel carcere, anch'egli invitato in Italia per testimoniare sulla sua drammatica esperienza da parte dei 'Comitati Iraq libero';

le motivazioni di quest'ultimo diniego sarebbero di origine burocratica (si veda il quotidiano "Il Manifesto", 1°/10/2005, pag. 6), avendo il signor Haj Ali richiesto il visto ai primi di settembre non all'ambasciata italiana di Baghdad, ossia del paese in cui risiede, ma presso quella della capitale giordana Amman, presso la quale si trovava;

é fuori dubbio che la mancata concessione dei visti riguardi esponenti iracheni invisi agli Stati Uniti, tutti invitati in Italia dagli stessi organizzatori nel medesimo periodo, anche se respinti, secondo la stampa, con motivazioni differenti,

si chiede di sapere:

sulla base di quale informativa e da parte di quale servizio segreto siano stati negati i visti di ingresso agli esponenti iracheni, posto che in analoghe occasioni il comportamento dei servizi tendeva a limitarsi a seguire gli spostamenti degli stranieri e non certo a impedirne la presenza in Italia;

di fronte a una vittima della violazione dei diritti umani, diventata suo malgrado l'emblema degli orrori della guerra e come tale testimone itinerante in vari paesi, come il signor Haj Ali, se l'ambasciata italiana ad Amman e il Ministro degli affari esteri abbiano comunicato immediatamente al richiedente le modalità di concessione del visto per l'Italia e si siano adoperati per agevolarne la venuta;

se non si ritenga che sia stata impedita nelle circostanze indicate la libera circolazione delle persone e il libero confronto delle idee nel nostro paese, sanciti dalla Costituzione, manifestando una grave subalternità nei confronti degli Stati Uniti d'America e alla dottrina neocon della cosiddetta guerra preventiva. (3-02294) "

Sottoscritta dai seguenti Senatori della repubblica:
Malabarba - PRC; Pagliarulo - PdCI; De Zulueta - Verdi; Iovene - DS, ; - Il Cantiere; Boco - Verdi, Ripamonti - Verdi; Cortiana - Verdi; T. Sodano - PRC; Martone - PRC.

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4. SOSTENERE IL VENEZUELA ANTIMPERIALISTA!
Tour europeo di incontri con Pepete, sindaco di Guasdalito

Queste le tappe italiane (a causa del breve soggiorno in Italia non abbiamo potutto esaudire le richieste di altri comitati antimperialisti. Ce ne scusiamo).

Osimo (AN)=> sabato 5 novembre - Promuove L.U.P.O.
Perugia => lunedi 7 novembre - Promuovono Legittima Difesa e PdCI
Lecce => martedi 8 novembre - promuove Collettivo Iqbal Masikh
Lucca => mercoledi 9 novembre - promuovono il Campo Antimperialista
Catania e Gela => giovedi 10 e venerdi 11 novembre - Promuove Terra e Liberazione
Sassari => sabato 12 novembre - Promuove

Scheda:

Guasdualito
Guasdualito è la seconda città dello stato federale di Apure. Il comune si trova ad una sola mezzora di macchina dalla frontiera venezuelana. Questa vicinanza con la frontiera ha segnato negli anni la vita del comune e dei suoi abitanti. I paramilitari colombiani e la guerriglia si spostano liberamente attraverso la frontiera. I militari stazionati a Guasdualito, sono maggiormente impegnati con il contrabbando di benzina verso la Colombia in collaborazione con le bande paramilitari oltre confine, che con il pattugliamento e la messa in sicurezza della frontiera. Guasdualito, situata sul rio Apure, possiede un´economia tradizionalmente legata all´agricoltura e alla pesca. Tuttavia, il boom del petrolio ha lasciato anche qui il segno: il potenziale agricolo è stato in gran parte lasciato incolto, permettendo l´espansione del latifondismo, che ha spesso assunto la funzione di testa di ponte della narcomafia colombiana. Ciò nonostante, Guasdualito rappresenta storicamente, con il <Fronte Rivoluzionario Contadino Simón Bolivar>, anche il centro del movimento contadino.

Chi è José <Pepete>Alvarado

La militanza politica di José Alvarado, nato il 26 febbraio 1966, inizia con il movimento contadino di Guasdualito. Il suo impegno politico prosegue poi con il partito di sinistra <Patria Para Todos> (PPT, Patria Per Tutti), che ha sostenuto la candidatura al governo di Hugo Chávez. Nonostante la sua lealtà nei confronti di Chávez, il PPT si comportò nel suo rapporto con il popolo come un partito tradizionale. Dopo le elezioni, il partito ha accantonato il lavoro quotidiano per il miglioramento sociale delle classi povere, preferendo muoversi all´interno del cerchio delle vecchie classi politiche. Tale continuità con la vecchia politica ha portato José Alvarado, che grazie al suo legame con il movimento sociale godeva di una grande popolarità, a dividersi dal PPT. Nell´autunno 2004, insieme al Movimento di Basi Popolari (MBP), Alvarado si candida a sindaco della città e vince le elezioni con una decisa maggioranza di voti. Il suo slogan elettorale: <Per il potere del popolo>. Da allora egli cerca con i suoi compagni, in gran parte giovani tra i 15 e i 30 anni, di realizzare a Guasdualito una nuova forma di democrazia diretta, in modo da potere essere un esempio di <potere popolare> per tutto il Venezuela.