Autore: massimiliano.piacentini@tin.it Data: Oggetto: [Forumlucca] i "guaritori"
LAGER PER «RIEDUCARE» GLI OMOSESSUALI
EROS, programmi di estinzione.
Nei campi Usa anti-gay è vietato avere amicizie, obbligatorio
controllare la «Falsa immagine». Lo staff ispeziona per cancellare il
«vecchio sé».
di Delia Vaccarello da "1,2,3...liberi tutti de
l'Unità"
«I ragazzi non devono ricevere telefonate, né visite,
né usare il pc. Vietato guardare la televisione o ascoltare musica
«laica». Vietato entrare in un bar, in un ristorante, in un negozio di
video o di musica a meno che non siano espressamente cristiani. Vietato
avere ?dipendenza emotiva? con qualcuno, dare appuntamenti, stringere
amicizie esclusive?». Ok, prendiamo fiato. Sono le regole della
«terapia di conversione all'eterosessualità» studiate per i giovani gay
dall'associazione americana di cristiani conservatori «Love in action»,
che ha portato un po? di voti a Bush. La vittima è il sedicenne Zach,
internato dai genitori, che ha lanciato un urlo via etere attraverso il
suo Blog (blog.myspace.com/specialkid), cioè il suo diario su Internet.
Ciò che colpisce di lui è il nome così simile a un colpo di forbice; il
suono, eco del «taglio» del desiderio che ha subito, onomatopea di
destino; gli occhi: infinitamente tristi dietro una luce di vivacità,
pur rimasta, di ragazzo. Zach ha scoperto le regole del campo
sbirciando tra la posta di mamma e papà. Lui doveva restarne
all'oscuro. Prima di sottoporsi al programma le ha mandate on line
scrivendo: «È come un campo militare, solo peggio. Se ne uscirò
eterosessuale, sarò così mentalmente instabile e depresso che non
conterà».
Su, assaggiamo un altro po? di orrore. «Vietato indossare
capi firmati Calvin Klein, dormire con T-shirts senza maniche. Le donne
non possono portare biancheria intima stile bikini, devono indossare
gonne lunghe o al ginocchio, niente top o bluse trasparenti, niente
profumo o prodotti igienici profumati. Il reggiseno va portato sempre
tranne quando si dorme, con i sandali si tengono i calzini, vietati i
cappelli e i giubbotti. Obbligatorio riferire allo staff il
?comportamento inappropriato? di un'altra persona». Tagliamo corto e
arriviamo al clou: capitolo «Falsa Immagine». Regole per sbarazzarsi
del «vecchio sé» e rimpiazzarlo col «nuovo sé». «Il comportamento di
Falsa Immagine comprende vestiti seduttivi, atteggiamento da rimorchio,
eccessivi ornamenti, comportamento gay/lesbico», ma anche parlare di
questi atteggiamenti. Ogni mattina alle ore 8.50 i giovani gay devono
sottoporsi a un?ispezione di Falsa Immagine in una speciale area del
Rifugio, cioè il luogo dove si svolge il programma. Qui verrà
ispezionato il contenuto di borse, libri, taccuini, ecc., sequestrati
gli oggetti irregolari. E infine: «I ragazzi devono riferire tutte le
False Immagini, sia le loro che quelle degli altri, allo staff».
Fermiamoci qui. Inevitabile immaginare enormi forbici come tentacoli
che tagliano l'anima. Zach è uscito dal programma cambiato almeno in un
aspetto: ora tace. Prima aveva lanciato l'allarme sul blog, ricevendo
migliaia di risposte e diventando un caso per i media Usa. Poi ha
chiesto ai suoi corrispondenti di non tornare sull'argomento.
Impossibile. Allora ha premuto il tasto «canc». Gli interventi non ci
sono più. C?è un suo post che non sembra scritto con lo stile del
«vecchio Zach». Come chiamare quanto succede in America: allestimento
dei lager dell'emotività?
E in Europa? In estate si è tenuto in
Svizzera il meeting «Rompere i tabù» (To break taboos) sostenuto dal
programma europeo «Gioventù» che ha riunito 60 ragazzi etero, gay e
lesbiche di sette paesi europei. Nelle loro parole non manca l'eco del
«taglio», degli attacchi al desiderio. Ecco le «sforbiciate» in
percentuale: bullismo e discriminazione a scuola sono diffusi, si
concentrano nell'Europa dell'Est e in tutte le zone rurali. L'80 per
cento dei giovani subisce discriminazione fisica e psicologica. Non
basta. L'orrore avvelena le radici. Il «taglio» è taglio della vita:
tra i giovani omosex c'è una incidenza di suicidi quattro volte
maggiore di quella tra gli etero. Nelle testimonianze, raccolte da
Fabio Saccà coordinatore Arcigay giovani (vedi articolo sotto), tanti
«zach zach», ma anche boccate di libertà, anime che ricrescono. Lassen,
un giovano tedesco, racconta: «A 16 anni ho passato un anno come
studente negli Usa, in una zona di cristiani molto conservatori. Mi
hanno inculcato l'idea che l'omosessualità fosse una malattia. È stata
dura capire che in me non c'era nulla di sbagliato. La prima volta che
mi sono innamorato sul serio di un ragazzo è stato terribile. Ha
devastato la mia vita, le mie emozioni, tutto. Ma sono orgoglioso: ce
l'ho fatta. Quando mi bacio con il mio ragazzo la gente si gira. Ma lo
faccio anche io quando vedo gli etero baciarsi: penso siano buffi».
Bernard, olandese, riferisce del suo coming out: «Sulle scale mobili di
un centro commerciale ho detto a mia madre: ?Mamma, mi piacciono i
ragazzi?. Lei lavora negli ospedali. Pronto Soccorso. Aiuta le persone
in stato di emergenza. Ha reagito come se si trovasse con uno dei suoi
pazienti: vigile, seria, determinata. Voce fredda, controllo delle
emozioni. Ma, sorpresa a parte, è andato tutto bene». Robert, rumeno,
conosce il terrore: «Il nostro paese è terribile per i gay. Secondo gli
ultimi sondaggi gli omosex sono disprezzati dall'80 per cento delle
persone. Non è stato facile crescere in questo ambiente. Leggevo sui
giornali di pestaggi e suicidi, dicevano che gli omosessuali erano
tutti pedofili e che ammazzavano i bambini. Ho avuto molti problemi con
la polizia, sono stato picchiato e insultato. Devo saper rigettare
l'omofobia dalla mia vita». L'ombra dell'integralismo religioso
annerisce le vite dei giovani, in Olanda Jos, di 16 anni, avverte: «C'è
un problema nelle comunità dei migranti, in quelle di cultura islamica
e indonesiana. Per questi giovani essere gay o lesbica è un crimine.
Quando andiamo nelle scuole con le nostre associazioni i ragazzi di
queste comunità ci insultano». E Ueli, svizzero: «Vengo da un cantone
molto cattolico della Svizzera. Non è stato facile per me vivere,
soprattutto in periferia. Finito il liceo, sono andato in città. Lì ho
vissuto apertamente la mia omosessualità». Ma lottare è possibile,
sempre. Come ha fatto Adrien, spagnolo: «Alcuni mesi fa, due
quattordicenni del sud sono stati vittima a scuola di un feroce
bullismo perché erano gay. Si sono rintanati in casa per settimane. Io
mi sono dichiarato con i miei genitori a 16 anni. Mio padre è stato
l'unico che mi ha dato problemi. Mi insultava, mi ha sbattuto fuori
casa più volte. Grazie all'aiuto di mia madre e mio fratello si è
calmato. Un giorno mi ha chiesto scusa».
Anche se ti fanno «zach
zach», la vita, sebbene non sempre, può ricrescere. Dopo i colpi di
forbice, può germogliare sulle cicatrici che permangono. Ma occorre
combattere lo sterminio della libertà di amare.
di Delia
Vaccarello da "1,2,3...liberi tutti de l'Unità" - 6 Settembre 2005