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Oggetto: (it) Umanità Nova, n.27: Il "nuovo" Iraq : costituzionalment e
contro le donne. In nome del padre , del padrone, del prete
Data: 08/09/05 10:11
Tutti sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri, diceva Orwell
nella Fattoria degli animali e questo dato di fatto si adatta molto bene
alla nuova bozza di costituzione varata in Iraq. Un Iraq insanguinato e
distrutto ma dove i potenti, che sembrano litigare su tutto, trovano
comunque il tempo per stabilire con chiarezza quale sia il posto delle
donne e non faticano affatto a mettersi d'accordo.
Il testo della nuova costituzione irachena, che sostituirà quella
provvisoria, non è ancora stato diffuso ufficialmente ma alcuni giornali,
tra i quali il New York Times, ne hanno riportato alcune parti. La
situazione è molto chiara: fondamento della nuova costituzione è la legge
religiosa. Le persone non esistono come cittadini, ma come appartenenti ad
un gruppo religioso o etnico.
Per le donne l'articolo 14 della legge promette uguali diritti, purché,
però, questi non violino la Sharia, la legge coranica. Ciò significa che
questioni come il matrimonio, il divorzio, l'eredità saranno regolate
dalla legge religiosa che, di fatto, rende la donna una proprietà prima
del padre e poi del marito.
Già oggi la situazione non è certo semplice per le donne: stupri, soprusi,
violenza di ogni genere sono quotidiane nonostante siano in vigore le
leggi del 1959, considerate tra le più progressiste del mondo arabo.
Ultima beffa: la costituzione provvisoria varata lo scorso anno conteneva
un articolo che garantiva, almeno formalmente, l'accesso alla politica
alle donne, riservando loro una quota percentuale (25%) dei seggi al
parlamento. Ora si sta discutendo se abrogare subito questa norma o
lasciarla cadere per gradi nel corso di due anni perché "le donne devono
essere in grado di farcela da sole"
Certo i legislatori hanno imparato molto dalle donne: non si può dividere
il privato dal pubblico, il corpo dal pensiero, la famiglia dallo stato,
il conflitto di genere dal conflitto sociale e cercano di ingabbiare anche
attraverso le leggi il corpo e il pensiero delle donne. Perché questa è
l'unica democrazia che un potere maschile forte è in grado di esportare.
Nonostante questa pesantissima situazione le donne irachene continuano ad
opporsi. Come già è avvenuto nel 2003, quando politici religiosi volevano
modificare le leggi sulla famiglia e non ci riuscirono grazie alle
mobilitazioni, come nelle manifestazioni contro la guerra che vedono le
hanno viste, malgrado le immani difficoltà, reclamare il diritto ad una
vita degna, anche oggi le donne irachene si sono mobilitate.
A noi il compito di sostenere la loro lotta per la libertà.
R. P.
Da Umanità Nova, numero 27 del 4 settembre 2005, Anno 85
http://www.ecn.org/uenne
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