Mobilitare la società, cambiare la politica. I cittadini protagonisti
per un Paese migliore
Documento approvato dal Consiglio Nazionale Arci dell'1 e 2 luglio 2005
Stiamo attraversando mesi cruciali, decisivi per il futuro dell'Italia.
Se il voto alle regionali della scorsa primavera ha riacceso la speranza
che stia per chiudersi la stagione disastrosa del governo Berlusconi, le
difficoltà dei mesi successivi e l'esito del referendum hanno riportato
con evidenza alla luce il malessere di una società alla faticosa ricerca
del suo riscatto.
La situazione è grave. Una crisi profonda investe l'economia, la
società, la politica, in un paese che si scopre in guerra senza saperlo
né volerlo, che si ritrova più povero e più insicuro, che avverte sempre
più forte il peso di ingiustizie e disuguaglianza. E' anche una crisi
morale, che colpisce l'etica, il senso della comunità e delle
istituzioni.
Questa situazione è lo specchio del fallimento della destra, ma non
significa che le condizioni di un'alternativa siano già cosa fatta, né a
portata di mano.
Vediamo con preoccupazione diffondersi, negli ambiente dell'opposizione,
la convinzione che le elezioni del 2006 siano ormai poco più di una
formalità. I partiti dell'Unione, più che alla conquista di consensi per
il cambiamento, sembrano impegnati a dividersi sul dopo, facendo
riemergere lotte di potere del tutto avulse da un minimo confronto sui
programmi.
Così si rischia davvero di dissipare il patrimonio di speranza e volontà
di cambiamento che solo pochi mesi fa il paese aveva consegnato al
centrosinistra.
Sarebbe bene ricordare che il centrosinistra ha vinto le elezioni
regionali soprattutto sull'onda del fallimento della destra e del crollo
di consensi alla sua politica; che non ha ricevuto dagli elettori un
mandato esplicito a governare bensì un'apertura di credito, grande e
impegnativa quanto ancora densa di incertezze e diffidenze.
Perché sia sconfitto non solo Berlusconi, ma anche il berlusconismo, c'è
bisogno di trasformare quel malcontento e quella generica domanda di
cambiamento nel sostegno attivo e consapevole ad un progetto concreto,
convincente, realizzabile, dai contenuti chiari, che lasci intravedere
non solo la possibilità di un'alternanza al potere, ma una versa
alternativa di società.
Per questo, accanto allo sforzo per costruire la più ampia alleanza
delle opposizioni in vista del 2006, oggi la priorità è discutere i
contenuti di questo progetto.
Noi pensiamo che un programma di governo che rinunciasse a mettere
radicalmente in discussione le politiche di questi anni, nel tentativo
di conciliare un modello di sviluppo ancora interno alle strategie
liberiste con un quadro di sostenibilità e di equità sociale, sarebbe
fatalmente destinato a fallire.
Un progetto di risanamento del paese che gravasse ancora sulle spalle di
chi si è già impoverito e rinunciasse a far pagare chi in questi anni si
è invece arricchito, sarebbe destinato non solo all'insuccesso ma anche
a creare forti tensioni sociali.
Serve una svolta decisa nella programmazione economica, nel rapporto tra
produzione e lavoro, consumi e ambiente, un profondo cambiamento
democratico che rimetta al centro l'universalità dei diritti, che
realizzi un nuovo equilibrio fra libertà individuali e responsabilità
collettive.
Serve un'alternativa di sistema, un'altra idea di società.
Noi pensiamo che un Paese diverso sia davvero possibile perché l'Italia
sta già cambiando.
In questi anni gli anticorpi alla cultura della destra si sono
sviluppati nella società prima ancora che nelle sedi politiche, nelle
mille esperienze del movimento globale "per un altro mondo possibile",
nel nuovo pacifismo, nelle lotte per la difesa dei beni comuni,
dell'ambiente, dei diritti sociali e del lavoro, nelle mobilitazioni per
i diritti di cittadinanza, in difesa della democrazia e della
Costituzione.
Sono esperienze, energie umane e civili, idee e progetti che in questi
anni hanno fatto parecchia strada, camminando su molte e differenti
gambe. Quel cammino non è affatto concluso, con buona pace di chi pensa
di rimuoverlo, ora che è giunto il tempo in cui la politica torna a
riprendere le redini.
Noi pensiamo che la stagione dei movimenti non sia finita perché vediamo
radicarsi nei territori e nelle città una nuova movimentazione sociale
diffusa che promuove partecipazione e cerca gli strumenti per fare rete,
costruisce campagne e vertenze, si confronta con le istituzioni locali,
fa politica.
E crediamo che questo sia il terreno fertile sul quale costruire il
campo di forze più ampio in grado di offrire un'alternativa al paese,
col concorso e lo sforzo comune di partiti, sindacati, associazioni,
movimenti, gruppi di cittadini.
Se le forze politiche non colgono questa opportunità, rischia di
aggravarsi la distanza fra il centrosinistra ed una parte consistente
dei suoi elettori, lasciando senza rappresentanza politica una vasta
area sociale, eterogenea e ricca, che può avere un ruolo determinante
nel favorire le condizioni della svolta.
In realtà, in questo momento decisivo per la sinistra italiana pesa il
nodo irrisolto del rapporto tra la politica e i movimenti sociali,
questione sulla quale in questi anni si è parlato fin troppo ma poco si
è fatto.
Le stesse forze politiche che maggiormente hanno evocato il tema
assumendolo in modo esplicito come priorità, non hanno superato questo
scoglio. La soluzione non può stare nei processi di cooptazione, e
neppure nell'accelerazione verso nuove soggettività politiche che
assumano dall'alto i contenuti dei movimenti.
Bisogna individuare gli strumenti che consentano ai movimenti di
interagire con i luoghi della rappresentanza politica ed istituzionale
mantenendo la propria autonomia, dare legittimità a nuove forme della
politica in cui possano confluire percorsi diversi ed esprimersi
differenti oggettività.
Questo significa anzitutto mettere in discussione la tentazione
all'autosufficienza da parte dei partiti, riconoscere la piena dignità
politica all'iniziativa sociale, dare cittadinanza all'impegno politico
che si esprime fuori dalle sue sedi tradizionali.
Riformare la politica vuol dire cambiare la relazione fra rappresentanti
e rappresentati, istituzioni e cittadini, costruire una democrazia che
non si esaurisca nelle istituzioni e nei partiti.
La chiave per farlo è l'autonomia politica del sociale.
E' un progetto che richiede tempo e può coinvolgere un arco di forze ben
più ampio e plurale di quanto oggi sia possibile organizzare o
rappresentare in un'unica soggettività politica.
La priorità non è l'accelerazione dei movimenti verso forme
organizzative, ma la messa in sicurezza dell'autonomia della
movimentazione sociale, per garantire continuità ad una rete plurale di
relazioni e luoghi di confronto, prima e dopo la fase elettorale.
E' sbagliata l'idea, già pagata a caro prezzo dalla sinistra, per cui la
mobilitazione sociale sarebbe utile solo quando si deve dare forza
all'opposizione. Al contrario, noi pensiamo che il ruolo attivo dei
cittadini sia indispensabile anche di fronte ad un governo amico, a
garanzia del progetto condiviso e del rispetto degli impegni assunti.
C'è bisogno di una mobilitazione sociale costante e autonoma dalle
rappresentanze politiche ed istituzionali, che abbia una sua vita
indipendente dalle scadenze elettorali senza per questo rinunciare ad
influirvi attivamente.
E' da questo versante, e con questi strumenti, che vogliamo fare la
nostra parte per cambiare il paese. Con i contenuti e le proposte
concrete che emergono dalla nostra quotidiana iniziativa sociale
vogliamo concorrere alla costruzione del progetto per battere la destra.
Un progetto non subalterno ai poteri forti, alle logiche di guerra e di
profitto, di sfruttamento e di ingiustizia che in questi anni hanno
prevalso nel pianeta e che hanno trovato coerente e fedele applicazioni
nelle politiche del governo Berlusconi.
Vogliamo anzitutto che il centrosinistra si impegni a bloccare la
controriforma costituzionale delle destre, a difendere senza esitazioni
e dare piena attuazione ai valori della nostra Costituzione.
Vogliamo l'abolizione della legge 30 ed una nuova politica del lavoro
per contrastare la precarietà, difendere ed estendere i diritti
sindacali. E poi un sistema fiscale progressivo, in cui paghi di più chi
più ha, con misure efficaci per combattere realmente l'evasione e la
ricchezza speculativa. Vogliamo tutelare i beni comuni ed i servizi
pubblici, che sono garanzia dell'uguaglianza dei cittadini e non devono
essere assoggettati all'interesse privato e al profitto.
Vogliamo difendere lo stato laico, la libertà di scelta e di coscienza,
contrastare la tendenza ad un nuovo proibizionismo repressivo. Vogliamo
restituire dignità alla scuola pubblica, al valore sociale del sapere,
alla cultura come patrimonio collettivo.
Vogliamo che siano aboliti i cpt insieme ad una legge infame come la
Bossi-Fini, ma anche una politica alternativa sull'immigrazione che
metta al centro la pienezza dei diritti di cittadinanza, a cominciare
dal voto degli immigrati nelle consultazioni amministrative.
Vogliamo un paese che tuteli la libertà di informare ed essere
informati, ed un sistema pubblico che garantisca l'accesso di tutti i
cittadini agli strumenti della comunicazione. Vogliamo una nuova
relazione fra istituzioni, territorio e società, che allarghi gli spazi
pubblici della partecipazione dei cittadini e dell'autogoverno.
Vogliamo infine un paese che non faccia più guerre e che non giustifichi
più guerre umanitarie, che lavori per prevenire i conflitti e costruire
politiche di pace, che riduca le spese militari e recuperi alla
sovranità nazionale i territori oggi occupati dalle basi straniere.
Sono scelte che non cancelleranno certo tutte le ingiustizia del mondo,
ma possono contribuire a rendere migliore questo paese, e realizzarle è
assolutamente possibile.
Sono i primi passi necessari per aprire un vero progetto di alternativa.
Sono le indicazioni unitarie su cui si sono costruite in questi anni le
vertenze e le pratiche di grandi alleanze sociali, di reti, di movimenti
italiani, europei e globali.
Su questi obiettivi concreti vogliamo dare ai cittadini la possibilità
di pronunciarsi, per prendere parola e pesare nella discussione con chi
si candida a governare il paese nei prossimi anni.
Confidiamo che le tante organizzazioni e reti sociali con cui
condividiamo questi obiettivi vogliano impegnarsi insieme a noi. Per
fare della costruzione del programma dell'Unione l'occasione di una
grande vertenza democratica che liberi le energie da investire nel
progetto di un paese migliore.
La presidenza nazionale Arci
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