[Forumlucca] Intervista ad Arturo Paoli

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Author: Alessio Ciacci
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Subject: [Forumlucca] Intervista ad Arturo Paoli
dal foglio quotidiano di infomazione nonviolenta "LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO"


RENATO BRIGANTI INTERVISTA ARTURO PAOLI
[Dal quotidiano "Liberazione" del 14 agosto 2005.
Renato Briganti, docente universitario di economia, e' impegnato in Mani
tese e nella Rete Lilliput.
Arturo Paoli, religioso, costruttore di pace, saggista, e' una delle figure
piu' vive della solidarieta' operosa e della nonviolenza in cammino; su di
lui dal sito www.giovaniemissione.it riprendiamo la seguente scheda: "Arturo
Paoli e' nato a Lucca nel 1912. Si laurea in lettere classiche a Pisa ed e'
ordinato sacerdote nel 1940. Tra il '43 e il '44 partecipa alla Resistenza.
Nel 1949 viene nominato assistente nazionale della Giac (Gioventu'
Cattolica) mentre era alla presidenza Carlo Carretto. Assistente nazionale
dell'Azione Cattolica negli anni '50, fu costretto alle dimissioni per le
sue posizioni in contrasto con la gerarchia. Autore di numerose opere che
potrebbero andare sotto il titolo di "spiritualita' della relazione", ha
scritto fra gli anni '80 e i '90 la sua puntuale "Lettera dall'America
Latina" ai lettori di "Nigrizia" (www.nigrizia.it). Nel 1954 riceve l'ordine
di imbarcarsi come cappellano su una nave argentina destinata agli
emigranti. Durante questi viaggi conosce i Piccoli Fratelli di Charles de
Foucauld ed entra nella loro congregazione. Terminato il noviziato svolge il
lavoro di magazziniere nel porto di Orano (Algeria) e poi nelle miniere di
Monterangiu in Sardegna. Nel 1960 si reca in America Latina per avviare una
nuova fondazione: qui vive con i boscaioli della foresta argentina. Quando
il clima politico peronista si fa pesante, subisce una campagna
denigratoria: il suo nome e' nell'elenco di quelli che devono essere
soppressi. Nel 1974 si trasferisce in Venezuela; anche qui il suo lavoro e'
di impegno pastorale e di promozione sociale. Nel 1983 comincia a
soggiornare in Brasile, dove, dopo la dittatura militare, prende vita una
chiesa che e' tra le piu' vive dell'America Latina. In Brasile ha fondato
"Afa" (Associazione fraternita' alleanza), che e' una comunita' di laici
impegnati in alcuni progetti di aiuto alle famiglie delle favelas: progetto
Latte, Educazione, Salute, Donna, Informatizzazione. Nel 1999 lo Stato
d'Israele gli conferisce la nomina a "Giusto tra le Nazioni" per aver
aiutato e salvato alcuni ebrei nel 1944 all'epoca delle persecuzioni
naziste. Il suo nome sara' scritto per sempre nel muro d'onore del Giardino
dei Giusti dello Yad Vashem a Gerusalemme. Attualmente vive a Foz de Iguacu,
nel barrio di Boa Esperanza. Da quarant'anni Arturo Paoli condivide la sua
vita con i poveri, senza per questo rinunciare all'attivita' di
conferenziere e animatore: collabora con diverse riviste ("Rocca",
"Nigrizia", "Il Regno", "Jesus") e ha scritto una trentina di opere". Tra le
opere di Arturo Paoli: Gesu' amore, 1960, Borla 1970; Dialogo della
liberazione, 1969; La costruzione del Regno, Cittadella, Assisi 1971;
Conversione, Cittadella, Assisi 1974; Il grido della terra,1976; Camminando
si apre cammino, Gribaudi, Torino 1977; Cercando liberta', Gribaudi, Torino
1980; Tentando fraternita', Gribaudi, Torino 1981; Facendo verita',
Gribaudi, Torino 1984; Le palme cantano speranza, Morcelliana, Brescia 1984;
Testimoni della speranza, Morcelliana, Brescia 1989; Il silenzio, pienezza
della parola, Cittadella, Assisi 1991, 1994, 2002; La radice dell'uomo,
Morcelliana, Brescia; Camminando s'apre cammino, Cittadella, Assisi 1994; Il
sacerdote e la donna, Marsilio, Venezia 1996; Progetto Gesu': una societa'
fraterna, Cittadella, Assisi 1997; Quel che muore, quel che nasce, Sperling
& Kupfer, Milano 2001; Un incontro difficile, Cittadella, Assisi 2001; con
Remo Cacitti e Bruno Maggioni, La poverta', In dialogo, 2001; La gioia di
essere liberi, Edizioni Messaggero di Padova, Padova 2002; Della mistica
discorde, La meridiana, Molfetta (Ba) 2002]

- Renato Briganti: Arturo, hai vissuto quasi 45 anni in quelle che Eduardo
Galeano chiama "le vene aperte dell'America Latina", nelle aree piu' povere,
in mezzo agli emarginati dal mercato globale. Dal tuo osservatorio
privilegiato che visione hai dell'attuale situazione mondiale?
- Arturo Paoli: Da quando sono arrivato in America Latina la situazione e'
piuttosto peggiorata, anche perche' ci sono stati molti tentativi di
cambiamento, con progetti di societa' differenti, in Argentina, Cile,
Nicaragua, eccetera. Tutti falliti, perche' gli Stati Uniti hanno le mani
sull'America Latina e non permetteranno mai la nascita di stati contrari al
loro modello, e contrastanti coi loro interessi. Le speranze, quindi, in
America latina sono rientrate. Il cammino della globalizzazione non fa altro
che incrementare la miseria e la decadenza del popolo. C'e' sempre meno la
capacita' di reagire, di pensare.
La situazione insomma, vista in modo panoramico, generale, si e' degradata
rispetto al 1960, quando sono arrivato io. Ad esempio, l'Argentina era un
paese prospero dove non c'erano vaste zone di miseria come oggi.
Storicamente la repressione sanguinosa e violenta da parte dei militari ha
creato in tutta l'America Latina un senso di scoraggiamento abbastanza forte
nella gente. Anche la chiesa, che all'inizio aveva accompagnato e sostenuto
le rivolte popolari, oggi ha dimenticato la ricerca di una societa' giusta.
Oggi vive osservando. Mentre avanzano le sette religiose che alienano il
popolo e svuotano la gente della speranza di una societa' differente.
*
- Renato Briganti: In questi anni i movimenti di tutto il mondo si sono dati
appuntamento a Porto Alegre (e a Bombay) per il Social Forum. Momento
importante per passare dalla protesta alla proposta. Cosa ne pensi?
- Arturo Paoli: Ho molta speranza in questi movimenti perche' preparano a un
futuro. Finche' vige questa globalizzazione, e finche' non e' arrivata al
suo termine, e al suo collasso, i progetti dei movimenti restano
apparentemente al livello di utopie. Penso pero' che siano necessari,
perche' creano la coscienza che siamo in una societa' anormale, patologica,
ammalata come una persona con un tumore. Quella di oggi e' una vivacita'
solo apparente, montata dai mass media, ma di fatto la societa' e' gia'
morta. E lo e' perche' ha rovesciato una delle leggi che la societa'
liberale aveva affermato con forza, e cioe' la subordinazione dell'economia
alla politica. Oggi si e' rovesciato il rapporto e si e' subordinata la
politica all'economia, che diventa cosi' dominante, prepotente, assoluta.
Questo avviene un po' per esigenza intrinseca della moneta e del mercato, e
un po' anche per l'avidita' umana, per la quale non e' mai troppo, si ha
sempre bisogno di accumulare.
Non si puo' costruire una societa' giusta su questi presupposti, sulla
prevalenza del consumo, dell'accumulazione e di tutte le esigenze del
mercato, negazione radicale, ontologica, di quello che e' la societa'. Sono
manifestazioni di egoismo feroce. In fondo ricordano lo stato totalitario di
Hitler, che ha bisogno di sopprimere l'altro per sopravvivere.
Non e' cambiato nulla, solo che la crudelta' che prima era personificata in
un uomo politico, oggi e' un essere astratto e crudele che si chiama
mercato. E che non e' inferiore ai tiranni che hanno dominato l'Europa nel
secolo scorso. Con un calcolo molto esatto, sono convinto che il mercato
procura piu' morti che Hitler e Stalin messi insieme.
L'Occidente e' andato sempre peggio, seguendo questo suo metodo di creare
grandi astrazioni totalitarie, riassunte in un essere concreto o astratto.
Ora gli Stati Uniti hanno trovato questa astrazione per cui non c'e' piu' un
uomo cattivo e responsabile, oggi responsabile e' il "mercato". Andatelo
pure a trovare e ammazzatelo! Ma alla fine cadra' sopra se stesso, come
l'idolo coi piedi di terracotta. Le impostazioni totalitarie cambiano solo
rompendosi la testa. Illudersi di correggerle sarebbe come aver chiesto ad
Hitler di riformare in modo liberale il paese. Queste impostazioni non
cambiano, sono sbagliate in partenza, non hanno fondamenta e devono
crollare. Sono formazioni patologiche, sono il delirio dell'egoismo umano.
Passeremo per enormi sofferenze, ma alla fine questo sistema "deve"
crollare.
Prepararci ad una societa' differente e' importante. Prepararci ad un'altra
realta' politica e sociale aiuta ad anticipare quello che succedera'. Questa
coscienza andrebbe diffusa, invece ci lasciamo ingannare dalle apparenze e
dai piaceri alimentati dalla societa' consumista. Viviamo una narcosi
collettiva, e ci accontentiamo della soddisfazione effimera della foga
consumistica. Oggi non e' generalizzata la coscienza di vivere una grande
peste, un grande contagio, come la peste di Milano, come le grandi pesti
storiche. Anzi, la nostra situazione e' peggiore, perche' non ce ne
accorgiamo. Certi analisti cercano di attenuare questa lettura, ma il
mercato, questo essere sordo, cieco, muto, domina la situazione, e noi siamo
stati trasportati da un progetto politico che ci consentiva di pensare sul
passato e sul futuro, al nulla.
C'e' stata una interruzione. A un certo punto la politica e' finita. E'
finita la ricerca di una societa' piu' giusta, la ricerca di una
partecipazione cosciente del popolo. La gente oggi adora i "sacerdoti del
mercato", ripone speranza in loro. Questo e' il guaio serio: non esiste la
politica. E' per questo che anche quelli che fanno politica sono
disorientati. Anche le sinistre non sanno dove mettere i piedi perche'
vorrebbero fare politica, ma sono state sradicate.
Democrazia oggi e' una parola incomprensibile, ha perduto il suo senso,
perche' c'e' stato un trapianto su un altro fondamento. L'esigenza della
politica e' fondamentale, la ricerca della organizzazione della societa'
perche' tutti gli esseri viventi possano soddisfare le loro esigenze e' un
fatto umano inevitabile. Io vivo con gli altri, in mezzo agli altri.
*
- Renato Briganti: Che importanza dai tu alla memoria? Cosa vorresti dire
alle persone che non hanno vissuto gli anni bui del passato, ai ragazzi che
non hanno avuto neanche i nonni per farsi raccontare cosa sono state la shoa
e le leggi razziali?
- Arturo Paoli: Tutti gli anni, il 27 gennaio si celebra la giornata
mondiale della memoria, ma la gente in fondo resta insensibile, come agli
spettacoli dell'orrore che vede in tv. La gente resta estranea, resta tutto
sommato tranquilla, perche' tanto c'e' assenza di responsabilita'. Si puo'
provare un momento di stupore, ma in fondo "che ci posso fare io? ". Perche'
di fatto non abbiamo nessuna partecipazione alla societa'.
Oggi la societa' viene presentata come una grande fiera, ognuno cerca di
soddisfarsi il piu' possibile. La gente non e' chiamata a scegliere e a
riflettere su certi valori, su certe conquiste, su come cambiare. Questo
mondo non vuol cambiare, pensa di stare bene cosi'. Certo, c'e' il
ricordare, ma non ci sono valori in antitesi con gli errori commessi. Oggi
la preoccupazione e' conservare il nostro stato di benessere. Perche'
preoccuparci della societa'? I ricordi potevano aiutare se fossimo rimasti
sul piano politico, per ragionare su cosa pensare e cosa votare. Ma oggi la
societa' consumista soffoca la partecipazione e distrugge la
responsabilita'. Pensare alla dittatura, a come abbiamo fatto a cadere cosi'
in basso, sarebbe interessante se ci fosse la responsabilita' nel prendere
decisioni. I ricordi del passato sono di interesse solo per una elite. Il
popolo non e' interessato, perche' oggi e' chiamato a godere e basta! A
consumare e a comprare. Se ha le cose, bene, se no ruba o si arrangia. Il
tema unico e' consumare. Non serve alla gente ricordare gli errori commessi
e le atrocita'. Se si dovesse costruire una casa, anaalizzando le esperienze
del passato, si sceglierebbero i materiali migliori. Ma oggi non si sta
costruendo.
*
- Renato Briganti: E' un'analisi molto lucida, ma molto amara.
- Arturo Paoli: Si tratta di attendere, non c'e' un rimedio diretto. Bisogna
pensare ad un mondo diverso, non rinunciare a progettare una societa'
migliore. Pensare ad una societa' diversa ti aiuta a vivere. E non dobbiamo
giudicarla un'utopia, dobbiamo credere che sara' possibile, anche per
anticipare il crollo della societa' attuale.
*
- Renato Briganti: Giorni fa mi parlavi di Ernesto Guevara e del suo essere
secondo te un uomo interiore. Hai scritto molto sul suo rapporto con la cara
amica Maria Rosa. Che opinione hai di lui e che attualita' vedi oggi della
sua figura?
- Arturo Paoli: Ho conosciuto Maria Rosa, sua "madre spirituale" (era piu'
anziana di lui), attraverso una profonda amicizia. Ne ho scritto anche in un
libro dal titolo Salutatemi Maria Rosa. E' stata lei che ha accompagnato il
suo formarsi, che ha conosciuto da molto vicino la sua indole di persona che
realmente cercava la giustizia e un mondo migliore. Era convinto che la
societa' in cui viveva fosse una societa' opprimente. Aveva bisogno di
cercare altro. Aveva un grande ideale della giustizia, e lo dimostra la sua
vita. Alla fine, raggiungere il potere non gli ha fatto dimenticare (come
succede a molti) che dietro di lui esistevano dei poveri e degli assetati di
giustizia, che non avevano ottenuto la tutela dei propri diritti. Non
importa che si sia dimostrata politicamente sbagliata la scelta di andare in
guerra in Bolivia, quello che conta e' vedere qual e' stata la sua
intenzione, la sua ispirazione. Non e' un caso che tra tanti eroi nella
storia i giovani hanno scelto lui, perche' istintivamente o intuitivamente
hanno visto in lui qualcosa di diverso, una umanita' piu' giusta, piu'
ricca. Non e' ricordato come uno che ha preso le armi, anzi il fatto che
abbia "anche" preso le armi non definisce la sua personalita'. E' ricordato
soprattutto perche' voleva con tutte le sue forze un mondo piu' giusto, piu'
umano. La gioventu' ha sentito sempre un certo fascino provenire da lui. Nel
suo discorso di Algeri ha avuto coraggio, perche' ha dichiarato al mondo
comunista, che si era impegnato a realizzare la giustizia, che lui non
vedeva questa realizzazione, e che non erano garantiti i diritti di tutti.
Questa testimonianza per me e' di grande valore, davanti ad un mondo che
pareva trionfare.
*
- Renato Briganti: Come vedi l'uomo globale oggi e che responsabilita' ha
verso se stesso, verso l'altro e verso il pianeta in cui vive?
- Arturo Paoli: Un sociologo che amo molto, Bauman, ha scritto "La
solitudine dell'uomo globale", libro che in principio non riuscivo a capire
bene, ma che dopo ho apprezzato molto. La societa' consumistica ha bisogno
dell'uomo solo. Infatti ha paura dell'amicizia, delle riunioni. L'uomo per
poter essere docile ed obbediente alle esigenze del mercato, del consumismo,
ha bisogno di non pensare, di non riflettere, di non ragionare con gli
altri; quindi deve essere solo.
Come dicevo e' importante il punto di partenza, l'inserimento della societa'
in una dimensione che non e' piu' quella della ricerca della liberta' o
della giustizia, della convivenza pacifica o delle ricerche e dei valori
scoperti nel grande disegno democratico. Tutto e' cancellato. Storicamente
siamo chiamati a partecipare ad un grande spettacolo, alla grande fiera
della tecnica. Oggi compri una macchina fotografica, ma appena arrivi a casa
e' gia' vecchia e non ti piace piu', e ne vuoi una piu' moderna, ma poi ce
n'e' gia' un'altra che ti pare molto meglio, eccetera.
Il cammino verso l'infinito, che prima aveva come contenuto la ricerca della
perfezione dell'uomo, ora e' trasportato sul piano della produzione
infinita. Ed e' un cammino il piu' materialista che si possa immaginare. La
societa' non e' mai stata cosi' materialista come oggi. Lo sguardo e'
rivolto solo agli oggetti, che saranno sempre piu' perfetti. Oggi si ricerca
la liberazione dalla fatica, dallo sforzo, dall'applicazione intellettuale,
dalla ricerca personale, perche' ti viene tutto offerto. Per quale motivo
affaticarsi ad aprire una scatoletta, se oggi ne offrono una che si apre da
sola. Tutto questo ti trasporta in mondi in cui non c'e' bisogno che tu
pensi, anzi, meno pensi e meglio e', piu' sei passivo e meglio e'; infine,
piu' sei solo e meglio e'!
*
- Renato Briganti: Tu parli spesso dell'etica che ha sostituito la
filosofia. Cosa intendi dire?
- Arturo Paoli: Intendo dire che si e' abbandonato il concetto per dirigersi
ad osservare il fenomeno. Questo non vuol dire abbandonare del tutto le
idee, ma scoprirle nell'esperienza fenomenologica, in quello che vedi. E' un
calare il tuo pensiero nella realta'. Cercare di rimettere la vita personale
e la vita sociale, dalla via in cui si e' spostata (quella dell'attenzione
unicamente rivolta alla tecnica, alla rapidita'), sul sentiero invece del
pensiero e soprattutto della responsabilita'.
Facendoci scoprire che siamo arrivati a queste conseguenze perche' l'uomo ha
desistito dalla sua responsabilita', magari scoraggiato da avvenimenti
negativi, tragici. I pensatori accorgendosi di queste conseguenze sono
tornati, e aiutano l'uomo a ritrovare il sentiero e a scoprirsi come
"responsabile".
Questo e' stato il passaggio: non pensare piu' astrattamente. La filosofia
si e' spostata dalla pura logica, dalla pura razionalita', alla vera
saggezza. Capire che il pensiero mi e' stato dato per aiutare me stesso e
gli altri a vivere in maniera piu' realisticamente vera, e anche piu'
felice. Oggi e' generale, e' comune, ed e' anche una conseguenza della
scoperta reale e pratica dell'importanza del corpo, del fatto che l'uomo non
e' unicamente pensiero, anzi che il pensiero e' molte volte tradito dalle
pulsioni che vengono dal corpo. L'uomo non pensa solo con la testa, con la
ragione, ma pensa con la sua sensibilita', con il suo corpo, che e' la parte
piu' importante dell'uomo.
*
- Renato Briganti: Hai trascorso gli ultimi 15 anni in Brasile a Fos do
Iguazu' e conosci da vicino l'esperienza che sta con fatica portando avanti
Lula. Cosa ne pensi dei primi due anni di governo e del programma "Fame
zero"?
- Arturo Paoli: Ho molta stima di Lula. Vedo cose positive e negative.
Quello che di bene sta facendo sono le sue relazioni internazionali con gli
altri Stati latinoamericani, come l'Argentina, l'Uruguay, il Cile. Perche'
quello e' un lavoro importante da fare. E' impossibile arginare il dominio
economico degli Stati Uniti sull'America Latina se gli Stati latinoamericani
non si uniscono, come e' successo in Europa. Evidentemente e' piu'
difficile, ma si deve cominciare ad andare su questa strada.
All'interno ci sono invece molti fattori contrari a Lula: il primo e' il
problema enorme della struttura coloniale della proprieta' fondiaria e della
riforma agraria. Solo un dittatore, con la forza e facendo molte vittime,
potrebbe cambiare questa situazione. Quindi questa e' la prima contrarieta',
la resistenza dei proprietari terrieri. Una riforma agraria si potrebbe
realizzare solo con un atto di forza che e' impossibile per Lula, per la
struttura interna del Paese e per la sua stessa personalita'.
In secondo luogo la chiesa e' rimasta molto indifferente, non dico
contraria, ma indifferente davanti a Lula. La struttura gerarchica della
chiesa brasiliana e' stata ridefinita con un disegno molto rigido. La chiesa
brasiliana era stata forse l'unica, obbedendo al Concilio, ad aver fatto la
scelta dei poveri, e questo ha dato fastidio alle autorita' politiche. Poi
la chiesa si e' allineata al potere politico e in pochi anni e' stata
cambiata la gerarchia (sono bastati 10-15 anni per sostituire tutti), che
ora e' formata in gran parte da vescovi stranieri o da vescovi
"spiritualisti". Non spirituali, ma spiritualisti: che pensano alla fede
solo come dogma, come verita' astratta, e non nelle sue conseguenze nella
vita, nella giustizia, nella fraternita', nel cambiamento del mondo, insomma
"nel regno di Dio" per dirla con le parole del Vangelo. Questa nuova
gerarchia rimane completamente fuori, anche dal progetto tipicamente
evangelico che e' "Fame zero". Se c'e' un valore evangelico e' proprio
quello li' (il pane a tutti). Non e' stato recepito, non e' stato aiutato
nella maniera piu' assoluta.
Neanche i media, poi, sono con Lula, non lo appoggiano, anzi cercano di
creare diffidenza nella gente, piuttosto che fiducia. Non credo quindi che
Lula possa far molto all'interno del Brasile, e infatti non si vedono cambi
sostanziali.
Ci sono delle iniziative che speriamo possano cambiare un po' le cose, come
la grande marcia del Movimento Sem Terra. Pero', purtroppo, non credo che
Lula sara' rieletto. Percio' nel breve spazio della sua presidenza non puo'
fare grandi rinnovamenti. Penso comunque che la sua presidenza abbia
rappresentato e rappresenti una alternativa, chissa' che col tempo non abbia
il suo risultato.
Il Pt (Partido dos trabajadores) pero' non ha messo in campo delle strutture
di formazione del popolo, che non ha partecipato coscientemente a questo
cambiamento di rotta del governo. Ha dato solo il voto in un momento di
euforia.
*
- Renato Briganti: Io ti ho conosciuto mentre collaboravamo col Movimento
Sem Terra. Che fase sta vivendo ora e a che punto e' la riforma agraria?
- Arturo Paoli: Nel mese di maggio c'e' stata una grande marcia del Mst
(Movimento Sem Terra), ma non l'ho seguita direttamente. Mi pare pero' che
non abbiano curato sufficientemente l'aspetto fondamentale, cioe' la
formazione di quelli che conquistano la terra. Si tratta del passaggio dalla
proprieta' privata individuale a quella collettiva della terra, e necessita
di una formazione costante, di una grande capacita' di saper stare insieme.
O anche della religione come fraternita', come appello a convivere, a capire
l'importanza della comunita'. Questo si puo' ottenere solo con una
formazione continua, con incontri periodici, ed elevando il grado di
istruzione di tutti.
Il pericolo costante in queste esperienze e' ricadere nell'individualismo,
che e' una malattia che ritorna, come un'erbaccia che una volta tagliata
rinasce. Quindi c'e' bisogno di una vigilanza continua. In questo il Mst e'
un po' indietro. I semterra si aspettavano da Lula maggiore appoggio,
speravano che con lui iniziasse un'epoca di riconoscimento dei valori che il
loro movimento rappresenta. Invece Lula e' un po' stretto dalle circostanze,
e sulla riforma agraria ha potuto fare poco. Non penso che sia mancanza di
buona volonta', e' la situazione strutturale del Brasile che impedisce il
cambiamento.
*
- Renato Briganti: Perche' secondo te oggi c'e' bisogno di "tenerezza"?
- Arturo Paoli: Il mondo e' inaridito e insensibile, "materializzato",
concentrato sui prodotti e polarizzato sugli oggetti della propaganda. Cosi'
quando l'uomo rientra in se stesso, si accorge che quello che manca oggi e'
proprio l'essere compreso, amare, essere amato. Per questo credo che oggi ci
sia bisogno di tenerezza.
*
Appendice: un breve profilo di Arturo Paoli
Un prete in cerca della giustizia: 93 anni, 45 vissuti con i poveri in
America latina. Nato a Lucca nel 1912, Arturo Paoli diviene sacerdote nel
1940; tra il '43 e il '44 partecipa alla Resistenza. Dopo dieci anni entra
nella congregazione dei Piccoli Fratelli di Gesu', ispirata a padre Charles
de Foucauld. Nel 1959 si stabilisce in America Latina: da' vita a una nuova
fondazione in Argentina; organizza una cooperativa agricola in Venezuela.
Infine, nel 1985 si trasferisce in Brasile. Per oltre quarant'anni Arturo
Paoli condivide la sua vita con i poveri, senza per questo rinunciare
all'attivita' di conferenziere e animatore: collabora con diverse riviste
("Rocca", il periodico della Pro Civitate Christiana di Assisi, "Nigrizia",
"Il Regno", "Jesus") e ha scritto una trentina di opere. Tra i suoi libri:
Gesu', amore (1960), Dialogo della liberazione (1969), Il grido della terra
(1976), Facendo verita' (1984). Nel 1944 ha ricevuto il titolo di ´Giusto
tra le nazioni" dall'ambasciata d'Israele a Brasilia per aver salvato la
vita a un ebreo nel 1944.


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