[Forumlucca] I: [res] Contro lo sviluppo sostenibile

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Author: Elena Bertoli
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Subject: [Forumlucca] I: [res] Contro lo sviluppo sostenibile


-----Messaggio originale-----
Da: magius [mailto:gmagius@gmail.com]
Inviato: domenica 14 agosto 2005 20.34
A: RES MAILING LIST
Oggetto: [res] Contro lo sviluppo sostenibile


"Lo sviluppo in questione"

di Vincent Cheynet
Institut d'études pour la décroissance

tratto da Z-Magazine Italia


Come criticare lo sviluppo? Per rispondere a questa domanda mi
piacerebbe parlarvi da uomo di comunicazione. Sono stato, lo confesso,
per dieci anni direttore artistico nel primo gruppo europeo di
comunicazione. Vi tranquillizzo, sono oggi un pubblicitario pentito. Ma
mi rimane di quell'epoca qualche regola di comunicazione. Una delle più
elementari è questa: c'è quello che dite e il modo in cui questo viene
recepito. Che può essere molto diverso, persino opposto. Il vostro
proposito può essere compreso nel significato opposto rispetto a quello
che voi pensate di dargli. Per esempio, immaginiamo per caso, che io usi
il termine "sviluppo". Il dizionario lo definisce così: rendere più
grande, più forte, dare ampiezza. Può sembrare esclusivamente positivo.

Ma se dico la parola "sviluppo" alla nostra società attuale, come la
percepirà? Quello che prevale nel nostro mondo è l'economicismo. Cioè
viviamo in un mondo immerso nell'inversione di valori, dove l'economia è
non più considerata come un mezzo ma come un fine. Tutti i termini che
si avvicinano più o meno all'economia saranno quindi recepiti prima di
tutto nella loro dimensione economica. Se vi dico crescita, penserete
"crescita economica". Se vi dico liberalismo, voi non penserete al
liberalismo filosofico dei Lumi, il liberalismo che ha dato origine alla
rivoluzione, penserete al liberalismo economico. Allo stesso modo, il
termine sviluppo sarà interpretato dalla nostra società in modo del
tutto naturale come "sviluppo economico".

La nostra società descrive come sviluppate le società di consumo. Gli
altri abitanti del mondo sono "in via di sviluppo" o "sottosviluppati".
Così, la civiltà dell'automobile, della televisione e del telefono
portatile è considerata come l'esito logico e ineluttabile di ogni
società umana. Ancra una volta, con parole diverse, l'uomo bianco rivela
il proprio etnocentrismo. Lo sviluppo realmente esistente non è infatti
altro se non l'occidentalizzazione del mondo.

E lo sviluppo sostenibile? Sarà logicamente compreso come "sviluppo
economico iscritto nella durata", ricoperto di uno strato di pittura
verde passato dai pubblicitari per illuderci meglio e propinarcelo per
ecologico. Vi cito la defnizione dello "sviluppo sostenibile" data nel
2001 da Michel de Fabiani, presidente di British Petroleum Francia: "Lo
sviluppo sostenibile è prima di tutto produrre più energia, più
petrolio, più gas, forse più carbone ed enegia nucleare, e certamente
più energie rinnovabili. Allo stesso tempo, bisogna assicurarsi che ciò
non avvenga a scapito dell'ambiente."

Cioè: inquinare di più salvaguardando l'ambiente. Come precisa un grande
ecologista locale, assessore al comune di Lione: "Lo sviluppo
sostenibile, significa conciliare la crescita e la protezione
dell'ambiente.".

E' stato dimostrato e ridimostrato che più crescita economica significa
necessariamente più inquinamento. La crescita verde, la crescita pulita,
la crescita sostenibile, come lo sviluppo sostenibile, sono ossimori,
cioè giustapposizioni di due parole in contraddizione. Louis Schweitzer,
il dirigente di Renault dichiarava al mensile "Enjeux Les Echos", nel
numero di dicembre 2004, "lo sviluppo sostenibile non è né un'utopia, né
una forma di contestazione, ma la condizione di sopravvivenza
dell'economia di mercato." E quando Louis Schweitzer parla di "economia
di mercato", non parla di "economia dei mercati", un'economia a
dimensione umana e rispettosa dell'ambiente, fondata su piccole entità
economiche, parla del capitalismo.

Due anni fa, il senatore Marcel Deneux - che non è un rappresentante
della sinistra, ma un signore di destra - concludeva così il suo
rapporto di valutazione dell'ampiezza dei cambiamenti climatici: "Di
primo acchito, il concetto di "sviluppo sostenibile" può raccogliere più
o meno tutti i suffragi, a condizione spesso di non essere investito di
contenuti troppo espliciti. Alcuni di questa espressione recepiscono
soprattutto il primo termine "sviluppo", comprendendo che lo sviluppo
come concepito fino ad ora deve essere perseguito e amplificato; e,
inoltre, in modo durevole. Altri percepiscono nell'aggettivo
"sostenibile" la critica degli eccessi dello sviluppo attuale, cioè
l'esaurimento delle risorse naturali, l'inquinamento, le emissioni
incontrollate di gas a effetto serra...

L'ambiguità dell'espressione "sviluppo sostenibile" garantisce il suo
successo, anche, o addirittura soprattutto, nei negoziati
internazionali, nei quali, dal momento che lo sviluppo viene proclamato
sostenibile, quindi implicitamente senza effetti negativi, è consacrato
come il modello assoluto da generalizzare su tutto il pianeta."

Per gli studenti qui presenti del "Master Etico sullo sviluppo
sostenibile", citerò anche la rivista Capital. Un articolo nel numero
del mese di luglio 2004 era dedicato alle "professionalità del futuro e
come prepararvisi". Uno di questi mestieri è quello di Responsabile
dello sviluppo sostenibile. Cito: "Idealisti, astenetevi! Il
responsabile dello sviluppo sostenibile non è qui per salvare il
pianeta, ma per fare in modo che l'impresa rispetti le nuove norme di
qualità dell'ambiente. E per evitare i conflitti sociali o le polemiche
con i consumatori."

Parlare di sviluppo, inteso come crescita economica, per i paesi
occidentali, è un non senso. I paesi ricchi consumano l'80 % delle
risorse naturali del pianeta pur rappresentando solo il 20 % della
popolazione mondiale.

Il nostro livello di sviluppo economico presuppone il saccheggio
sistematico del resto della Terra e l'asservimento economico di
popolazioni intere. Il livello attuale di "sovrasviluppo" dei paesi
ricchi è già insopportabile per la biosfera. Non è quindi realizzabile
per l'altro 80% degli abitanti del pianeta. D'altra parte, chi
potrebbero saccheggiare loro per diventre sviluppati a loro volta?

Cito Serge Latouche, professore emerito di economia a Orsay:

"E' perché lo "sviluppo sostenibile", questa contraddizione in termini,
è allo stesso tempo terrificante e disperato! Almeno con lo sviluppo non
sotenibile si poteva conservare la speranza che questo processo
mortifero avrebbe avuto fine, vittima delle sue contraddizioni, dei suoi
fallimenti, del suo carattere insopportabile e del fatto che esaurisse
le risorse naturali... Si poteva così riflettere e lavorare a un
doposviluppo, rabberciare una post-modernità accettabile. In
particolare, reintrodurre il sociale, il politico nel rapporto di
scambio economico, ritrovare l'obiettivo del bene comune e della buona
vita nel commercio sociale. Lo sviluppo sostenibile, ci priva di ogni
prospettiva di uscita, ci promette lo sviluppo per l'eternità!"

Questa critica non è nuova. Nel 1993, Serge Latouche intitolava già uno
dei suoi articoli così: "La truffa dello sviluppo sostenibile."

Due anni prima, Nicholas Georgescu-Roegen, il padre della bioeconomia,
già ci metteva in guardia: "Non c'è il minimo dubbio che lo sviluppo
sostenibile sia uno dei concetti più perniciosi".

Allora ci si risponde: "Si, ma lo sviluppo di cui parliamo non è lo
sviluppo economico o l'occidentalizzazione del mondo, è uno sviluppo
umano o sociale, uno sviluppo sostenibile, come è stato definito". Il
problema è che se voi decidete di chiamare i martelli "tenaglie" e se
chiedete ai vostri contemporanei di passarvi una tenaglia chiamandola
martello, questo non può funzionare. Voi non potete astrarvi dal mondo
nel quale vivete e dal senso che dà alle parole. Così, usando il termine
"sviluppo sostenibile", non fate che alimentare la megamacchina che
distrugge l'umanità e la natura.

Il sistema possiede una capacità straoridnaria di recuperare tutto e si
nutre soprattutto delle cattive contestazioni.

Né lo sviluppo, né la crescita, nella loro dimensione economica, quella
comunemente intesa, possono essere sostenibili, perché sono la causa del
carattere insostenibile della nostra civiltà. "Non si risolve un
problema con i modi di pensiero autogenerati" diceva Einstein e non
potremo andare verso un mondo più ecologico proponendo come rimedio ciò
che è all'origine della nostra malattia.

Allora perché un tale successo per questo concetto? Prima gli ecologisti
erano allontanati dal potere. Era un discorso troppo pericoloso per le
istituzioni. Lo sviluppo sostenibile permette di conciliare tutto e il
suo contrario. Ha permesso alle istituzioni di recuperare la critica
ecologista e di sviarla. Ha favorito la creazione di una casta di
"sviluppisti" in politica, nelle istituzioni, dedita a salvaguardare i
suoi interessi. La decrescita si oppone a questo equivoco. Esiste per
ricordare che dobbiamo smettere di deresponsabilizzarci sulla
tecnoscienza. Che la problematica umana ed ecologica è soprattutto
filosofica e politica. E quindi che le risposte saranno filosofiche e
politiche. Ciò di cui abbiamo bisogno prioritariamente non è più scienza
e tecnica, ma più condivisione e sobrietà.

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