[NuovoLaboratorio] Re: G8 Genova - Così la polizia di De Gen…

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Szerző: dario rossi
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Tárgy: [NuovoLaboratorio] Re: G8 Genova - Così la polizia di De Gennaro organizzò la mattanza

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Sent: Friday, July 22, 2005 10:51 AM
Subject: I: G8 Genova - Così la polizia di De Gennaro organizzò la mattanza


Da Liberazione del 20 luglio 2005

G8 di Genova
COSI' LA POLIZIA DI DE GENNARO ORGANIZZO' LA MATTANZA

di Vittorio Agnoletto

Tra gli imputati per le violenze della Diaz del luglio 2001, mancano
ancora i principali responsabili: De Gennaro, Scajola, Fini, Berlusconi.
«E' fin troppo facile prevedere l'eventualità che i giovani poliziotti,
magari inesperti o esausti dopo giorni di "veglia", se isolati possano
reagire sparando, realizzando così il sogno di chi sicuramente "cerca il
morto" per dimostrare che l'Italia del luglio 2001 è retta da un governo
autoritario e dispotico».
Queste esatte parole sono contenute in un documento datato 28 maggio 2001
che, secondo il prefetto Arnaldo La Barbera (deceduto nel 2002), sarebbe
stato "rinvenuto sul marciapiede posto all'incrocio tra via della Vite e via
del Corso" a Roma nella mattinata del 5 giugno 2001 da "personale della
polizia di Stato".
Lo stesso prefetto La Barbera il 6 giugno 2001 scrisse una lettera riservata
(protocollo 224/A, 2/6238/R) al comandante generale dei carabinieri e a
quello della Guardia di Finanza avente per oggetto "reinvenimento di un
documento afferente al G8". La Barbera concludeva la lettera scrivendo: «Si
allega copia dello scritto con preghiera di concorrere alle investigazioni
tese a individuare la fonte di disinformazione che propaga notizie
allarmistiche».
Ma gli eventi successivi dimostrarono invece come quanto previsto in quel
documento si avverò drammaticamente: non uno ma diversi tutori dell'ordine
spararono in quel giorno a Genova e uno di loro uccise Carlo Giuliani.
Non sappiamo se fu un "giovane" carabiniere Placanica o qualcuno più avanti
con l'età e ben più elevato per ruolo e grado: il processo per la morte di
Carlo infatti non ha mai potuto svolgersi.
Il documento ritrovato descrive e critica le scelte che saranno poi
realizzate dai vertici delle forze dell'ordine: «lasciare Genova "aperta"
difendere con ogni mezzo la "zona rossa", opzione alla quale lavora
l¹attuale governo, appare totalmente suicida. Infatti in questo modo
l'iniziativa viene lasciata tutta nelle mani di chi vuole trasformare Genova
in un campo di battaglia, mentre sul fronte difensivo mancano idee chiare,
un unico centro di comando...».
L'estensore della informativa suggerisce di «aprire un tavolo di discussione
con i rappresentanti dell'ala pacifica del popolo di Seattle, di consentire
a una delegazione del Genova Social Forum di avere uno spazio d'espressione
all'interno dei lavori del vertice»; ma conclude sconsolato: «... risorse
finanziarie (nda) sono finora canalizzate esclusivamente nella stesura dei
rapporti idonei soltanto a consentire ai loro estensori e ai rispettivi capi
di poter dire, dopo, "noi l'avevamo detto"».
Una denuncia/previsione forte, sufficientemente precisa e puntualmente
avveratasi, scritta da una persona certamente molto ben informata, che per
la specificità del linguaggio che usa sembra essere inserita negli alti
livelli delle nostre forze dell'ordine o dei nostri servizi segreti, con
convinzioni politiche certamente non di sinistra, come si evince da alcune
considerazioni presenti nel testo.
Il giornalista Gennaro De Stefano che, attraverso la sua attività
professionale era venuto in possesso di tali materiali, viene accusato di
ricettazione e di rivelazione del segreto d¹ufficio; il giornale per il
quale lavora "Gente" viene perquisito il 16 agosto 2004.
Ben presto l'accusa contro il giornalista venne archiviata, visto che ha
ottenuto il documento in maniera legale, documento che non può certo essere
ritenuto un falso dal momento che risulta essere agli atti nel faldone 2
alle pagine 00867 e seguenti dell'inchiesta condotta dai pubblici ministeri
genovesi che indagano sulle violenze della polizia a Genova.
Inoltre secondo quanto riportato nel numero 29 del settimanale "Gente", il
capo della polizia Giovanni De Gennaro e il suo braccio destro Roberto
Sgalla furono iscritti, il 12 agosto 2004 nel registro degli indagati con
l'accusa di cospirazione politica mediante accordo (art. 304 c. p.),
attentato contro gli organi costituzionali (art. 289 c. p.) e strage (art.
422 c. p. secondo comma); come ricordato anche da un'interrogazione
parlamentare presentata il 13 luglio 2005 da Mauro Bulgarelli e che non ha
fino ad ora ricevuto alcuna risposta, e nella quale si chiedeva di conoscere
le motivazioni per le quali il procuratore della Repubblica di Genova aveva
deciso di archiviare nel febbraio 2005 tale procedimento.
Infatti tale procura aveva deciso il non doversi procedere nei confronti di
De Gennaro e Sgalla in quanto «far discendere dalla documentata conoscenza
da parte dei vertici della polizia di Stato di scenari ragionevolmente
ipotizzabili nella gestione dell'ordine pubblico durante il vertice del G8,
l'ipotesi di cospirazione politica... di attentato contro gli organi
costituzionali o di strage a carico degli stessi vertici appare operazione
forse possibile nell'ambito di un'inchiesta giornalistica di stampo
scandalistico, ma certo improponibile in sede giudiziaria».
In sostanza si afferma che il documento è vero, che appartiene ai vertici
della polizia di Stato, che gli scenari ipotizzabili erano ragionevoli, ma
che De Gennaro e Sgalla non possono comunque essere nemmeno indagati, anzi è
superfluo svolgere qualunque indagine. Rispettiamo l'autonomia della
magistratura, ma abbiamo diritto di conoscere quali sono le motivazioni che
garantiscono tale totale impunità.
Questa vicenda fino ad ora ha avuto a sinistra un'eco molto limitato, forse
perché il settimanale "Gente" non risulta "politically correct" (e sarebbe
veramente un modo miope di intendere il ruolo della stampa) o forse più
realisticamente per le varie, potenti e trasversali amicizie che il capo
della polizia avanza in ambedue gli schieramenti politici. Infatti non
dimentichiamo che fu nominato in quel ruolo dal centro sinistra e quindi
confermato da Berlusconi. Resta solo da sperare che dopo un'eventuale
vittoria dell'Unione uno dei primi atti sia, dopo la costituzione di una
commissione di inchiesta parlamentare su Genova, il dimissionamento di De
Gennaro.
Nel frattempo sorgono spontanee alcune considerazioni. E' provato che 50
giorni prima dell'inizio del G8 qualcuno nei piani alti delle nostre forze
dell'ordine, era in grado di prevedere come fortemente possibile tutto
quanto avvenuto: dalla morte di un manifestante per mano dei tutori
dell'ordine, alle azioni dei black block alle violenze della polizia, e
questo qualcuno è arrivato addirittura a scrivere una relazione per
informare i propri superiori di questi rischi. Di fronte a tale evidenza non
si può certo sostenere che chi in quei giorni aveva il comando delle
operazioni potesse non essere al corrente di tutto ciò.
Ed ecco che allora non si fa peccato a ribadire che la repressione
realizzata a Genova fu pianificata, coscientemente realizzata e ricercata in
tutti i suoi aspetti. Per queste ragioni il capo della polizia De Gennaro
dovrebbe essere al primo posto tra gli imputati nei processi che si stanno
svolgendo a Genova; ed accanto a lui dovrebbero sedere i maggiori
responsabili politici di allora: Berlusconi, Scajola e Fini perché se di
fronte ad un fallimento professionale di tali dimensioni non hanno ritenuto
di dimettere il capo della polizia è evidente che ne hanno condiviso e
ispirato le scelte.


P. S. Ma alla Procura di Genova avrei da rivolgere anche un altro
quesito: quattro anni fa, quando sono stato sentito come testimone, non solo
ho fornito precise informazioni sulla presenza in quei giorni a Genova di
gruppi di estrema destra, ma ho anche comunicato le generalità di una
persona disposta a raccontare le brillanti azioni realizzate dai neofascisti
nella più assoluta impunità. A quattro anni di distanza ho/abbiamo diritto
di sapere perché nessuna indagine sembra essere stata realizzata in questa
direzione. Ovviamente sperando di poter essere smentiti.




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