[Incontrotempo] protesta precari istat dal manfo

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http://italy.indymedia.org/news/2005/07/833727.php

Precari Istat, torna il blocco dei dati Occupato l'istituto: «Lavoro
garantito e qualità dei servizi» Spalancate ai flessibili Il nuovo logo
della "I" a «porte aperte» è il vanto dell'Istat. Il Coordinamento
atipici ha fatto un anti-logo, con la "P" di «precari». La Cgil:
«Stabilizzare tutti»


Il nuovo logo dell'Istat deve evocare «vicinanza all'utente,
trasmettendo che l'Istat è un bene pubblico, anche al servizio del
cittadino». I due elementi geometrici «simulano la grafica di una porta
in movimento, mantenendo nel contempo la valenza di solidità e
sicurezza». Con queste parole lo stesso designer spiega il rinnovato
simbolo dell'istituto di statistica: concetti nobilissimi, ma certo non
troppo digeribili per gli 810 lavoratori precari che da anni conducono
rilevazioni e ricerche senza vedere la fine del tunnel (se si eccettua
uno stock di assunzioni, 174, che dovrebbero finalmente andare in porto
questo settembre). Così hanno detto: anche noi ci facciamo un logo, e
hanno messo la P (di «precari») proprio in mezzo alla porta. E ieri
hanno pure concretizzato, occupando la sala stampa e impedendo il
consueto briefing con i giornalisti per i dati sulla produzione
industriale. Un'iniziativa a tre: Cgil, Uil e Coordinamento precari
Istat. Quest'ultimo soggetto, molto attivo, ha creato il «contro-logo»,
e ha elaborato - insieme ai precari di diversi istituti -
un'interessante indagine sul lavoro atipico nel settore della ricerca.

Flessibili interni. O in appalto

Innanzitutto bisogna distinguere i precari della ricerca in due grossi
tronconi: quelli «assunti» (si fa per dire) direttamente dagli istituti,
e quelli utilizzati in «outsourcing», ovvero attraverso la messa in
appalto di un servizio, e dunque dipendenti da società private che
accettano commesse dal pubblico. Le forme contrattuali sono le più
svariate: a termine, cococo, a progetto, con partita Iva, ma anche
borsisti, stagisti, e addirittura (può capitare negli appalti) in nero.
Il settore pubblico è ormai strapieno di atipici: il piccolo dossier
messo insieme dai precari del coordinamento fa riferimento a uno studio
del ministero dell'economia, «I rapporti di lavoro flessibile nella
pubblica amministrazione», datato 2003 ma che elabora dati fermi al 31
dicembre 2001. Cifre sicuramente cresciute da allora: venivano censiti
2.581 precari nella ricerca pubblica italiana, 6.981 docenti
universitari e 6.408 impiegati nel comparto università. Bisogna anche
tener conto che sono considerati esclusivamente i rapporti subordinati a
termine, e dunque non viene inclusa nel calcolo la galassia di
collaborazioni, borse di studio, stage e autonomi. I numeri del mondo
atipico sono dunque certamente superiori, e una verifica empirica
l'hanno fatta i coordinamenti precari di nove istituti romani, che si
sono autocensiti: sono venuti fuori ben 5 mila lavoratori con rapporti
«non classici», ben superiori agli striminziti 2.581 calcolati per tutta
Italia.

Mille e trecento sono i precari all'Infn (istituto nazionale fisica
nucleare); segue l'Isfol con 990; Istat e Istituto superiore di sanità
con 800 ciascuno; l'Enea con 628; l'Icram (ricerca sul mare) con 150;
l'Inran (alimenti e nutrizione) ne ha 100, l'Invalsi (valutazione
istruzione) 75, l'Inea (economia agraria) 60. A parte i numeri assoluti,
evocative sono le percentuali: più piccolo è l'istituto, maggiore è la
presenza di precari rispetto al personale di ruolo: così all'Icram si
arriva a cifre vicine al 100%, all'Isfol siamo al 90%, all'Invalsi
all'83%. All'Istat, la percentuale è del 28%: 2100 a tempo
indeterminato, 450 a termine e 360 cococo.

Atipico intervista atipico

Interessante anche la qualità del lavoro svolto: a parlarci del mondo
flessibile, fornendo dati e rilevazioni periodiche, sono i flessibili
stessi. Ad esempio, l'indagine sulle forze lavoro in Italia viene
compiuta materialmente da 318 rilevatori cococo dell'Istat, mentre viene
organizzata da personale che per più della metà è a termine. Le
interviste telefoniche esterne sono addirittura appaltate alla
(tristemente) nota Atesia - gruppo Cos - call center simbolo del
precariato in Italia. I dati sui contratti sono elaborati invece dal
servizio censimento Istat: 80% di atipici. Passando ad altri istituti,
Alma Laurea fa indagini sui destini dei laureati: i ricercatori, tempo
fa, denunciarono il loro status di «stagisti pluriennali», e dunque non
retribuiti (!). L'Isfol (precari al 90%) si occupa di formazione lavoro.

Come dire, tocca proprio protestare. Nelle università il movimento di
lotta è già più maturo e si è esibito nelle manifestazioni anti riforma
Moratti, negli enti di ricerca è ancora da coordinare sul piano
nazionale. «Noi facciamo una battaglia anche in nome della qualità e
dell'innovazione dei servizi pubblici, contro il declino di cui tanto si
parla», spiega Fabrizio Stocchi, del Coordinamento precari Istat. «I
nostri scioperi - aggiunge Gabriele Giannini, Fp Cgil - hanno portato al
primo stock di assunzioni quest'anno, ma adesso puntiamo a stabilizzare
tutti i tempi determinati Istat. Resta il nodo dei rilevatori cococo,
che la dirigenza vorrebbe esternalizzare: pensiamo che sia un errore,
devono rimanere interni all'istituto, anche per offrire un servizio
controllabile e di qualità». La piattaforma dei precari della ricerca
parla infatti di stabilizzazione, riconoscimento di anzianità e tutele,
più fondi, diritti di rappresentanza e sicurezza sul lavoro.