[Lecce-sf] Fwd:Una riflessione sul referendum

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Movimento per la società di giustizia e per la speranza, Lecce

Cari amici,
                    v'invio questo articolo sul referendum (scritto per il Nuovo Quotidiano di Puglia), come tentativo d'interpretazione corretta, pensando possa servire alla discussione in corso. Non credo si possa parlare di decisioni del popolo italiano, di decadenza del referendum, e neanche di vittoria del potere ecclesiastico. Ma voi giudicherete.
Un saluto fraterno da Arrigo Colombo


Chi ha vinto e chi ha perso nel referendum, di Arrigo Colombo



Il referendum sulla procreazione assistita non ha raggiunto il quorum del 50% (ha anzi raggiunto solo il 25) e quindi decade, la legge 40 resta per ora intatta con le sue interdizioni, incoerenze e vizi; e non ci soccorre se non la tenue speranza che lo stesso parlamento che l'ha fatta, ora la corregga.

Quest'esito negativo non ha nulla di sorprendente, tutt'altro, se si pensa che le forze dell'astensione avevano già in partenza il vantaggio di quel 25% che abitualmente non vota; avevano poi i partiti della coalizione di governo autori della legge (sia pur con qualche eccezione); e avevano infine e soprattutto la pressione imperiosa della gerarchia ecclesiastica con tutto ciò che da essa dipende, in teoria tutto il mondo cattolico.

Era essa la grande propugnatrice dell'astensione. Da gennaio, da quando aveva escogitato questo mezzo come il più semplice per far fallire il referendum; e aveva quindi mobilitato il suo grandioso apparato di vescovi e parroci e azione cattolica e associazioni varie e stampa. E il suo capo per l'Italia, Ruini, era intervenuto con regolare insistenza. E il papa stesso era intervenuto di rincalzo, con qualche cautela ma con indubbio significato.



Ha ottenuto dunque il risultato, ma è difficile dire che abbia vinto, sul piano morale e globale, nell'insieme della situazione italiana. Piuttosto ha perso, e molto.

Anzitutto ha interferito nell'adempimento di una funzione politica del cittadino, l'esercizio della sovranità popolare che avviene nel referendum; ha interferito pesantemente nel politico, contravvenendo alla distinzione dei due poteri. Non gli era lecito imporre al cittadino cattolico di astenersi, ma solo chiedergli di votare secondo coscienza, tenendo presente la dottrina della gerarchia. E non è vero quanto alcuni hanno sostenuto, che i vescovi hanno solo espresso il loro parere in materia e, come tutti, avevano il diritto di farlo; non hanno solo espresso, hanno imposto; hanno detto, con tutto il peso della loro autorità, che il cittadino doveva astenersi ("opporsi nella maniera più efficace ai contenuti del referendum"). E, del resto, anche nell'esprimersi, un vescovo dev'essere cauto, perché la sua parola è sempre carica della sua autorità e del suo potere.

L'interferenza, poi, è stata particolarmente pesante a livello parrocchiale, in misura maggiore o minore, certo; ma con interventi nella predicazione, come da tempo non accadeva, e con un controllo almeno indiretto su quanti si recavano al voto.



Inoltre, quando Ruini ha sostenuto che, scegliendo l'astensione, si sceglieva semplicemente una delle tre possibilità offerte dalla legge, diceva solo in parte il vero. Perché l'astensione era anche, per la gente, la via che assecondava l'ignoranza e il disinteresse; oltre ad avvantaggiarsi (furbescamente, hanno detto alcuni) di quel 25% che abitualmente non vota. Ed era proprio il contrario di ciò che la gerarchia avrebbe dovuto fare, se fosse stata davvero sollecita della coscienza dei fedeli, e non solo della loro supina acquiescenza; avrebbe dovuto suscitare una discussione nella chiesa, una libera discussione, formativa della coscienza, e di una coscienza libera e critica.

Si apre qui un vasto problema, che è quello del laicato cattolico, della sua condizione di totale passività, totale assenza dalle decisioni cha si prendono in quel corpo di cui egli è parte integrante; ed è la parte - direbbe Thomas More - "di gran lunga maggiore e di gran lunga migliore". Bene, la gerarchia si comporta nei suoi riguardi come nel medioevo, quando il popolo era analfabeta, e il sapere era posseduto solo dai chierici.

Ma il problema si apre anche su di un altro versante, quello dei teologi. La dottrina che la gerarchia ha difeso contro il referendum, e che è contenuta nell'Istruzione dell'87 "Sul rispetto della vita umana nascente", firmata da Ratzinger, non invita i teologi alla ricerca sui delicati problemi, ma solo alla diffusione di quella dottrina. E non tiene conto del parere dei maggiori teologi, che è difforme proprio nei due punti chiave del documento, il "principio di natura" e lo statuto dell'embrione. Infatti essi contrappongono al principio di natura (di una procreazione che sarebbe lecita solo nell'ordine di natura, cioè nella congiunzione fisica dei partner) il "principio di persona": di una persona che ha ricevuto da Dio un potere sulla natura, e quindi anche sulle proprie funzioni di natura, per la loro gestione razionale, col sussidio anche della scienza e della tecnologia. E i maggiori teologi non riconoscono all'embrione lo statuto di persona.

Ma il problema si apre persino sul versante dei vescovi; tra i quali non si è mai aperta una discussione su questa materia. E anche nella preparazione di questo referendum nessuno si è alzato ad affermare il principio della libertà di coscienza (che pure è stato riconosciuto, seppur tardivamente, dal Vaticano II), o a richiamare una partecipazione attiva del popolo di Dio. Nessuno ha osato un parere difforme.

Di chi è dunque questa dottrina che tanto aspramente è stata propugnata, fino ad aprire un "vulnus" nella laicità dello stato italiano, e una scissione nel suo popolo, soprattutto nella sua "intellighenzia"? di Ratzinger, prefetto della Congregazione della fede, che non si è degnato di ascoltare neppure i maggiori tra i suoi colleghi teologi, e tanto meno il popolo di Dio? dei papi, di cui cita abbondantemente i discorsi? ma i discorsi dei papi non possono definire una dottrina.



Ricadiamo dunque nella questione di fondo, quella di una chiesa cattolica in cui permane ancora intatto, dal retaggio medievale e feudale, un potere assoluto, un potere dogmatico e dispotico; abituato all'imposizione e all'interdizione, abituato a decidere da solo, senza molti riguardi né per la collegialità episcopale, né - tanto meno - per il tessuto popolare, per quel popolo di Dio che è il corpo vivente della chiesa.

Bisognerà che questo popolo faccia sentire la sua voce, che si ribelli a questa servitù; come si è ribellato al potere monarchico e aristocratico che per millenni lo aveva oppresso. Intanto questo referendum lascia l'Italia ferita e divisa, lo stato come il popolo feriti nella loro laicità, nella loro autonomia, nella loro dignità e diritto.







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