QUANDO SI DICE CHE CERTE COSE NON SONO FATTIBILI
divieto di vendita delle bibite di marche multinazionali (Pepsi, Coca, Fanta ecc.) sui treni e nelle stazioni
Treni d'India, tornano le kullhad
, KARIMA ISD,
Visti dalla massicciata, i grossi lunghi treni marroni o in perenne rincorsa su e giù per il subcontinente indiano erano (e un po' sono ancora) simili a un drago che vomita rifiuti: ogni giorno fuori dai finestrini sbarrati piovevano decine di milioni di bicchierini di plastica usa e getta che rotolavano nell'ambiente, a contaminarlo di spazzatura indistruttibile. In un lungo viaggio da nord a sud ogni singolo viaggiatore poteva tracannare dieci o più tè e caffé. Si moltiplichi per i milioni di utenti giornalieri delle ferrovie e si aggiunga il fatto che negli scompartimenti non esistono cestini per i rifiuti, onde evitare invasioni di insetti attirati dai residui alimentari e si completi con la perdita della sana abitudine dei viaggiatori di usare e riusare un proprio bicchiere di metallo. Negli anni di modernismo un'altra iattura: la diffusione delle bibite gassate in lattina (usa e getta in alluminio), dei succhi di frutta in tetrapak, e dell'acqua imprigionata in bottiglie di plastica. Ma grandi cambiamenti agitano fin nel fondo di un bicchiere il sistema dei treni indiani, poderoso, redditizio e a suo modo efficiente , oltre che ancora in mano pubblica. Il nuovo ministro federale delle ferrovie è Laloo Prasad Yadav, leader del Rasthtriya Janata Dal, partito del Bihar. Sotto processo per diversi casi di corruzione, frequentatore delle patrie galere per ben sei volte, ma anche portatore di un certo nazionalismo e a parole paladino delle basse caste da cui proviene, Laloo fa faville anche come ministro delle ferrovie. L'ultima decisione che ha annunciato - ne ha riferito giorni fa il Times of India - è il divieto di vendita delle bibite di marche multinazionali (Pepsi, Coca, Fanta ecc.) sui treni e nelle stazioni. In alternativa saranno servite bevande tradizionali indiane. Sarebbe il primo caso di boicottaggio deciso da una megacompagnia pubblica come le ferrovie indiane.
Poco dopo la sua nomina, l'anno scorso, Yadav ha messo la bando la vendita del tè e del caffé nei bicchierini di plastica e ha riabilitato le kullhad, tradizionali coppette di argilla plasmata in torni a mano, a suo tempo vietate proprio sui treni per «ragioni igeniche»; così arrivò la profusione di plastica e polistirolo «da tiro». In principio questo ritorno all'argilla sembra un'idea grandiosa. Non solo per l'assoluta biodegradabilità dell'oggetto ma anche perché l'argilla è abbondantissima lungo tutto il corso del Gange e perché in questo tipo di produzione si crea certo molto più lavoro. La richiesta giornaliera delle ferrovie - milioni di coppette al giorno, giacché sono anch'esse usa e getta! - potrebbe creare molte opportunità di reddito decentrato nelle campagne.
Non è che la decisione sia stata applicata più di tanto, anche perché presenta lati incerti. Per esempio: le kullhad, che non hanno mai smesso di essere utilizzate seppure «in minoranza» nell'India del nord devono pur sempre essere cotte: quanti alberi (e l'India già ne scarseggia) dovranno essere tagliati per far funzionare forni artigianali a legna? Oppure, si controllerà anche questa fase della produzione imponendo la scelta di combustibili sostenibili? E quanto sfruttamento c'è in queste piccole, nascoste unità lavorative? E' vero che le autorità si stanno rivolgendo al Dipartimento per l'occupazione autogestita delle donne.
Ci sono anche impicci pratici. Pesano di più, il gusto lasciato al tè e al caffé non è amato dagli indiani del sud, è più complicato spostare le pile e servire il prodotto (rischi di rottura e macchie). Così in molti sostengono che era forse meglio limitarsi alla sostituzione, formalmente avvenuta due anni fa, dei bicchieri di plastica con quelli biodegradabili di carta. Ma il lavoro incorporato sarebbe molto minore; e gli alberi c'entrano anche lì.
Alla fin fine, chissà perché nessuno - in India né altrove - pensa di suggerire ai viaggiatori il vero ritorno ecologico alla tradizione: contenitori solidi (e ben pagati) da usare e riusare quasi all'infinito se ben tenuti. Di alluminio, vetro o argilla purché non usa e getta.
da "il manifesto" del 07 Giugno 2005
TERRA TERRA
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