[NuovoLaboratorio] nablus 7 giugno

このメッセージを削除

このメッセージに返信
著者: Elisabetta Filippi
日付:  
題目: [NuovoLaboratorio] nablus 7 giugno
Ricevo dai volontari/ie del Presidio di Nablus nuovi aggiornamenti sul
villaggio di
Marda:


Nablus, 7 giugno.

A distanza di due giorni ci troviamo nuovamente a scrivere di Marda, il
piccolo villaggio a pochi chilometri da Nablus e situato nel fondovalle
sottostante l’immensa colonia illegale di Ariel.

Questa volta pero’, al posto delle nostre positive impressioni di
sabato, dobbiamo lasciare spazio a emozioni contrastanti.

Domenica, il giorno successivo alla manifestazione, e’ ricominciato lo
sradicamento degli ulivi di Marda, quelli che danno di che vivere alla
gente del villaggio, in prevalenza contadini. La popolazione e’ accorsa
immediatamente, riuscendo a sedersi sui campi e bloccando cosi’ i
lavori. Le guardie di sicurezza, poco equipaggiate per fronteggiare una
situazione del genere, hanno prima sparato a terra a pochi metri dalle
persone, e poi chiamato l’esercito che si e’ limitato a fare
interrompere i lavori.

La sera stessa H. volontaria internazionale ci informa del fatto e ci
chiede di intervenire lunedi’ mattina assieme ai palestinesi, per
tentare almeno di disturbare la sicura ripresa dei lavori di taglio. Si
aspettava una presenza questa volta massiccia di militari, e purtroppo
scarsa di internazionali.

Alle 7.00 del mattino ci troviamo percio’ al centro del villaggio con il
piccolo gruppetto di palestinesi: una ventina di ragazzini tra i 10 e i
16 anni armati di bandiere palestinesi e della vivacita’ tipica di
questi scugnizzi che non sembrano avere la minima paura (o percezione
del pericolo) dei soldati, alcuni contadini e rappresentanti del
comitato popolare di resistenza contro il muro dell’apartheid. Al
momento di partire per il pendio sovrastante Marda, dal quale vengono
sradicati gli alberi, il gruppo conta non piu’ di una quarantina di
persone. Assieme a noi ci sono altre due internazionali e due israeliane.

Ad attenderci c’e’ un numero incalcolabile di soldati appostati 100
metri sopra di noi, su una ampio raggio.

E` stata un`esperienza abbastanza frustrante. Eravamo alla base di una
collina di ulivi, cercavamo di salire, i soldati erano in cima e ci
bombardavano di lacrimogeni. Di lato, poco piu` su di noi, ma
impossibili da raggiungere, sentivamo proseguire i lavori di sradicamento.
Abbiamo fatto avanti e indietro per una cinquantina di metri ore e ore.
Piano su, gas, giu` di corsa.
Era incredibile vedere i bambini: da un lato non hanno paura, ti domandi
se capiscano cosa fanno, poi ti commuove vedere la loro allegra
determinazione. Si giocano, ma giocano a resistere, a non chinare la
testa. Giocavano, ma quando si facevano male (questo gas brucia come
l`inferno, entra negli occhi, nella bocca, nel naso. Sputi, vomiti, ti
sembra di non farcela piu’. Poi passa) correvano giu` piangendo e
gridando, e si facevano consolare dagli amici. Erano davvero piccoli, il
piu` piccolo forse sette anni, i piu` grandi sedici, la media sui dodici.
Quando ci si pensa dall`Italia forse e’ difficile capire. Vederli salire
testardi e disarmati, senza neppure pietre in mano, verso una linea di
soldati armati, salire per il gusto di sfidare, faceva effetto. E tra di
noi ci relazionavamo alla pari, ci passavamo l`acqua, i limoni e le
cipolle (per contrastare il gas), ridevamo e ci sorridevamo alla pari,
loro rispettavano noi, noi rispettavamo loro. Quando uno di noi ha
aiutato a spegnere un principio di incendio causato dai candelotti
incandescenti, un bimbo di forse 10 anni gli ha detto: “You are a good
man!”. Un’interessante sovversione della distanza pedagogica, no?
C`erano con noi due israeliane ma erano troppo lontane per rendersi
riconoscibili dai soldati e dunque purtroppo "servivano" a poco. Dopo un
po` i soldati hanno iniziato anche a sparare. Probabilmente proiettili
di gomma e certo erano troppo lontani per impensierirci.
Poi bombe assordanti. Un po` peggio.
Poi, quando noi ci eravamo allontanati di qualche metro per tornare a
casa, sono arrivati alle spalle dei/delle dimostranti con due jeep e
hanno sparato sul serio. Il gruppo si e’ disperso in un secondo. I
ragazzi tiravano pietre, i soldati rispondevano tirando proiettili di
gomma e lacrimogeni ad altezza di essere umano, da pochi metri.
Decisamente pericoloso, tanto da colpire, fortunatamente in maniera non
grave, un fotografo. Si sono poi lanciati a rincorrere i ragazzi tra le
case e fin dentro ad una. Fortunatamente senza arresti.
E’ stata, la nostra, un`azione quasi completamente inutile e frustrante.
Quasi.
Certo se fossimo stat* di piu`, se avessimo avuto un piano, se ci
fossero stat* piu` internazionali, piu`israelian*, forse si poteva
raggiungere la zona degli alberi sradicati. Forse, ma per quanto tempo?

Ma resta che se da un lato a mani nude contro l`esercito non si arriva
da nessuna parte, dall`altro e` proprio questo quello che va visto, che
va capito. Non e` follia, non e` ideologia, non crediamo gli facciano il
lavaggio del cervello a questi bambini per mandarli verso i soldati.
Quando li si vede forse si capisce qualcosina in piu`. Certo e` anche un
gioco, un rito. Ma e` davvero la loro vita. Non hanno paura, eppure
invece ne hanno. Sembrano coraggiosi come noi non sapremmo mai essere ma
poi piangono, chiamano la mamma e si fanno consolare. E l`unica cosa che
davvero non si capisce non e` perche` loro vadano verso i soldati ma
perche’ e come i soldati riescano a sparargli.

E allora proprio guardando nei volti nei ragazzini di Marda abbiamo
capito che non tutto era perduto, che c'era un senso. La violenza alla
fine aveva vinto, ma quei ragazzini ci hanno dimostrato che non bisogna
lasciarsi piegare e che si può e si deve continuare a lottare e a
resistere, e così dopo ogni scarica di lacrimogeni non si può tornare a
casa e chiudersi dentro ma basta annusare una cipolla e poi si può
ripartire e risalire la collina. E' un piccolo granello di resistenza,
che oggi sembra inutile ma che potrà produrre qualcosa in un futuro,
nelle menti di quei ragazzini, in noi che abbiamo condiviso con loro
questa mattinata, nella memoria collettiva della gente di questa terra.

Nei prossimi giorni cercheremo di essere presenti a Marda il piu’
possibile. In questo momento i lavori di costruzione del muro, e le
conseguenti azioni di resistenza, sono concentrati in tre aree: Bil’in,
Beit Surik e Marda. Mentre nelle prime due c’e’ una continua presenza di
internazionali e israelian*, Marda, dove i lavori sono iniziati da poco,
e’ ancora relativamente isolata. Speriamo altr* si uniscano presto alla
popolazione in lotta.

(Altre informazioni su Marda a questo indirizzo:
http://italy.indymedia.org/news/2005/06/805655.php)

Ruby, Quico, Sobrin.
Presidio di pace a Nablus - http://assopace.blog.tiscali.it/
Associazione per la Pace - www.assopace.org