Szerző: Elisabetta Filippi Dátum: Tárgy: [NuovoLaboratorio] FW: Diario da beirut di Marco
Ricevo ed inoltro.
Elsiabetta
>From: "Isabella Mancini " <isabellamancini@???>
>Reply-To: amiciziaItaloPalestinese@???
>To: amiciziaItaloPalestinese@???
>Subject: [amiciziaItaloPalestinese] Diario da beirut di Marco
>Date: Mon, 6 Jun 2005 09:41:49 +0200
>
>Vi inoltro il diario di Marco dal Libano, buona lettura.
>Isabella
>
>Il caldo rende gli odori più forti e l?asfalto bollente, non è ancora
>giugno ma la temperatura è già alta. Sono diretto a Sabra, non lontano dal
>campo di Mar Elias da dove vengo; la sensazione di tornare a casa è sempre
>più forte di volta in volta.
>
>Ho fatto colazione nel negozio di Abu Mohammed Alì a Mar Elias, dopo
>quattro mesi di assenza è stato come rinnovare un rito; non è un bar
>quello di Abu Mohammed, ma una sorta di emporio-alimentari in una stanza
>molto piccola che trabocca di cose. È il pian terreno della sua casa, una
>tazza di caffè e una chiacchierata non mancano mai, così l?appuntamento
>mattutino si è fatto nel tempo piacevole consuetudine.
>Sono arrivato ieri e Abu Mohammed è venuto a prendermi all?aereporto con
>il furgoncino col quale accompagna i bimbi dei campi nelle scuole al
>mattino; Alaa Alì era con lui, non si conoscevano prima ma entrambi sono
>voluti venire al mio arrivo?così li ho messi in contatto e la loro
>presenza è un bel benvenuto!
>
>Camminare mi aiuta a riflettere, guardarmi intorno mi rilassa e concentra
>nello stesso tempo e il movimento cadenzato scandisce i pensieri; ogni
>ritorno è di fatto un resoconto del lavoro svolto nel frattempo,
>inevitabilmente se ne parla con le tante persone che sono coinvolte nel
>progetto ed è proprio questo confronto che mi aiuta a capire cosa è
>successo dall?ultimo viaggio.
>È una questione di andamento dice Ascanio Celestini ed io lo seguo fino
>all?ufficio di Kassem ? direttore dell?organizzazione palestinese che mi
>appoggia nel lavoro - dove l?incontro espone a grandi linee le
>elaborazioni del tragitto.
>Il lavoro procede bene nonostante non riesca a dedicarmici a tempo pieno,
>unico aspetto negativo è quello economico ? dico io - ma è noioso parlarne
>e poi era prevedibile, mentre la proiezione di Incontri in alcuni
>festivals e varie iniziative rende tutti emozionati, soprattutto quella a
>Washington DC di pochi giorni fa, all?interno del convegno annuale
>dell?A.D.C. (American Arab Anti-Discrimination Commettee), una delle
>organizzazioni arabe più importanti in America.
>
>Lascio l?uffficio e inizio il giro di saluti nel campo di Chatila e poi al
>Gaza Hospital: i volti, gli abbracci e le parole di benventuo di Jamila,
>Zuhur, Abu Maher, Abed Al Rahman, Umm Farhid, Mohammed, Samir sembrano non
>finire mai. È bello essere di nuovo tra voi, semplice ma sincera è la
>frase che ripeto più spesso, perché viene da dentro.
>Finalmente sono al Gaza Building; vederlo da fuori ? imponente ? mi
>emoziona, questo edificio ha acquisito per me un significato
>importantissimo che vorrei riuscire a trasmettere con il nostro lavoro.
>Parliamo seduti in cortile da Abu Maher - infaticabile barbiere/falegname
>protagonista del documentario - e la sensazione è di piacevole
>quotidianità.
>Raccontiamo le reciproche novità e il fiume di parole si arena un po?
>nell?utilizzo della lingua straniera.
>
>Suhad, la figlia di Umm Farhid che mai si stancava di insegnarmi nuove
>parole in arabo, si è sposata con Ibrahim; si sono trasferiti in Siria
>dove la famiglia dello sposo ? palestinese anche lui - vive rifugiata.
>Anche Farhid, fratello di Suhad, è andato a vivere con il padre in Siria
>e
>così Umm Farhid è rimasta sola al primo piano del Gaza Hospital; ne parla
>e amaramente sorride svelando una malcelata tristezza, poi dice che Suhad
>ha chiesto di salutarmi quando sarei tornato a Beirut.
>That?s life traduce Abu Maher dalle parole di lei, che non parla inglese
>ma ha degli occhi che raccontano più di ogni linguaggio.
>Dispiace anche a me, mi ero affezionato a questa dolce coppia di ragazzi,
>alle nostre stentate conversazioni ed alle improvvisate lezioni di lingua;
>ora Suhad è incinta e ormai è una donna, a Umm Farhid rimangono il figlio
>Mohammed con i nipoti al nono piano del Gaza, tanta malinconia sospesa nel
>respiro e la sensazione di diventare vecchia troppo presto.
>
>Si è fatto buio, mi trovo in strada sulla via di ritorno, le emozioni del
>rientro mi tengono compagnia e io mi abbandono. Scelgo il percorso più
>lungo, è presto per andare a dormire e comunque non riuscirei. Salgo per
>Sabra e giro nei vicoli interni, la notte stende sulla città uno strano,
>irreale silenzio e alcune persone - sedute a fumare narghilè - mi guardano
>arrivare; basta un sorriso?salam aleikum dico io e veloce ma cordiale
>arriva la risposta, loro riprendono a parlare ed io vado avanti
>tranquillo.
>
>Lascio i vicoli e mi avvicino a Cola, la presenza della polizia è
>imponente ad ogni angolo, in assetto militare vigilano sulla città nel
>dopo elezioni; loro sì che mi mettono agitazione - non gli sguardi della
>gente nella notte - con i loro mitra nei tetti delle jeep e i fucili
>imbracciati?sarà che non sono abituato alle armi; proseguo e passo vicino,
>uno di loro mi urta con un fucile girandosi e io lo guardo; sono già alle
>mie spalle, l?arroganza della divisa è proprio uguale dappertutto.
>
>Su ogni muro, porta, finestra o angolo libero ci sono posters di Saad
>Hariri e suo padre Rafik, l?ex presidente del consiglio recentemente
>ucciso in un attentato a Beirut; dai cavi tesi tra i palazzi sventolano
>bandierine con i loro volti, mentre i taxi sono pieni di adesivi che li
>ritraggono. Così Rafik Hariri è apparentemente diventato un martire e la
>lista politica di suo figlio ha vinto a Beirut, ma per i risultati finali
>bisognerà attendere almeno un altro mese l?esito delle elezioni nel resto
>del Paese.
>Corre voce che il consenso popolare sia dovuto ad una lauta elargizione di
>soldi, promesse per i palestinesi ne sono state fatte molte ma di fiducia
>mi sembra di capire ce ne sia poca. Periodo di mutamenti e tensioni, gli
>ultimi mesi hanno visto il ritiro dell?esercito siriano e alcuni
>attentati?con questi pensieri arrivo al campo di Mar Elias, Abu Mohammed
>è
>ancora al negozio e veloce passo a fargli un saluto; la fretta di scrivere
>mi porta nella mia stanza, dove un bicchierino di arak allenta la
>scrittura e concilia il sonno.
>
>Se potete diffondete;
>
>da Beirut, 3 giugno 2005
>Kinoki mrc
>
>Questo racconto fa parte del diario di lavorazione di un progetto di
>documentazione sul Gaza Hospital a Beirut; se non volete più riceverlo vi
>prego di comunicarmelo e scusare il disturbo.
>Il dvd di un documentario di 26 minuti, girato negli stessi luoghi e
>preparatorio a questo lungo lavoro, è in vendita per auto-finanziamento.
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>Per informazioni:
>Marco Pasquini
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