Autor: ANDREA AGOSTINI Data: Assumpte: [NuovoLaboratorio] chi difende l'embrione quando è nato ?
da lastampa.it
Venerdi' 3 Giugno
E chi difende l'embrione quand'è nato?
di Chiara Saraceno
L'enfasi sulla identità - in termini di valore e compiutezza umana - tra
embrione e essere umano rischia di produrre corto-circuiti imprevisti. Se,
infatti, non è possibile cogliere alcuna distinzione qualitativa tra
l'inizio di un processo ed una sua fase così matura da essere espressa in
un individuo capace di apprendimento e relazione, non si assimila solo un
embrione ad un essere umano. Si assimila indirettamente anche quest'ultimo
ad un embrione: che può divenire un individuo o invece non andare oltre le
prime fasi di sviluppo. Come accade a migliaia (se non milioni) di embrioni
ogni giorno, in tutto il mondo. Perché così funziona quella «natura»
avventatamente chiamata in causa per fare viceversa assurgere l'embrione
alla dignità dell'essere umano. Ma se gli esseri umani sono come embrioni,
appesi alle vicende bio-fisiologiche dei corpi che li contengono e della
loro propria fragilità, la collettività può tranquillamente lavarsene le
mani, dopo aver loro garantito «la vita», o meglio le chances di fare la
loro corsa. La vita degli esseri umani formati rischia di non avere più
dignità e più diritti di un embrione. Anzi, la vita della potenziale madre
un po' meno: perché il corpo materno contenitore dell'embrione deve fare il
suo dovere fino in fondo e purchessia, per dare a questo appunto la chance
di provare a diventare un essere umano.
Siamo davvero sicuri che questa difesa ad oltranza degli embrioni come
esseri umani giova alla maturazione di un rispetto per la dignità delle
persone, per la vita e i diritti degli esseri umani? O non faciliterà
piuttosto l'indifferenza, la superficialità, la mancanza di rispetto,
proprio per l'incapacità di cogliere le distinzioni e la responsabilità di
ciascuno nel creare contesti in cui gli esseri umani possano svilupparsi,
crescere e vivere una vita degna di essere vissuta? L'abuso del termine
«vita umana», così come quello di «assassinio» (assassine) di embrioni, di
genocidio, sterminio e così via rischia di cancellare ogni distinzione tra
gli assassini e i genocidi perpetuati sulle persone e le popolazioni e il
mancato impianto di un embrione, o anche l'aborto. Davvero non c'è
distinzione tra la decisione di non utilizzare un embrione, quella di
abortire e quella di uccidere il proprio figlio di cinque mesi? Non c'è
differenza tra il piccolo Mirko e un embrione formato da 48 ore? Dalla
mancata distinzione tra «strage di embrioni» e «strage di bambini» (e
adulti) ruwandesi, o bosniaci, o ebrei, alla indifferenza per la seconda il
passo è breve.
E' la stessa logica che ostacola la diffusione della contraccezione
nell'Africa devastata dall'AIDS: senza interrogarsi sul fatto che per
questo nascono migliaia di bambini destinati all'alternativa tra morire di
AIDS o rimanere orfani presto - o ad entrambe le cose. Purché nascano, il
rispetto della vita è salvo. Che cosa ne sarà di loro, non riguarda i
difensori dell'embrione.