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Autor: Roberto Sensi
Datum:  
Betreff: [Forumlucca] 4 febbraio 2005 Annullata l'espulsione a cittadino senegalese gay
4 febbraio 2005
Annullata l'espulsione a cittadino senegalese gay


Il giudice di pace: in Senegal finirebbe in carcere. La Lega: gli omosessuali
ci invaderanno

TORINO - Alto, magro, sorriso mite. La sua pelle è nera come i capelli,
coperti da un berretto di lana. E' senegalese Mohamed (nome di fantasia), ha
24 anni, buona cultura, letteraria in particolare. «Il mio romanzo preferito
- dice - è Lo straniero di Camus». Vive a Torino, e come molti immigrati
irregolari ha venduto borse taroccate sui marciapedi della strade. «Mi
piacerebbe fare di meglio», confida. Mohamed vuole restare anonimo, vorrebbe
perfino scomparire agli occhi della gente, se potesse: è gay («sono nato
così, come sono nato musulmano»), e se vivesse ancora nel suo Paese, qualora
venisse «scoperto», rischierebbe da uno a cinque anni di carcere.
Il clamore di questo caso umano e giudiziario, che ha già provocato l'alzata
di scudi del ministro leghista Roberto Calderoli, sta proprio qui: una
sentenza senza precedenti (ma che ora costituirà un importante precedente),
ha salvato il giovane dall'espulsione dall'Italia, in virtù della sua
condizione di straniero gay. L'omosessualità, infatti, è stata evidenziata
nel ricorso, redatto dall'avvocato Maurizio Cossa, per chiedere di annullare
il provvedimento emesso dal questore di Torino in base al dettato della
Bossi-Fini. Il legale (aderente all'Associazione studi giuridici per
l'immigrazione) a cui Mohamed si era rivolto, ha giocato la sua carta e ha
vinto. «Intendiamoci - osserva - il verdetto non era scontato. Per fortuna,
ci siamo imbattuti in un giudice di pace, che ha interpretato con serietà e
attenzione i codici, ed anche la Costituzione come cardine di essi». In
sostanza, facendo riferimento all'articolo 17 del Testo Unico
sull'Immigrazione, che indica alcuni casi per i quali si configura il divieto
di espulsione, Cossa si è soffermato sul primo punto: «Non può disporsi
l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui uno straniero possa
essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua,
cittadinanza, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero
possa rischiare di essere rinviato verso uno Stato nel quale non sia protetto
dalla persecuzione». Spiega il legale: «In Senegal, l'omosessualità, oltre ad
essere punita per legge, è considerata una grave colpa anche in ogni
ambiente. I gay e le lesbiche sono pesantemente discriminati, isolati, spesso
subiscono angherie fisiche». La scoperta di un figlio omosessuale, per
esempio, diventa valido motivo per il ripudio della moglie, alla quale il
marito imputa di non essere stata una buona educatrice. In parole povere, il
padre accusa la madre: «Se il ragazzo è deviato , la responsabilità è tua».
Mohamed, dunque, si trova nella «condizione personale», prevista
dall'articolo 17, e il suo avvocato è riuscito a dimostrarlo. Allegando al
ricorso anche la tessera dell'Arcigay, presa dal giovane nel 2003 quando
arrivò irregolarmente nel nostro Paese. Oggi, è proprio Paolo Hutter,
omosessuale dichiarato, ex assessore all'Ambiente di Torino, a rendere
pubblica la vicenda.
Di più: Hutter lancia un appello, affinchè associazioni ed enti locali si
impegnino a far conoscere agli immigrati «questo fondamentale diritto». E
perfino Rocco Buttiglione, ministro per le Politiche comunitarie (costretto a
rinunciare alla carica di commissario europeo, per le sue idee di cattolico
conservatore), afferma che la sentenza di Torino «è giusta». Non rinuncia,
invece, alla polemica, con parole pesanti, il leghista Roberto Calderoli,
ministro per le Riforme: «Povera giustizia, povera Italia! Altro che terra di
poeti e navigatori, oggi si è trasformata in terra di terroristi e di...
finocchi irregolari». Inevitabile coda di bagarre mediatica, con reazioni
accese da parte del movimento gay (in prima fila, l'onorevole Franco
Grillini) e di altri esponenti politici.
Adesso, il protagonista della storia appare frastornato, e impaurito. Avrà
presto il permesso di soggiorno; potrà, certo, sperare in un futuro migliore;
tuttavia, sarà costretto a nascondere la sua omosessualità, anche a Torino.
Spiega: «Se i miei parenti e gli amici senegalesi venissero a sapere che sono
gay, mi renderebbero la vita impossibile. Per fortuna, ho buoni amici
italiani. Con loro non ci sono problemi. Anzi». Mohamed racconta che, pur
disposto a fare l'operaio, gli piacerebbe un lavoro più elevato. «Conosco tre
lingue, potrei lavorare alla reception di un albergo o in un negozio come
commesso». Rivela anche che gli è stato proposto di entrare nell'ambiente dei
fotomodelli, di sfilare in passerella. Ma lui è molto perplesso. «Non voglio
essere ricattato sessualmente. Molti stilisti sono omosessuali e, di sicuro,
mi proporrebbero di lavorare in cambio di prestazioni fisiche, Poi, spremuto
a dovere, mi butterebbero via. Altro che carriera!».
Marisa Fumagalli
corriere della sera