Auteur: ANDREA AGOSTINI Date: Sujet: [NuovoLaboratorio] l'affare dei rifiuti tossici un patto
ndrangheta-stato
da repubblica.it
GIOVEDÌ 2 GIUGNO 2005
Sull´Espresso le rivelazioni d´un capo della criminalità calabrese: ci
pagavano per smaltire i carichi
"L´affare dei rifiuti tossici un patto 'ndrangheta-Stato"
Nel memoriale d´un boss i nomi dei politici
ROMA - Il memoriale in prima persona, ricco di particolari, nomi illustri,
date e luoghi, d´un ex boss della 'ndrangheta calabrese. Lo pubblica
l´Espresso, oggi in edicola con un´inchiesta di copertina che analizza la
faccia occulta del grande traffico internazionale dei rifiuti tossici e
radioattivi, e l´intreccio mai chiarito tra politici e imprenditori,
mafiosi e servizi segreti. Temi sui quali in passato hanno indagato varie
procure italiane, raccogliendo spesso più domande che risposte, e che ora
riemergono nelle parole dell´ex boss, condannato a trent´anni di carcere
per associazione a delinquere e traffico internazionale di stupefacenti.
Del personaggio viene taciuto il nome per ragioni di sicurezza. Ma si
tratta di un capo - è spiegato nell´inchiesta di Riccardo Bocca - che in
passato ha collaborato con la Direzione distrettuale antimafia di Reggio
Calabria, e che ora ha consegnato ai magistrati una minuziosa ricostruzione
di come malavita e Stato avrebbero collaborato nel business delle scorie
pericolose.
Tutto è iniziato, secondo il racconto dell´ex boss, nel 1982, quando era
capo della 'ndrangheta Giuseppe Nirta, famiglia di San Luca. «Nirta», si
legge nel memoriale pubblicato dall´Espresso, «mi spiegò che gli era stato
proposto dal ministro della Difesa Lelio Lagorio di stoccare bidoni di
rifiuti tossici e occultarli in zone della Calabria da individuare». Ad
esempio «l´Aspromonte e le fosse marine davanti alle coste ioniche».
Un´ipotesi che non convinceva i boss, troppo gelosi della loro terra. Fu
così che, stando al memoriale, si puntò sulla Basilicata, «terra di nessuno
dal punto di vista della malavita».
Il primo episodio di rilievo risale al 1986. In quel periodo, afferma l´ex
boss, un altro capo della 'ndrangheta, Domenico Musitano, gli disse di
essere stato «avvicinato dal dottor Tommaso Candelieri dell´Enea di
Rotondella, il quale stoccava in quel periodo rifiuti provenienti da
Italia, Svizzera, Francia Germania e Stati Uniti». Con lui, stando al
memoriale, furono fatti «sparire 600 bidoni contenenti rifiuti tossici e
radioattivi». Cento, sostiene l´ex boss, furono seppelliti davanti ai suoi
occhi in Basilicata, nel comune di Pisticci, in località Coste della
Cretagna, lungo l´argine del fiume Vella. Mentre gli altri 500 furono
trasportati in Somalia a bordo della nave Lynx, salpata dal porto di
Livorno. A riguardo l´ex capo della 'ndrangheta indica quanto l´operazione
fruttò, chi collaborò e i luoghi esatti dove potrebbero essere oggi
rinvenute le scorie. Tutti elementi che vanno ad incastrarsi con la seconda
puntata di questa vicenda, quando l´ex boss racconta di avere rivisto
Candelieri.
Stavolta, spiega, gli fu detto che «c´erano fanghi e rifiuti ospedalieri»
da smaltire, con «ossido di uranio, cesio e stronzio. Il tutto contenuto in
fusti a loro volta sistemati in 20 container» che sarebbero finiti
nuovamente in Somalia. Un lavoro, scrive l´ex boss secondo le rivelazioni
dell´Espresso, portato a termine senza problemi, con l´aggiunta di un
traffico d´armi destinate al signore della guerra Ali Mahdi.
In più punti del memoriale l´ex boss parla di rapporti diretti con i
politici. Ad esempio, racconta una cena alla quale, lui presente, avrebbe
partecipato l´ex ministro degli Esteri Gianni De Michelis. Il socialista,
si legge nel documento, «faceva lo spiritoso, diceva che senza i politici
noi della malavita non saremmo esistiti, e che se la politica avesse voluto
spazzarci via lo avrebbe fatto senza problemi... Diceva anche che se i
pentiti avessero svelato fatti legati alla politica sarebbe stato un
boomerang, in quanto i politici si sarebbero comunque tirati fuori e si
sarebbero vendicati. Inoltre», continua l´ex boss nel racconto riportato
dall´Espresso, «parlai con De Michelis di Somalia, armi e rifiuti.
Sosteneva che i politici avrebbero potuto trasportare qualunque cosa senza
collaborazione della 'ndrangheta, e che ci usavano per comodità. Io gli
risposi che era vero quello che diceva, ma era vero anche che i politici si
potevano sedere in Parlamento grazie ai nostri voti».
In un altro passaggio del memoriale l´ex boss fa il nome di Paolo
Pillitteri, a suo dire in affari con Antonio Papalia, «rappresentante in
Lombardia della 'ndrangheta zona aspromontana», e sensibile alle necessità
della famiglia di San Luca. Viene tirato in ballo dall´ex boss anche Pietro
Bearzi, allora segretario generale della Camera di commercio italo-somala.
Nel memoriale l´ex capo della 'ndrangheta fa anche i nomi dei collaboratori
del Sismi e del Sisde con i quali avrebbe trattato per lo smaltimento
clandestino dei rifiuti pericolosi: da Marco Giovannini a Giovanni Di
Stefano, da Francesco Corneli a Stefano Giovannone. Un quadro che si
completa con l´incredibile racconto di come l´ex boss della 'ndrangheta, i
suoi uomini e personaggi di altre famiglie mafiose avrebbero negli anni
affondato le cosiddette "carrette del mare", vecchie navi imbottite di
scorie tossiche. Dalla Riegel alla Yvonne A, dalla Cunski alla Voriais
Sporadais. Nomi, luoghi, particolari che ora i magistrati probabilmente
sonderanno con la massima attenzione. Partendo dalla verifica più urgente:
quella dei siti, italiani e non, dove viene indicata la presenza di fusti
ad alto rischio.