da lanuovaecologia.it
Martedì 31 Maggio 2005
IL DOSSIER|
Oggi a Roma la presentazione
ECOMAFIA CORPORATION
Cresce del 30 per cento il fatturato illegale e aumentano i clan che
lucrano sui reati ambientali. I numeri e le storie del rapporto 2005 di
Legambiente
l ritratto è quello di una multinazionale, un'azienda dai fatturati
giganteschi. L'ecomafia, nel 2004, aumenta il suo business, tra mercato
illegale e investimenti a rischio nelle regioni a tradizionale presenza
mafiosa. Passa dai 18,9 miliardi di euro del 2003 ai 24,6 del 2004: il
trend di crescita, che sfiora il 30 per cento, non teme confronti,
neppure con le più grosse (e in salute) imprese italiane. E se l'azienda-ecomafia
cresce è anche perché ha saputo ramificarsi di più, e meglio, sul
territorio nazionale. È aumentato, infatti, il numero dei clan delle
ecomafie: sono 194, ben 25 in più rispetto all'anno precedente.
L'Italia si presenta così nel rapporto Ecomafie 2005 presentato questa
mattina da Legambiente, una ricerca «sul campo» - alla quale hanno
collaborato tutte le forze di polizia - giunta all'undicesima edizione.
Il quadro è preoccupante, "la marea continua a crescere" (come dice il
Cresme per sintetizzare i risultati del suo lavoro di ricerca sull'abusivismo
edilizio). Niente più dei numeri può renderlo chiaro. Gli illeciti
ambientali sono stati 25.469, un dato in linea con quello del 2003. Buona
parte di questi (il 49.1%) continua a concentrarsi nelle regioni a
tradizionale presenza mafiosa e, infatti, la classifica vede ai primi tre
posti, nell'ordine, Campania, Sicilia e Calabria. Crescono, del 3.6%, le
infrazioni nel ciclo illegale del cemento. In questo contesto, la Campania
primeggia e hanno avuto comportamenti da exploit la Puglia (57% in più
rispetto al 2003) e la Toscana (+ 45%).
Sono ancora Campania, Puglia e Toscana le tre regioni a segnalarsi
negativamente nel ciclo illegale dei rifiuti. Ma è un'altra la tendenza da
segnalare e cioè (come anticipato da La Nuova Ecologia nel numero di
aprile) che è in corso un graduale e significativo spostamento dei traffici
illeciti verso il centro-nord del Paese: si sta realizzando una devolution
delle ecomafie.
Sono mille le storie (e le inchieste) raccontate dal dossier di
Legambiente. Ci sono il fenomeno delle infiltrazioni delle cosche nelle
amministrazioni pubbliche e il saccheggio delle coste, le indagini sul
ponte sullo Stretto di Messina e le inchieste che riguardano ogni singolo
chilometro della Salerno Reggio Calabria, i furti di opere d'arte e i
maltrattamenti agli animali.
Ma c'è anche il dramma dei traffici e degli smaltimenti illegali di rifiuti
che riguarda i comuni di Giugliano, Qualiano e Villaricca (in provincia di
Napoli) devastati dalla camorra e che rischiano di pagare le disattenzioni
dello Stato anche con gravi problemi di salute pubblica. Oppure la
segnalazione delle attività di estrazione abusiva di sabbia dall'alveo del
Po: un saccheggio indiscriminato di milioni di metri cubi di sabbia l'anno
che ha moltiplicato i rischi di inondazione e determinato seri fenomeni di
erosione delle spiagge dell'Adriatico.
Anche questo è il Belpaese. Se, come chiede Legambiente al Parlamento, i
delitti ambientali fossero inseriti nel Codice penale, forse alcune di
queste storie di saccheggi avrebbero un lieto fine.
Danilo Chirico
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