(L) intervista PUNTO INF. 2.0

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Autore: SM
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Vecchi argomenti: (L) intervista PUNTO INFORMATICO
Oggetto: (L) intervista PUNTO INF. 2.0
Ho cercato di integrare il tutto con gli input
della lista; se qualcuno vuole aggiungere
qualcosa direi che siamo all'ultimo giro.

S

>1) chi sto intervistando (un nome e un cognome va bene, anche questo "s*phz"
>va bene se me lo spieghi...) nella sfilza di link non ho ben capito quale
>sito curi e precisamente cosa fai per la causa(i tuoi compiti...
>organizzatore, designer, compositore che ne so...)


Nella configurazione dell'editoria digitale i
ruoli tendono a confondersi. Sia quelli di
autore, editore ed etichetta che quelli, ben piu'
salienti, di artista e ascoltatore. Nel nostro
coordinamento alcuni sono editori/etichette,
altri dei musicisti interessati a seguire le
sorti della propria musica senza affidarle a
terzi; altri ancora sono dentro le webradio, uno
strumento sempre più potente di propulsione della
musica libera. E anche, ma lo siamo un po' tutti,
semplici ascoltatori che volgiono prendere parte
a questo cambiamento. Io mi chiamo Sergio
Messina/RadioGladio, per la mia propria causa
personale suono, scrivo e pubblico parte di
quello che faccio in rete, con una licenza molto
permissiva. Ma il bello di Left è che ci sono
molte realtà, e anche opinioni lontane, su certe
cose. Tutti però vogliamo utilizzare il copyright
in maniera diversa rispetto alla norma. Per ora
non abbiamo ruoli specifici.
>2) Un tuo parere sulla diffusione del copyleft negli ultimi anni (è
>aumentata, diminuita...)


Non solo sta aumentando esponenzialmente, grazie
alla diffusione e all'immediatezza della rete
(rispetto al collo di bottiglia sempre piu'
stretto dell'editoria musicale tradizionale), ma
sta iniziando ad essere commercialmente
appetibile, soprattutto per chi fa molti
concerti, ma non solo. La recente apertura delle
major verso alcune licenze di Creative Commons
(palesata dalla concessione di brani di loro
proprietà per la compilation CC di Wired) lo
dimostra. E poi, col web, è inevitabile.

>
>3) perché è così importante la diffusione della musica al di fuori del
>copyright?


Per molte ragioni. Innanzitutto perché modifica
la relazione esistente tra chi fa musica e chi
l'ascolta, uscendo dalle logiche commerciali e
svincolando la musica dal concetto di prodotto
(singolo, pubblicita', marketing, etc.) per
riportarlo su un rapporto di servizio (concerti,
dj set, installazioni etc.). Questo non è solo
politicamente attraente, ma riporta l'attenzione
sulla relazione tra chi fa e chi fruisce,
eliminando qualsiasi mediazione.

Poi perché il copyright, utilissimo all'industria
ma non agli artisti, è di intralcio per tutta una
serie di pratiche nuove e meno nuove come il
cutup, il mashing, il campionamento,
l'interpolazione che stanno rinnovando
profondamente la musica, anche quella da
classifica. Grazie alla viralitàè possibile
creare un'area di musica che sia legalmente anche
un semilavorato ricilabile, com'è di fatto tutta,
ma se ti beccano è un problema. Anche l'Iliade lo
è stato, pare.

E poi perché la rivoluzione digitale suggerisce
l'idea di un copyright variabile, elastico, che
prenda atto del fatto che le idee, le storie, la
musica, una volta pubblicate sono appunto
pubbliche e, com'è sempre stato nella cultura
popolare, reinterpretabili (e quindi
riscrivibili) all'infinito. Niente, nela storia
della conoscenza, è mai stato cristallizzato come
è oggi la cultura; questo rallenta il progresso.
E' evidente coi brevetti sul software, ma è così
per tutta la cultura.

>
>4) è solo un modo per chi non riesce a "sfondare" di essere sul "mercato"?


L'entita' del cambiamento indotto dal digitale è
cosi' potente da rendere inutili tutte e due
queste parole tra virgolette. In una
distribuzione digitale non esistono più le
nicchie (come sa bene Amazon), quindi non serve
"sfondare" per vivere di musica, e meno che mai
serve un "mercato". I mercati sono infiniti, su
molti piani diversi, e ognuno gioca su quelli che
crede. Io per esempio alcune cose le metto in
rete mentre altre le metto su CD; altre ancora
invece vanno prima per radio e poi, semmai, sul
web; alcune le suono dal vivo, ecc.

>
>5) quali tecnologie usate (.ogg , prevalentemente musica elettronica...)


Ovviamente chi fa musica elettronica è
avvantaggiato rispetto a chi deve registrare una
batteria e una tromba. Ma il ventaglio dei generi
della musica libera è enorme. Naturalmente si
scelgono i formati anche sulla base di quello che
usa la gente. Tendenzialmente preferiamo standard
non proprietari come Ogg, ma quasi nessuno di noi
non ha anche una versione in mp3 del proprio
materiale. Anche per lo streaming il ragionamento
è lo stesso: software libero (funzionante, comodo
e spesso gratis) e server pubblici come indivia e
indymedia. Ovviamente questo genera un circolo
virtuoso: fai streaming libero trasmettendo
musica libera su server pubblici, etc.

>6) Non pensi che la produzione volontaria della musica (che non costa ai
>fruitori) abbia dei limiti insiti? (1.lavoro di susistenza 2. limiti
>qualitativi 3.esaurimento dopo il periodo dell'euforia)


Penso che nel 2005 qualsiasi strategia che
preveda una sola modalità sia destinata a
fallire. A titolo personale posso dirti che non
penso che tutta la musica debba essere gratis, e
non tutta la mia lo è (e anche quella che lo è
non lo è per tutti: se la metti in un film, per
esempio, forse mi paghi). Credo che agli autori
vada pagato il giusto prezzo. Che non è né 18.90
per 20 canzoni di cui 3 belle e il resto fuffa,
né niente. Ma dopo anni di 18.90 la musica gratis
è una bella ventata di aria fresca, no? Credo
che, una volta ristabilito il giusto rapporto tra
chi fa musica e chi l'ascolta non ci saranno
problemi di soldi.

Ma le questioni che poni sono interessanti:

1) lavoro di sussistenza: si tratta della vita,
ognuno ha la sua: Philip Glass ha fatto il
tassista per anni dovendo mantenere la famiglia.
Ci sono molti artisti per i quali il ricavato dei
CD si aggira intorno al 5% l'anno (il 95% essendo
dei concerti). A questi la musica converrebbe
regalarla e fare qualche data in piu'. Inoltre
tra di noi c'e' chi pensa che "l'accelerazione
cognitiva alla quale e' costretto chi fa
tutt'altro per sopravvivere e dedica il tempo
della passione alla musica, produce
un'alterazione della coscienza dalla quale
scaturiscono perle di rara bellezza. Non in
termini di canone estetico, ma di passione. E, a
parte gli artisti-professionisti, il 90 per cento
di chi fa musica la fa in queste condizioni e lo
fa sostanzialmente perche' e' una pratica che dà
piacere, che permette di resistere psichicamente
all'urto della colonizzazione lavorista su tutti
gli aspetti della vita, ma anche di
contrattaccare, riportando il godimento in una
posizione centrale della vita quotidiana."

2) I limti qualitativi oramai sono quasi
virtuali, e la musica che suona meglio nel 2005 è
fatta con macchine qualsiasi. E' ovvio che la
qualità tecnica può migliorare, e che oltre un
certo livello di sofisticazione ti servono certi
procedimenti che puoi ottenere solo in studio. Ma
c'è ampio spazio per arrivarci, e quello che esce
dal tuo PC già va benissimo. Sul lato artistico
non c'è discussione: nessuna casa discografica,
meno che mai in Italia, ha mai avuto nulla a che
fare con la bontà dell'arte che pubblicava.

3) Ben venga l'esaurimento del downloading facile
e l'ascolto distratto. Un altro nostro obiettivo
comune è di diffondere della musica che a noi
pare rilevante, e non prevedo un esaurimento
dell'euforia per la buona musica prima del 25.358
dopo Cristo.


>7) il tuo messaggio alle major


What goes around comes around (proverbio inglese,
vagamente equivalente a chi la fa l'aspetti)
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