I ricercatori precari e le ricercatrici precarie di Roma esprimono la
loro solidarieta' alle persone che, dopo la decisione del tribunale del
riesame di ieri, rischiano la propria liberta' individuale per le
manifestazioni contro la precarieta' del 6 novembre 2004 a Roma.
La decisione del tribunale e' sorprendente, in quanto accoglie le
ipotesi paranoiche del pubblico ministero Salvatore Vitello. Il solerte
magistrato intende far passare le manifestazioni del 6 novembre per
"rapine aggravate": attraverso la via giudiziaria, si vuole cosi'
impedire la mobilitazione contro il carovita e la precarieta' diffusa. I
provvedimenti, dunque, non colpiscono solo le persone toccate
direttamente, ma tutti e tutte coloro che in questi mesi stanno
lottando, ciascuno con le proprie modalita', contro la precarieta'.
Qualsiasi espressione di dissenso viene infatti regolarmente
criminalizzata; le istituzioni, incapaci di affrontare sul piano
politico i temi sollevati dai movimenti, delegano la risposta alla
magistratura. Non e' un caso che il P.M. Vitello sia anche il
responsabile del sequestro del sito di Indymedia Italia con il pretesto
della pubblicazione anonima di una foto del Papa. Ne' e' un caso se
altre mobilitazioni, come quelle sacrosante per il diritto alla casa, si
trasformino in "associazioni a delinquere" negli atti dei giudici (e il
23 maggio il tribunale del riesame si esprimera' anche su questo).
Per noi precari e precarie, le manifestazioni del 6 novembre hanno posto
all'attenzione dell'opinione pubblica un problema sociale e politico, e
non bastera' la decisione di un magistrato a farci cambiare idea.
Intendiamo continuare a lottare su questo terreno, e pretendiamo che con
noi possano farlo anche le persone che oggi rischiano la loro liberta'
per questo.