Il sequestro del sito di Indymedia da parte del Gip di Roma rappresenta una
delle vicende paradossali di questi anni diffìcili per l'informazione nel
nostro paese. E' veramente incredibile che un magistrato inquirente chiuda
un organo di informazione perché pubblica i messaggi - anche irriverenti
-di posta elettronica che riceve. E tra questi uno contenente un fotomontaggio
di papa Ratzinger in divisa nazista.
Questa è l'Italia del 2005. Un paese nel quale la magistratura è costretta
ad ammettere di non poter perseguire i responsabili delle stragi, dei grandi
fatti di cronaca o che depenalizza il falso in bilancio per togliere dai
pasticci gli amici del premier. E la Corte di Giustizia Europea da torto
agli inquirenti che protestano. Un paese scivolato drammaticamente al settantottesi-mo
posto della classifica mondiale della libertà di stampa a causa dei conflitti
di interesse e delle iniziative repressive di una parte della magistratura
inquirente.
Ma invece di risolvere tutti questi problemi il vero assillo sembra essere
quello di impedire a quei «sovversivi» di Indymedia di schernire e dileggiare
il papa. Il problema è privare quei ragazzacci della possibilità di pubblicare,
come fanno sempre, le mail che ricevono. E che talvolta graffiano e tal altra
escono dalle righe e dicono, anche con i fotomontaggi, cose che non possono
essere condivise francamente nemmeno da me. Insomma un conto è il cattivo
gusto un altro è ledere in maniera così drastica la libertà di espressione.
L'informazione è malata, i condizionamenti si fanno sempre più massicci e
pressanti, gli operatori della comunicazione cominciano ad avere paura. Quelli
che, per dirla con Ciampi, hanno la schiena dritta, sono additati al pubblico
ludibrio dai moderati in servizio permanente effettivo.il conflitto di interessi,
la Gasparri che continua a squilibrare il sistema, le concentrazioni, l'aggressione
violenta al servizio pubblico radiotelevisivo non sembrano rappresentare
per nessuno una priorità, una buona ragione per impegnarsi in una proposta
alternativa. Persino la legge sui codici militari, che vuole mandare in galera
gli inviati di guerra troppo «curiosi» di ciò che accade nelle missioni di
pace, rischia di passare senza una vera battaglia parlamentare, così come
l'iniziativa del ministro degli interni, che - da noi recentemente denunciata
pubblicamente - impedisce ai giornalisti di entrare nei centri di accoglienza
per gli extracomu-nitari rendendo impossibile raccontarne i drammi umani
individuali e collettivi.
Questa è l'Italia del 2005: si persegue il reato di vilipendio alla religione,
di dileggio del pontefice ma non si affrontano i gravi nodi di sistema che
rendono più forti i forti e più deboli i deboli. A cominciare dalle televisioni,
per arrivare alle grandi difficoltà in cui verserebbero quotidiani di idee
e di movimento, periodici religiosi e del volontariato se il governo confermasse
l'intenzione di tagliare i pochi contributi a disposizione. In una situazione
di mercato pubblicitario sempre più squilibrata.
Occorre una seria e forte mobilitazione di cittadini, prima ancora che di
operatori dell'informazione, per sostenere l'attuazione del principio costituzionale
previsto dall'articolo 21 e che garantisce la libertà di espressione. Una
mobilitazione come quella che mettemmo in campo per liberare Giuliana Sgrena
e subito dopo per l'incredibile uccisione del suo liberatore Nicola Cali-pari,
due momenti significativi nella storia del giornalismo libero. Anche per
questo è un fatto gravissimo -abnorme per una democrazia avanzata - il sequestro
del sito di Indy-media che offende la coscienza civile e la libertà di informazione
del nostro paese.