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Il presidente dei Ds: "Sicurezza e ordine devono basarsi sul diritto internazionale"
D'Alema: "Giusto espandere la democrazia, anche con la forza"
di GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA - Tema "delicato", soprattutto quando si parla del programma del centrosinistra per il 2006. Si può esportare la democrazia? E se sì, con quali mezzi? Massimo D'Alema indica la sua strada sapendo che quando arriverà sul tavolo di tutta l'Unione sarà un problema. "Esportare la democrazia con successo vuol dire non escludere a priori il tema dell'uso della forza", dice il presidente dei Ds al seminario della fondazione Italianeuropei che ruota intorno al progetto riformista.

Il suo è un discorso tutto incentrato sulla politica estera e oggi politica estera significa anche come stare nel dibattito guerra-pace. Platea abbastanza amica, a parte, in prima fila, il comunista Armando Cossutta che scuote la testa: "Simpatici, questi riformisti, ma dicono molte cose sbagliate... ".

Il punto di partenza di D'Alema è: "L'idea neocon di esportare la democrazia è giusta, è un grande obbiettivo", "la sicurezza è nell'espansione della democrazia" e la questione dovrà essere assunta dal centrosinistra. Sicurezza e ordine dovranno essere basati "sul diritto internazionale e non sull'uso della forza", aggiunge l'ex premier e più tardi, a margine del seminario, D'Alema spiegherà che il suo riferimento è alle emergenze umanitarie e in un ambito, naturalmente, multilaterale. Quello che è già avvenuto in Kosovo, in sostanza. Ma oggi bisogna guardare oltre. "Il multilateralismo - spiega D'Alema - non deve essere interpretato come condivisione di impotenze o accettazione dello status quo, ma come un sistema in grado di intervenire efficacemente, superando la visione ottocentesca della sovranità nazionale".


È evidente che il presidente della Quercia ha già lo sguardo rivolto agli impegni di governo del centrosinistra, parla di "un terreno di confronto con la destra americana".

E che il tema sia all'ordine del giorno, non solo guerra e pace ma anche Italia e Stati uniti e Europa-Usa, lo testimoniano tutti gli altri interventi. Sull'uso della forza Piero Fassino ha fatto da apripista e oggi dice a D'Alema: "È un tema impopolare ma giusto". Semmai qualche differenza tra segretario e presidente ds emerge quando si affronta il tema del rilancio europeo. Fassino avverte: "Ripartire dai Paese fondatori, come dice Massimo, ma coinvolgendo anche gli altri e soprattutto i protagonisti dell'allargamento. Guai a immaginare un'iniziativa solo nell'ambito dei Quindici". Sulla democrazia da espandere Francesco Rutelli osserva: "Qualcuno dice che gli Usa di Cheney, il Cheney che considera giusta la prigione per Nelson Mandela, non possono essere paladini della democrazia. Ma loro una politica ce l'hanno...".

È Giuliano Amato a calare nella realtà prossima ventura la discussione sull'uso della forza, rispondendo alle domande del direttore di Repubblica Ezio Mauro che modera il confronto con Prodi e D'Alema. "Il caso iraniano è davanti a tutti. Ecco, io penso che dobbiamo usare il soft power, l'Iran ha tutte le risorse per passare da solo dall'autoritarismo alla democrazia. Se mi chiedete cosa penso dell'uso della forza per estendere la democrazia dico no, la forza serve a difendere la democrazia se qualcuno la mette a repentaglio".

È la ferita irachena a pesare su un dibattito che non può essere solo teorico. Ferita che significa: quale rapporto con gli Stati uniti. E Romano Prodi è chiarissimo: "Con gli Usa, da presidente della Ue, ho lavorato benissimo. Ma con loro ho sempre litigato sull'Iraq". Si può ricucire il legame? "La guerra irachena - risponde Prodi - è stato un errore storico e su questo punto non voglio aggiustare nulla con gli Stati Uniti". Dal vertice della commissione Ue la crisi tra Vecchio continente e Washington deve avere lasciato strascichi più profondi. Il Professore infatti si scalda: "Sui libri di storia c'è scritto che ha esportato più democrazia l'Europa o gli Stati uniti?". Domanda retorica, ovviamente. Ma che dice come uno temi del confronto sul programma nell'Unione sarà proprio la relazione con l'America, dopo gli anni dell'opposizione alla guerra e alle politiche di George Bush.
(4 maggio 2005)
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