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Allarme: la «pillola dell'obbedienza» torna in farmacia
di Marina Piccone
Tra pochi giorni, il Ritalin, un farmaco a base di metilfenidato, un'anfetamina,
sarà di nuovo in commercio su decreto del Ministero della Salute. Servirà
a curare il cosiddetto «Disturbo da deficit dell'attenzione con iperattività»
(Adhd: Attention Deficit Hyperactivity Disorder), una sindrome che colpisce
bambini in età scolare e prescolare, caratterizzata da irrequietezza, difficoltà
di concentrazione, sbadataggine, impulsività, svogliatezza, poca disponibilità
all'ascolto. Il metilfenidato, il principio attivo del Ritalin, è stato scoperto
da un ricercatore italiano nel 1955. Brevettato dalla Novartis Pharma, una
multinazionale svizzera, il Ritalin veniva utilizzato per pazienti psichiatrici
depressi e nei casi di epilessia. Nel 1989 è stato messo fuori commercio,
perché utilizzato come dimagrante e come psicostimolante da studenti. Fino
al marzo dello scorso anno, compariva nella sottotabella I della Tabella
n. 7 della Farmacopea, insieme alla cocaina, agli oppiacei, all'eroina e
all'Lsd. Da quella data, è passato, per decreto ministeriale, nella sottotabella
IV, dove sono presenti le benzodiozepine, gli psicofarmaci per intenderci.
All'interrogazione parlamentare con la quale Tiziana Valpiana di Rifondazione
Comunista chiedeva lumi al ministro Sirchia su questa promozione, il sottosegretario
alla Salute Antonio Guidi ha risposto che mantenere il Ritalin nel posto
originario «avrebbe significato porre un ostacolo all'accesso del farmaco
da parte dei giovani pazienti affetti da Adhd». E per qunto riguarda i pericolosi
effetti che uno stupefacente può avere su un organismo in età evolutiva,
Guidi ha assicurato che il farmaco si potrà ottenere solo con una ricetta
speciale.
In America e in Inghilterra si fa largo uso di questo medicinale da vari
anni. In particolare, negli Stati Uniti dai quattro ai sei milioni di bambini
«iperattivi», dai tre anni di età, vengono trattati con il Ritalin, che è
stato soprannominato la cocaina dei bimbi o anche «la pillola dell'obbedienza».
Tuttavia, solo qualche giorno fa la Food and Drug Administration, l'ente
americano che si occupa dei farmaci, ha rilasciato un parere allarmante secondo
cui i bambini depressi trattati con farmaci antidepressivi presentano comportamenti
autolesionisti. Anche nella scheda tecnica del Ritalin si legge che «un uso
abusivo può indurre una marcata assuefazione e dipendenza psichica con vari
gradi di comportamento anormale». È così? «Si tratta di uno psicofarmaco
e, come tale, può dare simili effetti» risponde un medico della Novartis,
che preferisce rimanere anonimo. Nella scheda c'è scritto anche: «Si richiede
un'attenta sorveglianza anche dopo la sospensione del prodotto poiché si
possono rilevare grave depressione e iperattività cronica».
In pratica il farmaco provocherebbe gli stessi effetti che dovrebbe curare.
«È una cosa che avviene per molti farmaci», continua il medico. Quello che
conta, aggiunge, è che il Ritalin «ha un'incredibile efficacia nella patologia
dell'Adhd, come dimostra un'impressionante mole di dati scientifici».
Ma che dire degli effetti collaterali? La «Guida all'uso dei farmaci per
i bambini», distribuita dal Ministero della Salute, Direzione generale dei
farmaci, parla di: «cambiamenti di pressione sanguigna, angina pectoris,
perdita di peso, psicosi tossica, possibilità di suicidio durante la fase
di astinenza». Non è un po' preoccupante? «I farmaci fanno male, è una cosa
risaputa» chiarisce Stefano Vella, direttore del Dipartimento del Farmaco
dell'Istituto Superiore di Sanità. «Anche l'aspirina ha provocato decessi.
E, però, quando le medicine servono, vanno somministrate. Il cervello si
ammala come tutti gli altri organi, e, come negli altri casi, va curato.
Il Ritalin funziona, se somministrato correttamente e al bambino giusto.
L'importante è non abusarne». E, per evitare abusi, il Ministero della Salute
ha istituito il Registro Italiano dell'Adhd, che servirà a controllare la
correttezza delle prescrizioni, che saranno fatte esclusivamente da Centri
d'eccellenza istituiti nelle diverse Regioni, e a valutare gli effetti.
L'Adhd, dunque. Ma di cosa si tratta esattamente? Per ammissione degli psichiatri
stessi, fino ad oggi non c'è unanimità sulla diagnosi. «Ci sono molti dubbi
che la cosiddetta sindrome dell'Adhd esista - afferma Enrico Nonnis, neuropsichiatra
infantile della Asl Rm E - Ammesso e non concesso, coinvolge, comunque, un
numero di soggetti molto inferiore a quanto si vuol far credere. È una patologia
non chiara anche perché chi soffre di iperattività presenta altre categorie
diagnostiche sintomatologiche come la depressione, i disturbi ossessivo-compulsivi,
i disturbi dell'apprendimento e del linguaggio, ansia e disordini dell'umore.
Tutti sintomi per i quali il Ritalin non sarebbe indicato».
Vella bolla di oscurantismo chi mette in dubbio l'esistenza di questa malattia.
«L'Adhd esiste, eccome. Ci sono famiglie distrutte da questo problema. Certo
gli americani usano una griglia un po' troppo larga per la valutazione, ma
da qui a dire che la patologia non esiste ce ne corre». E quanti sono i bambini
malati in Italia? «Non lo sappiamo» risponde Vella. «Il Registro è nato anche
per verificare questo».
Una ricerca di tipo epidemiologico volta ad individuare l'incidenza di disturbi
mentali nei ragazzi dagli 11 ai 14 anni, partita nel novembre del 2002 e
appena conclusa, ha evidenziato che meno del 2 per cento della popolazione
preadolescente soffre di Adhd. «Il problema è molto meno frequente di quanto
si ipotizzasse» ammettono i ricercatori dell'Istituto di Neuropsichiatria
infantile Eugenio Medea di Lecco, uno dei futuri Centri d'eccellenza, che
ha promosso la ricerca autorizzata dall'Istituto superiore della Sanità e
finanziata dal Ministero della Salute.
E allora? «Attenzione - avverte Nonnis -. Il Ritalin si sta rivelando un
cavallo di Troia. Il neonato Registro Italiano dell'Adhd ha avallato l'esistenza
di questa patologia che deve essere curata necessariamente con farmaci. Si
tratta di un'operazione un po' commerciale e un po' politica. Si perpetua
una cultura e si mantiene un'abitudine che è quella di ricorrere al farmaco
come unica possibilità di cura, una specie di deus ex-machina. Dal Ministero
mi aspetto lo stesso zelo e la stessa attenzione nel predisporre servizi
per l'infanzia e nel creare una cultura della salute. La risposta ad un bambino
iperattivo o comunque ad un bambino che manifesta un disagio psicologico,
non può essere prevalentemente farmacologica; deve essere soprattutto di
tipo sociale, psicoterapeutico, di collaborazione con la famiglia e con altre
istituzioni come la scuola».