Come avevano annunciato, la rivoluzione del mondo del lavoro è davvero avvenuta.
Me è davvero una riforma? La flessibilità non maneggiata con cura fa male ai
lavoratori. Prima si è tentato di presentarla negli aspetti migliori: un impiego
senza orari, adattabilità alle esigenze personali, maggiore libertà nella
gestione del lavoro. Poi però, i fatti lo dimostrano, in molti casi la
flessibilità si è rivelata per quello che è: unarma nelle mani delle aziende,
che in questo modo sono totalmente svincolate dal destino del lavoratore, lo
usano e lo gettano senza nemmeno dire grazie. I salari non sono aumentati, il
mercato del lavoro non è diventato più dinamico. E di diritti manco a parlarne.
Per questo la flessibilità è soltanto una piccola bugia contenuta in un dramma
più grande, forse una piaga generazionale: la precarietà. Lo sanno per esempio i
pionieri del telelavoro, attirati dieci anni fa dal miraggio di un impiego
gestito in maniera innovativa. Lo hanno capito i lavoratori atipici, in costante
aumento: dall'approvazione della riforma Biagi, che due anni fa ha introdotto
decine di nuovi contratti, gli italiani atipici sono diventati più di cinque
milioni, quasi quanti gli operai dellindustria. Intanto incombe il pericolo
della "direttiva Bolkestein" che, se venisse ripescata, rappresenterebbe una
corsa al ribasso delle offerte d'ingaggio in Europa, da far concorrenza alle
fabbriche cinesi.
Ma un precario può appassionarsi in quel che si fa? Come riesce a progettare il
futuro per sè e per gli altri? Se anche tu fai parte della grande famiglia
raccontaci la tua storia inviando una e-mail a storie@??? . Le storie più
interessanti saranno pubblicate su lUnità.
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