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VERONICA BERLUSCONI: ANDRÒ A VOTARE AL REFERENDUM
In un'intervista la moglie del premier annuncia il suo voto al referendum,
confessa un aborto terapeutico e prende velatamente le distanze dal marito
anche sulla riforma costituzionale
In quattro anni di governo, Silvio Berlusconi ha citato di rado le opinioni
della moglie Veronica e ancor più raramente riferendone il punto di vista
su questioni di coscienza o politiche. Conosce il tipo e sa di non farle
cosa gradita. Ieri invece, a sorpresa, il Cavaliere ha alluso a presunte
divergenze domestiche a proposito del referendum sulla procreazione assistita,
fissato per il prossimo 12 giugno.
«Sulla data, non fatemi litigare con mia moglie» ha confidato a qualche
interlocutore e subito Volontè, dell?Udc, ha chiarito che la data del referendum
non si cambierà, giammai: né per Pannella né per Veronica. Ignara di essere
(quasi) al centro di un dibattito politico, Veronica Berlusconi lo scopre
per via del cronista e, questa volta, non tace. Accetta l?intervista, forse,
anche per una ragione molto personale, un ricordo tra i più dolorosi della
sua vita, un evento di cui non ha voluto parlare neppure nel libro a lei
dedicato.
Negli anni Ottanta, prima che nascesse la primogenita Barbara, Veronica
si sottopose a un aborto terapeutico rinunciando al figlio che lei e Silvio
Berlusconi avevano voluto. Decise di non averlo perché quel bambino non
sarebbe nato sano. Di quella scelta lontana, e di molte altre cose, dal
rimpianto per non poter partecipare oggi ai funerali di Giovanni Paolo II
alla sconfitta delle regionali, parla in quest?intervista.
Insomma, per via del referendum lei rischia un litigio in famiglia?
«L?ultima cosa che vorrei, in queste ore dedicate al ricordo del Papa, è
innescare una polemica, pubblica o domestica. In realtà, non è che mio marito
ed io abbiamo molto discusso dell?argomento referendum e neppure io conosco
davvero il suo pensiero. Perciò, posso parlare di me, di quel che sto facendo
per formarmi un?opinione. Certo, mio marito è davvero un tipo speciale:
con quella battuta su Veronica testimonial mi fa quasi sentire una in gara
a "dilettanti allo sbaraglio". Sul tema delle biotecnologie e della procreazione
assistita dibattono da tempo personaggi ben più illuminati di me».
Andrà a votare il 12 giugno?
«Andrò a votare. Questo referendum affronta questioni su cui è doveroso
formarsi un?opinione. Mi sembra quasi di essere tornata agli anni Settanta,
quando il diritto all?aborto diventò un argomento di discussione quotidiana.
In questo caso, la quantità e qualità dei temi da affrontare è ancora più
impegnativa, non c?è solo la negazione della vita, ma anche la vita e la
malattia. Come allora, ci sentiamo tutti un po? impreparati.
Negli anni Settanta, ricordo, la discussione sull?aborto ruppe quel muro
di silenzio e di vergogna che opprimeva l?animo di una donna costretta a
quella scelta. Nell?aborto non c?era soltanto il rischio di morire e la
morte che dolorosamente si infliggeva, ma anche il silenzio, tremendo, che
accompagnava la scelta e che veniva mantenuto: non si ama parlare di qualcosa
che si è perduto».
Perciò, in che modo si sta formando un?opinione?
«Se si chiede a un cittadino di esprimersi su questi argomenti, credo che
la prima, istintiva, reazione, sia di guardare alle proprie personali esperienze
o di immedesimarsi in quelle degli altri. Per quanto mi riguarda, c?è un?esperienza
personale che mi fa riflettere. Ho avuto un aborto terapeutico, molti anni
fa.
Al quinto mese di gravidanza ho saputo che il bambino che aspettavo era
malformato e per i due mesi successivi ho cercato di capire, con l?aiuto
dei medici, che cosa potevo fare, che cosa fosse più giusto fare. Al settimo
mese di gravidanza sono dolorosamente arrivata alla conclusione di dover
abortire. È stato un parto prematuro e una ferita che non si è rimarginata.
Ancora oggi è doloroso condividere pubblicamente quell?esperienza, ma in
un momento in cui tanti di noi si sentono immaturi, impreparati, rispetto
alla conoscenza della legge 40, ai contenuti del referendum, ecco, sapere
come andavano le cose venti o trenta anni fa, quando la scienza non era
così avanti come oggi, potrebbe essere utile».
Come sa, la Chiesa suggerisce di astenersi dal voto nel giorno del referendum.
«Se da noi, in Italia, certe tecniche fossero proibite, si andrebbe all?estero
e mi spaventa l?idea che altri Paesi, meno scrupolosi, potrebbero consentire
qualsiasi cosa. Non andare a votare significa non voler affrontare il problema.
Essere chiamati al voto, invece, impone di informarsi, magari in linea con
le proprie convinzioni religiose, filosofiche o politiche. L?importante
è non fingere che il problema non esista. Penso che in certe circostanze
l?umanità debba sforzarsi».
Come guarda alle biotecnologie?
«Con speranza. Questo è fuori discussione. Ma siamo chiamati a rispondere
a domande che riguardano la vita e la morte, la scienza corre veloce e per
stare al passo occorre lavorare su noi stessi, darsi delle risposte».
A proposito di risposte. Ha visto quanta gente è calata su Roma dopo la
morte di Giovanni Paolo II. È anche questo un modo di cercare risposte?
«Mi colpisce questa partecipazione fisica, questo desiderio di vicinanza,
quasi un ultimo abbraccio. È un grande atto d?amore. Anch?io avrei voluto
essere lì, in queste ore: mi è rimasta impressa la sofferenza del Papa degli
ultimi anni, ogni volta che lo vedevo, in tv, sembrava quasi che il dolore
fisico volesse negare lo spirito, che quel suo corpo malato gli impedisse
di parlare, di esserci, lui che da giovane scriveva versi, che aveva fatto
teatro. Invece, ogni volta, Giovanni Paolo II era più forte dell?impedimento.
Ci ha insegnato a leggere il dolore in maniera diversa, ci ha mostrato che
la forza può accompagnare il dolore».
Perché non sarà a Roma oggi?
«Mi è stato spiegato che la basilica di San Pietro era già stracolma, i
posti per le delegazioni ufficiali già assegnati. Perciò seguirò, con partecipazione,
da lontano come tanti fedeli».
Sono giorni intensi, sotto i più diversi aspetti. Anche la politica ha offerto
grandi novità. Come si giudicano, da Macherio, le regionali di domenica
scorsa?
«Silvio Berlusconi non era in campo, questa volta, non c?era la nave azzurra.
La domanda da porsi, forse, è: le altre volte ha vinto lui o ha vinto il
partito? e stavolta ha perso lui o il partito? Non ritengo che la sua parabola
politica possa dirsi conclusa. Certo, ci sarebbe da chiedersi se sia davvero
giusto che ogni volta un uomo debba vincere "da solo", senza la forza di
un partito dietro».
A proposito di partito: come mai Barbara ha preferito non impegnarsi in
Forza Italia?
«Barbara sta ancora cercando la sua identità e la sua strada attraverso
lo studio. È in una fase in cui sta maturando la futura visione di se stessa
e sta frequentando la facoltà di Filosofia dell?università del San Raffaele.
Considero legittimo il suo desiderio di essere vicina al padre, le figlie
vogliono sempre proteggere i padri, ma la politica può affascinare, e anche
travolgere, una personalità ancora in formazione. Perciò condivido la sua
scelta».
L?intervista finirebbe qui, ma non per Veronica Berlusconi. «Posso chiederle
una cortesia?» dice mentre stiamo per salutarci.
Prego.
«Se mio marito, in futuro, dovesse chiamarmi in causa per difendere la nuova
Costituzione, la prego, non mi telefoni».
Gaynews.it: Maria Latella per il ?Corriere della sera? - 09 Aprile 2005