[LeMacerie] lettera di Bart de Geeter dal carcere - copia-in…

Delete this message

Reply to this message
Autore: mickscopa
Data:  
Oggetto: [LeMacerie] lettera di Bart de Geeter dal carcere - copia-incolla da Crocenera(A)
Copia-incolla:

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
lettera di Bart de Geeter dal carcere


Quello che segue è il testo di una lettera scritta dal carcere di Dusseldorf
da Bart, uno dei quattro compagni arrestati ad Aachen per rapina.

“Chi è vivo travolge tutto per vivere e crea, per vivere, le sue leggi, è
irresistibile.”
-Antoine de Saint-Exupéry-

Alcuni compagni mi hanno chiesto di scrivere qualcosa su di me. Io non sono
tipo da scrivere troppo. Tuttavia, essendo isolato da qualsiasi possibile
interazione mi vengono in mente molte riflessioni.
Io sono un anarchico di 26 anni, sono portatore di queste idee da circa 3-4
anni e vivo in una sorta di simbiosi con esse. Esse mi hanno plasmato come io
le ho plasmate in funzione della mia personalità e delle mie esperienze. Così
la natura del nostro rapporto è passata dalla semplice conoscenza alla
passione, accompagnata da discussioni e dubbi quotidiani a seconda dei
conflitti che noi cerchiamo con l’esistenza che ci impongono.
L’anarchia è diventata una necessità. Ho assaporato la libertà molto bene
tanto da individuo che collettivamente, sganciato dalla routine quotidiana
dell’esistenza capitalista. Ne ho ancora il sapore in bocca e tutto il resto
non mi ispira che disgusto.
Ogni giorno ci muoviamo nella rete dei rapporti di potere, un “matrix” che ci
impone un ruolo privo di ogni importanza in rapporto alla unicità della
nostra personalità e dei nostri desideri. Dobbiamo dividere la nostra
giornata tra un’economia allo stremo (senza fiato) e una burocrazia che si
aggroviglia su se stessa, per farci dimenticare definitivamente ogni nostra
propensione alla spontaneità. Andiamo dal dottore, dallo psichiatra per
problemi di droga, di depressione…per ritrovarci di nuovo in una fossa con
la corda intorno al collo. “Ma perché allora?”, si chiede lo zapper teso.
Ogni luogo e ogni momento per la collettività ci vengono confiscati. Ma noi
siamo diventati più liberi, no..? Le nostre democrazie virtuose ogni giorno
ci prendono a calci sotto la cintura ma noi non ce ne accorgiamo più. Tutte
le velleità o i sentimenti d’amor proprio si diluiscono nel “benessere
comune”. Ognuno/a apporta la sua pietra all’edificio per guadagnare
onestamente il suo pane, cioè curva la schiena per mantenere i privilegi
della borghesia. Accecati da una falsa etica del lavoro ci perdiamo dentro le
nostre stesse vite. Non ci ricordiamo più nemmeno che il mondo è in fiamme.
Siamo talmente persi nel nostro riflesso che la guerra sociale ha perso per
noi ogni significato.
E’ lì che comincia la nostra lotta, sbarazzarci della disperazione moderna
che ci fa affondare. Riconoscere la nostra lotta come individui e attraverso
questa lotta trovare dei complici, per scoprire così la nostra forza
collettivamente.
La cosa più deplorabile è che io ho visto anche tra gli anarchici questo
abbattimento attraverso gli anni, e che questo è davvero contagioso. Basta
vedere come rimasticano le vecchie formule e la tradizione di sinistra. Sulla
combattività della sinistra non abbiamo bisogno di dire molto. Essa è
divenuta un preludio, una parte pregnante di questo sistema a cui la
democrazia rinvia per dimostrare la sua tolleranza. Altri a quanto pare si
perdono perché non riescono a organizzare le masse.
Noi sappiamo che la realtà è marcia. Ma non possiamo lasciarci intrappolare.
Sappiamo che siamo una piccola minoranza.. La nostra mancanza di efficacia
non è una ragione per distogliere il nostro sguardo dalla luce all’orizzonte,
tuttalpiù è una ragione per restare molto critici e per lottare di più.
La “speranza” è in noi e nella nostra lotta. Attendere nella speranza non è
che un riflesso cristiano che ci fa cadere nell’impotenza. Il conflitto è
permanente e resterà una costante. Non foss’altro che per preservare la
nostra dignità. E’ quello che mi hanno insegnato l’anarchismo e la realtà.
Ora, nelle mani del nemico, io vedo per la prima volta dall’interno
l’apparato repressivo. Mi avevano insegnato che la prigione è il riflesso
della società. Se è così, allora è davvero triste. Ho già scritto ad alcuni
di avere l’impressione di essere tornato a scuola per la mentalità meschina
che c’è qui e della routine imposta. Questo la dice lunga sul sistema
scolastico o sulle prigioni…
E’ assurda, se la si contempla, questa situazione. Io torno da una breve ora
di passeggio e il mio cane da guardia è pronto davanti alla porta aperta. Lui
dice “silenzio”, talvolta perfino con fare amicale e poi mi chiude dentro per
ventitré ore. La buona educazione democratica. Certo, sicuro, è un lavoro
come un altro. Seguire le regole, qualsiasi esse siano. Se domani mi devono
picchiare non avranno molti scrupoli a farlo. Ecco di nuovo l’etica del
lavoro.. Dopo tutto io sono il prigioniero qui. Ora sento cantare per tutto
il tempo i sorveglianti lungo il corridoio: “Sì, lui vive ancora, vive
ancora”. E penso agli annunci dei suicidi che qui sono regolarmente oggetto
di conversazione. Il cinismo e il fatalismo tappezzano i corridoi… Ma non
fanno che rinforzare le mie convinzioni.
La prigione farà sempre parte dell’esperienza di un anarchico e del movimento
anarchico. Se noi non le diamo un posto importante nelle nostre azioni e
organizzazioni, siamo destinati a lottare nell’illusione e a vivere tradendo
le nostre idee.
Voglio concludere dicendo che se non trovi in te stesso la necessità di
lottare , è meglio che tu smetta di parlarne. L’anarchismo non diventerebbe
che un’astrazione. Si esaurirebbe in uno spettacolo di moda per alcuni o in
una sorta di spirito avanguardista per altri. La solidarietà rivoluzionaria,
il tessuto che congiunge le nostre lotte, vive nel riconoscere come nostre
lotte quelle degli altri e poi nell’azione che ne scaturisce. Il resto non
sono che chiacchiere borghesi.
Colgo qui l’opportunità per salutare i miei tre compagni con un abbraccio
caloroso. Fino al giorno della farsa giudiziaria. Non vedo l’ora di
rivedervi. Il semplice fatto di pensarci fa comparire un sorriso sul mio viso.
Voglio augurare a tutti gli altri coraggio, a coloro che lottano contro
l’isolamento delle prigioni o che sono rinchiusi per la loro ribellione
contro ogni forma di potere.
Che noi possiamo spingere come fa l’erba cattiva attraverso le loro
costruzioni in cemento.
Ancora un abbraccio caloroso a tutti coloro che sono con me.
Il mio cuore è con voi.
Per l’anarchia e la fine di questo spettacolo.
Bart

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Michele