[Lecce-sf] Fw: [antiamericanisti] "Il pacifismo ha fallito"

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Aihe: [Lecce-sf] Fw: [antiamericanisti] "Il pacifismo ha fallito"

----- Original Message -----
From: "Piera Graffer" <piera.graffer@???>
To: <antiamericanisti@???>
Sent: Saturday, March 26, 2005 11:18 PM
Subject: Re: [antiamericanisti] "Il pacifismo ha fallito"


>
> Comlpimenti per l'articolo.
> E grazie infinite per la recensione del mio libro nel tuo blog.
> Buona Pasqua a te e ai tuoi.
> piera
>
> ----- Original Message -----
> From: "Kelebek" <kelebek@???>
> To: <antiamericanisti@???>
> Sent: Saturday, March 26, 2005 6:45 PM
> Subject: [antiamericanisti] "Il pacifismo ha fallito"
>
>
>
> Alcune riflessioni sono interessanti, altre ovviamente non le condivido

:))
>
> Miguel Martinez
>
>
>
>
> >Affinché Porto Alegre non segni la partenza di un viaggio nel nulla
> >
> >
> >
> >di Paolo Barnard
> >
> >
> >George W. Bush ha vinto. Questo è un fatto. Ha vinto nonostante un fuoco
> >di sbarramento forse senza precedenti nella storia del movimento
> >progressista moderno, e cioè nonostante sia stato bersagliato da ogni
> >sorta di critica, scandalo, fallimento, da proteste, film, documentari,
> >scoop giornalistici, nonostante milioni di attivisti nel mondo abbiano
> >dato il meglio di sé per rendere pubblica l'iniquità delle politiche
> >neoconservatrici. Nonostante tutto questo, e di più, egli ha vinto.
> >Esattamente 30 anni fa, un altro presidente americano fu costretto a
> >dimettersi per molto meno. Richard Nixon aveva tramato e mentito agli
> >americani, G. W. Bush ha tramato, mentito, trascinato il suo Paese in due
> >guerre, causato la morte di almeno 104.000 persone, ha fallito
> >nell'intento di rendere l'America e il mondo più sicuri, è implicato in
> >scandali domestici colossali fra Enron e Halliburton, ed è protagonista

di
> >un conflitto di interessi da far impallidire il peggior Berlusconi. E ha
> >vinto.
> >
> >E mentre il Presidente americano trascina verso nuovi orizzonti di
> >impunità l'ideologia che sta così penalizzando la collettività planetaria
> >di uomini, donne, animali e piante, con danni forse irreparabili, altri
> >continuano a perdere: i poveri, l'ambiente, la pace e la stessa
> >intelligenza umana. Continuano a perdere. Ora, se questo, e la colossale
> >mole di altre evidenze, non ci scuote, se non è sufficiente a farci

aprire
> >gli occhi e ad ammettere che stiamo perdendo, cosa altro lo farà? Stiamo
> >perdendo, e riconoscerlo deve essere il primo, traumatico passo che il
> >Movimento deve fare per non soccombere per sempre.
> >
> >Il documento che segue riconosce la vitale importanza dell'esistenza oggi
> >di un Movimento, identificato nelle rappresentanze riunitesi a Porto
> >Alegre e nei Social Forum, ma anche altrove nel mondo, capace di proporre
> >modelli alternativi di esistenza e di sviluppo umano. Tuttavia, io vedo

il
> >suddetto Movimento ricalcare alcune delle modalità di azione che hanno
> >portato altre esperienze, come il Pacifismo o la lotta al Neoliberismo,

al
> >sostanziale fallimento di cui sopra. Le righe che seguono vorrebbero
> >essere un contributo affinché le falle che si stanno aprendo nel grande
> >vascello salpato da Porto Alegre non portino al naufragio di un'altra
> >grande, quanto vitale, speranza.
> >
> >Nel 1869 nasceva il Mahatma Gandhi. Sono passati più di centotrent'anni

di
> >Pacifismo attivo, attraversati da figure straordinarie come Bertrand
> >Russell o Martin Luther King, e da noi Aldo Capitini o Lorenzo Milani e
> >gli altri che li hanno seguiti. Oggi il Pacifismo si fraziona in mille
> >gruppi, decine di migliaia di aderenti, infinite iniziative, che
> >singolarmente hanno prodotto piccoli (grandi) miracoli. Ma
> >complessivamente il fallimento è devastante. Non si sono fermate le
> >guerre, le occupazioni, non si è bloccata una singola guerra sporca, e il
> >ricorso alle armi ha carattere di pandemia. Ma peggio, la spesa militare
> >mondiale sta rapidamente riguadagnando salute: aveva toccato nel 2001 gli
> >839 miliardi di dollari e dopo l'11 di settembre è destinata ad aumentare
> >vertiginosamente. Fra gli aumenti di spesa maggiori, oltre a quello degli
> >USA (48 miliardi di dollari previsti per l'anno fiscale 2003) c'è quello
> >dell'Africa, nonostante tutti gli appelli al contrario. Negli ultimi

dieci
> >anni, a dispetto degli sforzi pacifisti, tutte le principali industrie
> >belliche hanno aumentato le vendite, fra cui si segnalano: Lockheed

Martin
> >da 16,7 a 18,6 miliardi di dollari - Boeing da 6,7 a 16,9 - BAE Systems

da
> >11,8 a 14,4 - Raytheon da 7,2 a 10,1 - Thales da 4,0 a 5,6. (1)
> >
> >E ancora peggio: le guerre scoppiano con una facilità spaventevole,

perché
> >si fanno e basta, che si tratti della Palestina, dell'Afghanistan,
> >dell'Iraq o della Costa D'Avorio non importa, con la scioccante aggiunta
> >che oggi, forse per la prima volta nella storia moderna, le grandi
> >democrazie si possono permettere di lanciare guerre in totale spregio
> >delle loro stesse opinioni pubbliche, come è stato il caso
> >dell'occupazione dell'Iraq nel 2003 che vide, anche fra i cittadini
> >occidentali, ampie maggioranze contrarie. Mentre scrivo, infuriano da 24

a
> >62 diverse guerre nel mondo, a seconda della definizione che si dà di
> >conflitto. L'11 di Settembre 2001 ha segnato la fine dei residui di
> >speranza, sicuramente per decenni a venire, nelle lotte ai conflitti
> >armati, nella battaglia contro la tortura politica, e nelle campagne per
> >il disarmo.
> >
> >E' imperativo a questo punto essere onesti con sé stessi:
> >complessivamente, il Pacifismo ha fallito.
> >
> >Nel 1818 nasceva Marx. Sono passati quasi 200 anni di critica moderna al
> >capitalismo, alla sperequazione della ricchezza, allo sfruttamento del
> >lavoro e dell'ambiente, e una parte del mondo ne ha certamente
> >beneficiato. Ma nel 1975 Milton Friedman ed altri pensatori economici, su
> >ispirazione di Friederich Von Hayek e sostenuti dalle fondazioni e/o
> >lobbies che li finanziavano, hanno pensato bene di iniziare a smontare
> >pezzo per pezzo centocinquant'anni di progressi e ci hanno scodellato il
> >Neoliberismo. E' l'ideologia del libero regno del mercato sulla società
> >degli umani, che trovò subito una certa (anche se limitata) opposizione.
> >Ma anche questa ha fallito e dopo ventinove anni di contestazioni il
> >Neoliberismo ha vinto. Oggi, come mai prima, i lavoratori di tutto il
> >mondo sono ostaggi di una bolla speculativa che sposta un trilione e

mezzo
> >di dollari al giorno (3 milioni di miliardi di lire) cancellando

centinaia
> >di migliaia di posti di lavoro in qualunque Paese le capiti a tiro, e che
> >si fa beffe della volenterosa ma esile Tobin Tax. Infatti, il numero di
> >disoccupati nel mondo ha raggiunto il livello record di 180 milioni,
> >secondo l'ILO (2) Oggi il prodotto interno lordo dell'intero pianeta
> >ammonta a 31,4 Trilioni di dollari annui (circa 63 milioni di miliardi di
> >vecchie lire) e una manciata di istituti finanziari internazionali ne
> >possiedono la metà (!), che equivale anche a più del doppio di quanto
> >l'intero pianeta vende e acquista in un anno, e non esiste più governo

che
> >li possa fronteggiare. (3) Dopo decenni di mobilitazioni contro la fame
> >nel mondo ancora abbiamo:
> >
> > 30 milioni di morti per fame all'anno
> > il debito dei Paesi poveri è cresciuto dal '96 a oggi di 400 miliardi

di
> > dollari mentre la loro fetta di commercio estero si è ridotta del 40%
> > ogni 15 secondi un bambino muore per mancanza di servizi igienici - dal
> > Summit di Rio a oggi il numero di poveri è solo cresciuto, e dopo il
> > Summit sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg, alla faccia di
> > trent'anni di opposizione, il Neoliberismo ci ha riscodellato:
> >
> >1) no alla punibilità delle corporazioni per danni all'ambiente; 2) solo
> >impegni volontari delle multinazionali per il rispetto dell'ambiente e

dei
> >diritti dei lavoratori; 3) ulteriore spinta al nucleare e al petrolio
> >nell'accordo finale; 4) nessun target fissato per le energie rinnovabili,
> >neppure quell'1% proposto in un ultimo disperato tentativo dalla UE; 5)
> >nessun aumento degli aiuti al Sud del mondo e nessuna nuova cancellazione
> >dei loro debiti. (4) (5)
> >Persino lo storico accordo del 31 luglio 2004 al WTO a Ginevra si è
> >rivelato un inganno: annunciato come "una vittoria dei Paesi Poveri

contro
> >l'ingiustizia dei sussidi occidentali alla (nostra) agricultura e al
> >(nostro) export...", esso è stato una beffa fraudolenta. Infatti la
> >promessa riduzione americana del 20% dei propri sussidi all'agricoltura è
> >solo teorica, poiché per lasciare i sussidi al livello di oggi è stato
> >semplicemente alzato il tetto massimo consentito (49 miliardi di $ annui)
> >così che una riduzione americana del 20% di quel tetto artificioso non
> >intacca assolutamente quanto oggi percepiscono i contadini USA (23
> >miliardi di $)... E così è per la UE, stesso trucco.
> >
> >L'evidenza del fallimento su larga scala dell'opposizione al Neoliberismo
> >è schiacciante, e la sua marcia inarrestabile è accompagnata dal tripudio
> >dei nostri consumi. Infatti durante gli stessi ventinove anni di
> >opposizione al mercato senza freni i nostri consumi sono raddoppiati: con
> >una mano abbiamo tentato di frenarlo mentre con l'altra lo abbiamo
> >ingrassato a dismisura. (6)
> >
> >Tutto ciò è realmente accaduto purtroppo, a dispetto di una colossale

mole
> >mondiale di manifestazioni, marce, sit-in, contestazioni, iniziative
> >culturali, pubblicazioni, reportage televisivi, occupazioni,

disobbedienze
> >civili, e tant'altro. E' imperativa qui una riflessione radicale sui
> >nostri metodi di lotta, cui accennerò più sotto.
> >
> >A questo punto, immagino che a molti lettori il pensiero corra spontaneo
> >al Nuovo Movimento, e cioè al variegato popolo di Porto Alegre e dei

Forum
> >Sociali mondiali, che è visto oggi come una grande svolta inedita, dove
> >riporre la speranza. E questa speranza riempie l'animo dei suoi
> >sostenitori con l'effetto inebriante di un miraggio, e il miraggio

diviene
> >certezza: il mondo si può cambiare, un Altro Mondo è in Costruzione.
> >
> >Sarebbe bello se fosse così, ma la mia sensazione è che anche Porto

Alegre
> >sia destinato a un assai probabile fallimento, e per ragioni precise, che
> >formano il contenuto di questo scritto.
> >
> >Prima di continuare, preciso, a scanso di fraintendimenti, che il Forum
> >Sociale Mondiale e le sue mille derivazioni sono fenomeni di una
> >importanza straordinaria, oserei dire imprescindibili per il nostro
> >futuro, ma proprio per questo vanno tutelati con grande attenzione

critica.
> >
> >
> >Una premessa
> >Per cominciare, sottolineo che la presente realtà spazza via gli
> >entusiasmi, i buonismi, gli slanci egualitari, gli ottimismi e,
> >permettetemi, gran parte dei piani di riscatto mondiale lanciati da Porto
> >Alegre, se solo la si vuole vedere con occhi aperti. Cosa stiamo
> >cambiando? Forse il nostro mondo ricco e iniquo? Ma guardiamolo: siamo

una
> >colossale struttura socio-economica che ha cementato da millenni le sue
> >abitudini nel vivere e nel dominare, ma che è soprattutto caratterizzata
> >da un tremendo conservatorismo, che abbraccia tutte le sfere del nostro
> >vivere, dai macro sistemi alle abitudini quotidiane dell'individuo, fin
> >nei dettagli più sciocchi, e tutto questo forma il più formidabile muro

di
> >resistenza al cambiamento - combattiamo perennemente una guerra
> >apocalittica (sia in termini morali che per numero di vittime innocenti)
> >per l'accesso alle risorse che pretendiamo da secoli - le nostre

economie,
> >anche le più forti, sono sempre sull'orlo del tracollo con la spada della
> >recessione che ci pende sul capo - la povertà è in aumento anche da noi
> >ricchi (come negli Usa o in GB o in Italia) - la nostra disoccupazione è
> >una cancrena mai sconfitta e sempre in crescita - l'accaparramento dell'
> >energia che ogni giorno pretendiamo viene ormai fatto di routine a colpi
> >di missili Cruise - e la nostra gara per stare a galla nel club dei Paesi
> >ricchi richiede una assoluta spietatezza col resto del pianeta, perché il
> >nostro standard di vita non è negoziabile. Sono in guerra fra loro i
> >nostri ipermercati a colpi di offerte speciali, i nostri sindacati, i
> >nostri industriali, è guerra cercare un affitto decente, ottenere una TAC
> >in tempi utili a non morire, o ripagare i nostri mutui. In altre parole,
> >noi occidentali siamo 800 milioni di persone sempre più impaurite che
> >difendono con unghie e denti ciò che hanno ottenuto col sangue di

miliardi
> >di poveracci, i cui fantasmi e i cui discendenti sempre più ci tolgono il
> >respiro. Il fatto è, ed è noto, che se si pretende uno standard di vita
> >all'occidentale su questo pianeta non ce n'è per tutti, e noi ricchi, che
> >lo abbiamo capito da un pezzo, abbiamo già scelto: soccombano gli altri,

e
> >non si discute.
> >
> >E il Movimento cambierà ciò? Vogliamo cambiare un mondo che è in
> >rapidissima evoluzione, dove tutto muta... eccetto noi. Noi siamo

statici,
> >fermi nelle stesse modalità di lotta di decenni fa, proprio mentre i
> >nostri avversari lavorano 24 ore su 24 con mezzi economici colossali e
> >cervelli fini, con strategie sempre nuove per rimodellare tutta la nostra
> >esistenza, e lo stanno facendo da 30 anni. E noi? E' incontestabile che
> >nel suo complesso il Movimento fa sostanzialmente poche cose

riconosciute,
> >certamente utili, ma di cui una ci assorbe il 90% dell'energia:
> >manifestare.
> >Finora quello che il Movimento ha fatto è di lanciare un'utopia. Questa
> >utopia è condivisa, nel senso di 'messa in atto', sul pianeta terra forse
> >da qualche centinaia di migliaia di persone (che sappiamo esserci), ma

per
> >ciò che riguarda il consenso e soprattutto i comportamenti degli altri
> >miliardi di abitanti, non sappiamo nulla, ma soprattutto loro non sanno
> >quasi nulla o addirittura nulla di noi: l'Altro Mondo in Costruzione non

è
> >noto né condiviso dal 99,99% dell'umanità. Porto Alegre è ancora

un'inezia
> >della storia, non ce lo dimentichiamo mai, il cui potere rappresentativo

è
> >ancor meno definibile. La domanda è: chi esattamente rappresenta questo
> >movimento?
> >
> >Alla vigilia del G8 di Genova un comunicato di un Social Forum italiano
> >recitava: "...noi ci facciamo carico delle istanze degli sfruttati e dei
> >poveri della terra...". Ma di quali istanze si parla? I poveri della

terra
> >troppo spesso non hanno i mezzi né la 'cultura' per pensarle. Chiunque
> >abbia fatto esperienza diretta nelle piantagioni di caffè della Tanzania,
> >nelle raffinerie della Nigeria o fra i lustrascarpe di Santo Domingo sa
> >che le parole sindacato, sicurezza sociale o sfruttamento occidentale
> >lasciano i volti di chi ti ascolta indifferenti. E' la violenza profonda
> >di secoli di indicibile miseria che muove le loro mani e che guida i loro
> >desideri: mangiare, accaparrarsi tutto quello che si può, e domani, se
> >possibile, di più. Punto.
> >
> >Per noi le multinazionali del petrolio sono mostri, nelle baracche di
> >Luanda o di Jakarta l'illusione è che la Total e la Exxon Mobil magari un
> >giorno gli porteranno la luce elettrica, o chissà, forse anche il gas. A
> >Luanda o a Jakarta pochissimi le contestano (quei pochi li conosciamo

bene
> >e sono degli eroi), e i dati ce lo confermano: la richiesta di energia
> >crescerà del 40% nei prossimi 15 anni e i tre quarti di quella richiesta
> >verrà dal Terzo Mondo. Vorranno soprattutto petrolio: nel 1972 le nazioni
> >ricche consumarono il 75% del petrolio prodotto, quelle povere il 25%.

Nel
> >2010, e cioè fra poco, le percentuali saranno 50% a 50%. Dal 1970 al 2010
> >gli Usa avranno registrato un aumento di consumo di petrolio del 42%;
> >nello stesso periodo l'aumento di consumi per Cina e India sarà stato
> >rispettivamente del 567% e 510%. (7) Da notare che a Johannesburg (WSSD
> >del settembre 2002) sono stati proprio i delegati dei Paesi poveri ad
> >appoggiare Usa, Giappone e OPEC nella soppressione dell'accordo per le
> >energie rinnovabili; a Johannesburg i poveri chiedevano a gran voce
> >"tecnologie per combustibili fossili". (8) I poveri vogliono energia, ne
> >hanno una sete infinita e ne hanno diritto oggi, e non fra trent'anni
> >quando, forse, sarà disponibile l'idrogeno. La nostra sostenibilità e le
> >energie alternative sono belle cose, ma se un giorno, come sarebbe

giusto,
> >finalmente toccasse a loro poter volare per andare in ferie o accendere

il
> >forno a microonde o innaffiare il giardino o avere l'airbag nell'auto, mi
> >chiedo se Porto Alegre, che oggi vorrebbe rappresentarli, sarà in grado

di
> >condurli sulla strada della moderazione dei consumi (e della non violenza
> >nel difenderli). Dopo secoli di privazioni? Improbabile.
> >
> >Ma le ragioni del fallimento annunciato di Porto Alegre stanno

soprattutto
> >altrove, e sono identiche a quelle che hanno contribuito a far naufragare
> >sia il Pacifismo che la critica al Neoliberismo. Eccole.
> >
> >L'"Impero" lavora per noi. Noi lo finanziamo. L' "Impero" siamo noi.
> >
> >Dal volume 'Un Altro mondo in Costruzione': "La disubbidienza sociale

deve
> >essere riprodotta, magari in mille forme diverse... contro la violenza
> >dell'Impero, di chi comanda." Luca Casarini
> >
> >Prima ragione. L'Impero siamo noi. Abbiamo sempre identificato i nemici

da
> >combattere - il capitalismo selvaggio, la politica ad esso asservita, il
> >complesso militare industriale, le multinazionali, l'Organizzazione
> >Mondiale del Commercio (WTO), il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la
> >Banca Mondiale (BM), il G8 ecc. - all'esterno di noi stessi, e gli
> >puntiamo in dito contro mentre gli addossiamo la responsabilità per le
> >ingiustizie del mondo. In ciò si denota un nostro bisogno personale e
> >impellente di affrancarci dal 'male', di vederlo fuori da noi stessi e

ben
> >identificato in altri o altro, contro cui inveire e per cui sdegnarsi.
> >Questo è non solo semplicistico, ma è soprattutto falso. Queste entità
> >infatti siamo noi, poiché rappresentano noi, servono noi, garantiscono il
> >nostro standard di vita, quello di tutti noi, e cioè degli 800 milioni di
> >consumatori-elettori del Primo Mondo, a cominciare dal caffè che beviamo
> >la mattina. E chi le comanda siamo sempre noi, col consenso che

garantiamo
> >loro anche se poi scendiamo in strada a contestarle.
> >
> >Cito l'autorevole opinione di Joseph Stiglitz, l'ex capo economista della
> >Banca Mondiale, secondo cui il vituperato Fondo Monetario Internazionale

è
> >sempre stato il braccio armato delle nostre banche di investimento nel
> >Terzo Mondo. Gli fa eco Noam Chomsky: "Il FMI ha sempre garantito che gli
> >investimenti occidentali ad alto rischio nel Terzo Mondo fruttassero alti
> >profitti". (9) Ma quei profitti sono stati intascati soprattutto da noi,

i
> >milioni di cittadini/aziende/gruppi occidentali che sono la vera anima
> >delle banche d'investimento. Quei profitti, in altre parole, hanno

nutrito
> >la nostra economia, dalla quale noi, seppure in diversa misura, abbiamo
> >tutti attinto, che nessuno si escluda, e da cui attingiamo e attingeremo.
> >Ed è altresì noto come il FMI abbia lavorato sodo per garantirci le cose
> >anche più semplici. Chiunque di noi abbia mai bevuto un caffè o indossato
> >una maglia di cotone non può chiamarsi fuori. E' il Fondo Monetario che
> >per decenni ha incoraggiato i Paesi poveri a intensificare l'agricoltura
> >da export, di cui caffè e cotone sono due esempi, col miraggio di alti
> >ricavi in moneta forte per le loro casse statali. Questo ha portato quei
> >Paesi a sottrarre terre all'agricoltura di sussistenza (quella che

produce
> >cibo quotidiano) per piantarvi le cosiddette 'commodities' (caffè,

cotone,
> >semi oleaginosi ecc...). Risultato: i mercati sono stati inondati da
> >questi prodotti, il loro prezzo è crollato, i Paesi poveri non hanno
> >incassato quel che gli era stato promesso e sulle nostre tavole o nei
> >nostri negozi appaiono caffè e cotone a prezzi contenuti (nonostante il
> >lucro dei vari intermediari e la speculazione delle Borse occidentali).

Un
> >esempio recentissimo è quello del cotone: super produzione mondiale
> >nell'anno 2001/02 con crollo del 35% dei prezzi sui mercati, e guai

grossi
> >per i Paesi africani produttori. (10) Dunque il Fondo Monetario siamo
> >anche noi, tutti noi.
> >
> >E lo stesso vale per il WTO. Un esempio fra tanti: chiediamoci perché
> >nelle Conferenze Ministeriali di Doha e Cancun sia gli Stati uniti che
> >l'Unione Europea hanno concesso quasi nulla sull'Agreement on Agriculture
> >(Accordo sull'Agricoltura, su cui non è stato concesso alcunché neppure
> >dopo). I Paesi in via di Sviluppo chiedevano che quell'accordo fosse
> >modificato al fine di obbligare noi ricchi a smantellare il sistema di
> >'Protezione' (il Protezionismo) che offriamo alla nostra agricoltura (un
> >miliardo di dollari al giorno di sussidi), poiché esso è causa di orrenda
> >povertà fra i contadini del Sud del mondo. La risposta non va cercata nei
> >corridoi del WTO a Ginevra o della UE a Bruxelles, bensì fra i banchi
> >frutta dei nostri ipermercati e soprattutto fra i nostri agricoltori, che
> >dal 1962 in Europa sopravvivono grazie a questo sistema. I nostri, noi,
> >ancora noi. A Doha l' Italia ha fatto muro perché i mercati tessili non
> >fossero più di tanto liberalizzati, e questo per proteggere non solo gli
> >interessi dei 'padroni' del made in Italy, ma anche dei loro lavoratori
> >del settore, operai, tecnici, autisti, che godono delle nostre protezioni
> >doganali, le quali però penalizzano drammaticamente gli sforzi di tanti
> >artigiani esportatori dei Paesi poveri. O noi o loro, e il WTO ha scelto
> >noi. Anche noi siamo il WTO. (11)
> >
> >Sono questi due esempi del famigerato Protezionismo commerciale con cui i
> >governi dei Paesi ricchi sostengono i propri mercati. Il nostro
> >Protezionismo (per esempio, ogni anno 50 miliardi di dollari di sussidi
> >per i combustibili fossili che consumiamo e, ripeto, 360 miliardi di
> >dollari di sussidi per la nostra agricoltura) costa al Sud il doppio di
> >quanto ricevono in aiuti. Con una mano gli diamo un pezzo di pane mentre
> >con l'altra gliene togliamo due, e questo per 'proteggere' in nostri
> >mercati, che sono i nostri posti di lavoro che sono la nostra economia.
> >Noi, sempre noi.
> >
> >I governi dei G8 sono giganti coi piedi d'argilla, arroganti
> >all'apparenza, ma dentro tremebondi all'idea di perdere i consensi dei
> >loro elettori, cioè noi. Sanno bene, i Bush, Blair, Putin, Chirac,
> >Berlusconi ecc., che dovranno continuare a garantirci: il consumo del 45%
> >di tutta la carne e pesce del globo - del 58% dell'energia disponibile -
> >del 74% delle risorse telefoniche - dell'84% di tutta la carta - dell'87%
> >dei mezzi di trasporto esistenti e l'86% dei beni di consumo in generale.
> >(12) In un mondo che sta esaurendo le risorse il loro compito è duro,
> >perché noi queste cose le diamo per scontate ogni giorno, tutti noi,
> >compresi quelli, come me, che poi lottano contro il Neoliberismo. Le

diamo
> >per scontate ogni giorno, a scapito di miliardi di poveri, eppure

sappiamo
> >bene (quasi tutti, ma non tutti) che per garantircele i nostri governi

non
> >si fanno scrupolo di sganciare qua e là qualche bomba cluster o missile
> >Cruise. Scrive in proposito George Monbiot, uno dei più rispettati
> >intellettuali 'antagonisti' del mondo: "Il nostro governo (britannico,
> >ndr) sembra aver calcolato che l'unico modo di ottenere l'energia per
> >permettere agli uomini e alle donne inglesi di rimanere sulle loro auto è
> >di assecondare gli Stati Uniti a qualunque costo." Il G8, e la miseria
> >creata nel Sud dalle sue politiche economiche e dalle sue guerre tese
> >all'approvvigionamento di quanto ho scritto sopra, siamo noi. E qui, per
> >essere più specifico, cito l'esempio dell'India attingendo dalle ricerche
> >di Vandana Shiva. La popolazione di questo Paese ha pagato i seguenti
> >prezzi per l'applicazione dei nostri dettami economici: 1) sono stati
> >sprecati 1,37 miliardi di rupie nel tentativo di lanciare un'industria
> >nazionale della floricoltura da esportazione (che ne ha guadagnati solo
> >0,32) - 2) è stata ridotta la sicurezza alimentare nazionale del 70% - 3)
> >i laghi per l'allevamento intensivo di gamberetti da esportazione hanno
> >distrutto aree 200 volte più vaste, a causa della salinizzazione e
> >dell'inquinamento dei terreni; conseguenza ne è che per ogni posto di
> >lavoro creato in quel settore, 15 famiglie hanno perso il sostentamento -
> >4) nel caso degli allevamenti di bestiame da export, per ogni dollaro
> >guadagnato dall'India ne sono stati persi 15, pagati dai contadini che

non
> >hanno più il letame da usare come concime e come combustibile domestico
> >(poiché le vacche vengono macellate dopo pochi mesi), che devono essere
> >rimpiazzati da concimi chimici e combustibili fossili importati. Ora, chi
> >li acquista quei fiori, quei gamberetti, quella carne, pagati in India a
> >prezzi bassissimi? Soprattutto noi occidentali, è la risposta fin troppo
> >ovvia. (13) Ma veniamo alle guerre, il bersaglio che più accende gli

animi
> >dei Movimentisti.
> >
> >Oggi, più che in passato, le guerre siamo noi, perché noi le

'consumiamo',
> >proprio come un alimento. Esse, come è noto, inseguono il petrolio, e il
> >petrolio noi... ce lo mangiamo. Nessuno può chiamarsi fuori. Infatti, al
> >contrario di quanto comunemente si immagina, i combustibili fossili
> >disponibili non vengono risucchiati in prevalenza dal colosso industriale
> >e militare del mondo tecnologico, che pure ne consuma una porzione, ma
> >piuttosto dalle nostre bocche. Per produrre ogni singola caloria di cibo
> >(soprattutto grano) che noi ingurgitiamo occorrono in media da una a

dieci
> >calorie di combustibili fossili. I cereali per arrivare sulla nostra
> >tavola richiedono 4 calorie fossili per ogni caloria che ci dannno. La
> >carne di manzo ne richiede 35 di calorie fossili per darne una a noi,
> >quella di maiale vuole 68 calorie fossili per ogni caloria alimentare che
> >offre. Ogni innocente verdura che vediamo in vendita è all'apice di uno
> >spreco incredibile di idrocarburi. Per lavorare e fertilizzare i campi
> >dello Stato americano dello Iowa occorre ogni anno l'energia equivalente

a
> >quella di 4.000 bombe termonucleari, energia fornita interamente dal
> >petrolio. Il globo consuma ogni anno 100 miliardi di Kilowatt, quasi

tutti
> >prodotti da combustibili fossili, e il 73% di questa energia va in
> >agricoltura, luce domestica e trasporti, che tutti noi consumiamo. Un
> >europeo medio necessita di 2.500 calorie alimentari al giorno, ma poi
> >consuma 125.000 calorie di petrolio al giorno per vivere. Noi mangiamo e
> >viviamo soprattutto di petrolio, siamo idrovore di idrocarburi, e lo

siamo
> >tutti, e tutti abbiamo vissuto fino ad oggi di ciò che le guerre ci hanno
> >garantito. Le guerre ci 'alimentano', e noi ingurgitiamo.
> >Ma la cosa più eclatante è che nonostante il Neoliberismo ("l'Impero")

non
> >garantiscano a tutti noi occidentali lo stesso livello di agio e
> >nonostante le nefandezze che esso combina per nostro conto, noi (che
> >nessuno si escluda) lo 'finanziamo' da cinquant'anni ogni volta che
> >acquistiamo plastica, carta, detersivi, caffè, computer, telefonini, ogni
> >volta che usiamo un bancomat, che andiamo in vacanza, che cerchiamo
> >lavoro, o che investiamo i nostri risparmi, oppure ogni volta che

facciamo
> >il pieno al motorino per andare a una manifestazione. Alcune prove di ciò
> >che ho appena scritto.
> >
> >Si è già detto che il Neoliberismo, con il suo bagaglio di distruzioni
> >umane, ambientali e militari, e con i suoi portabandiera come il FMI o il
> >WTO, ci è stato letteralmente imposto (e sovente da noi ben accolto) da
> >fondazioni e lobbies. Esse hanno stanziato migliaia di miliardi con cui

si
> >sono letteralmente comprate il consenso nelle sfere politiche di tutto il
> >mondo, con cui hanno allevato schiere di economisti che hanno piazzato

nei
> >posti chiave del potere accademico o politico, lanciando così una
> >inarrestabile globalizzazione dei mercati con tanto di regole ferree che
> >la cementano nelle nostre vite, regole volute da loro, addirittura a

volte
> >scritte da loro, e il cui strascico si chiama povertà, devastazione
> >ambientale e talvolta guerre. (14) (15) Queste lobbies, che sovrastano
> >persino i nostri governi, hanno nomi precisi: Trans Atlantic Buisness
> >Dialogue (TABD) - European Services Leaders Group (ESLG) - International
> >Chamber of Commerce (ICC) - Investment Network (IN) - European Roundtable
> >of Industrialists (ERT) - American Enterprise Institute - Philip Morris
> >Institute - European Policy Center - Liberalization of Trade in Servicies
> >(LOTIS) e altri. Ma chi sono esattamente? Non sono altro che
> >raggruppamenti di grandi industrie occidentali o dei loro ideologhi, che
> >noi serenamente foraggiamo con i nostri consumi ogni giorno. Ed è qui il
> >punto: i miliardi con cui queste lobbies si sono impadronite del mondo
> >politico, economico e accademico vengono direttamente dalle nostre borse
> >della spesa. E dunque esiste veramente un filo diretto che lega lo
> >zucchero che noi mettiamo nel caffè e la spietata globalizzazione
> >neoliberista del WTO. Esiste perché Eridania (il gigante italiano dello
> >zucchero) è membro dell'Investment Network, la potente lobby che si
> >riunisce direttamente dentro il palazzo della Commissione Europea a
> >Bruxelles, e che consegna alla Commissione i diktat che essa porterà al
> >tavolo del WTO. Lo stesso filo c'è se acquistiamo una Panda. Infatti Fiat
> >e Pirelli sono membri dell'Investment Network e dell'European Roundtable
> >of Industrialists. E se mangiamo pasta? Se facciamo foto? Se compriamo i
> >cotton fioc? Se ci squilla il telefonino? Se andiamo al cinema? Se
> >facciamo fotocopie o accendiamo il computer? Ancora peggio, poiché
> >Barilla, Canon e Kodak, Johnson & Johnson, Motorola, Ericsson e Nokia,
> >Time Warner, Rank Xerox e Microsoft sono tutti membri dell'International
> >Chamber of Commerce, che è oggi la più potente lobby del mondo, quella

che
> >per esempio chiese nero su bianco al Cancelliere tedesco Schroder un
> >attacco frontale agli Accordi Multilaterali sull'Ambiente e alla
> >etichettatura ecologica dei cibi. E se voliamo verso le nostre ferie in
> >Grecia? E se sverniciamo le nostre persiane? E lo yogurt, la
> >lavastoviglie, la passione per la Ferrari, Internet, la birra con gli
> >amici, il Viagra e tutti i farmaci più importanti? Siamo daccapo: Boeing
> >(che fa anche armi), Dow Chemicals, Danone, Candy, Shell, Microsoft,
> >Hewlett Packard, IBM, Carlsberg, Glaxo, Bayer, Hoffman La Roche, Pfizer,
> >Merck sono tutti in prima
> >La riflessione che propongo è che la parete divisoria che amiamo erigere
> >fra noi e 'loro', e cioè fra il popolo delle persone sensibili alla
> >giustizia globale e i malvagi timonieri del Neoliberismo, è purtroppo un
> >artificio ingannevole. 'Loro' sono anche noi, e noi siamo anche 'loro'.
> >Non ammetterlo condannerà Porto Alegre a decenni di manifestazioni, di
> >invettive, di sforzi, di impegno militante e all'uso di una montagna di
> >energie del tutto inutili, sprecati poiché diretti contro 'Loro', e cioè
> >contro il bersaglio sbagliato. Il vero bersaglio siamo NOI. Da questo
> >fallimento noi usciremo al peggio affranti, ma chi sta nella parte
> >sbagliata del mondo ne uscirà affamato e chi sta dalla parte sbagliata

dei
> >cannoni ne uscirà morto.
> >
> >Dobbiamo subito guardarci allo specchio e chiederci: come possiamo agire
> >per ottenere coerenza fra il nostro standard di vita e i nostri ideali? E
> >come convincere altri a fare lo stesso? La risposta che propongo ha un
> >passaggio obbligato: Il calcolo esatto dei PREZZI che gli umani, ed in
> >particolare noi occidentali, devono pagare per cambiare il mondo. Le
> >domande sono: quanto costa l'Altro Mondo in Costruzione? Siamo disposti a
> >pagarne il prezzo? Quanto costa un mondo migliore?
> >
> >Seconda ragione. Di fatto non conosciamo esattamente quali sono i PREZZI
> >che noi ricchi dovremmo pagare fin da oggi per garantire in futuro a
> >miliardi di persone i diritti al nutrimento, alla salute, all'istruzione,
> >alla prosperità. E se non li conosciamo cosa mai cambieremo?. Chiedo:
> >Porto Alegre ha listato quei prezzi e li ha comunicati agli 800 milioni

di
> >consumatori-elettori benestanti che poco ci conoscono ma che sanno
> >benissimo ciò cui non vogliono rinunciare? Gridare giustizia globale,
> >rispetto per l'ambiente o stop alla guerre è bene, ma ciascuno di noi,
> >quando rientra a casa dalle manifestazioni, si fa carico dei prezzi da
> >pagare? Mi spiego meglio.
> >
> >Vogliamo costruire un mondo migliore trasformando e/o eliminando il WTO,
> >il Fondo Monetario, la General Dynamics, i Trips, la BigPhrma, la Goldman
> >Sachs, la Novartis, un mondo senza l'11 di Settembre e senza Intifada,
> >senza Bhopal e senza Operazione Condor o Plan Colombia, un mondo senza
> >bambini schiavi e senza più le foto di Salgado a dirci quanto orrore
> >accade ogni giorno, un mondo che chiude la School of the Americas e dove
> >John Poindexter e il suo Information Awareness Office non hanno ragione

di
> >esistere, un mondo dove Amnesty International va in pensione, e dove

anche
> >le braccianti di Haiti possano aprire un rubinetto dell'acqua e farsi il
> >bagno prima di coricarsi. Un mondo, infine, che non necessiti di camere

di
> >tortura in Paesi lontani per garantire a noi il carburante per il nostro
> >standard di vita.
> >
> >Ma tutto ciò è gratis per noi? Stiamo coi piedi per terra, e allora agli
> >economisti di Porto Alegre chiedo: nell'Altro Mondo Costruito quali
> >saranno le rinunce al consumo che ci toccheranno, e quanto della nostra
> >vita socio economica dovrà radicalmente mutare? Quanta occupazione

dovremo
> >perdere se vorremo veramente permettere alle economie del Sud di sbarcare
> >sui nostri mercati? Potrò ancora volare Roma-Londra-San Francisco-New

York
> >per 1.400 euro? Quante volte potrò usare l'anticalcare nella mia doccia?
> >Quante auto a famiglia e a che costo il carburante? La tuta da calcetto

in
> >puro cotone africano costerà sempre uguale? E la plastica? le tv? i cd? E
> >il cibo? Noi ricchi potremo ancora spendere 26.000 miliardi all'anno in
> >profumi? Quanto costerà il mio caffè? Il costo dello smaltimento dei
> >nostri rifiuti sarà sempre lo stesso quando non potremo più scaricarli in
> >mare o in Nigeria? E Internet?
> >
>