[Lecce-sf] ? iniziativa sulla scuola

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Auteur: luisa rizzo
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Sujet: [Lecce-sf] ? iniziativa sulla scuola
di questa iniziativa spete di piu'???
e' con vendola?

MERCOLEDI' 23 ore 17 al tiziano iniziativa sulla scuola

luisa




----- Original Message -----
From: "nazure66" <nazure66@???>
To: "Leccecittàplurale" <lecce_cittaplurale@???>
Sent: Tuesday, March 22, 2005 7:02 PM
Subject: [lecce_cittaplurale] [fermiamo_la_moratti] Nico Hirtt: Educazione e
formazione 2010


>
>
> Carissim*,
> buona giornata a tutti e tutte e buona lettura
>
> Paola
> --------------------------------------------
> da
> http://www.ecoledemocratique.org/article.php3?id_article=251
>
>
>
> DIETRO ALLE RIFORME FILLON, ARENA, MORATTI..., LA MANO DELLA COMMISSIONE
> EUROPEA?
>
> « Educazione e formazione 2010 » : Come Mdme Reading e Jan Figel ne hanno
> accelerato il passo
>
> lunedì 7 marzo 2005,
>
> di Nico Hirtt
>
>
> Al fine di dare un taglio alle proteste nei licei, il ministro francese
> dell'Educazione, François Fillon, si è visto pressato dal Presidente della
> Repubblica ad accelerare il proprio progetto di riforma. Nello stesso
> momento, nel Belgio francofono, la ministra Arena afferma di voler

chiudere
> il suo « Contratto strategico per l'educazione » prima delle vacanze
> estive, a dispetto di una forte opposizione. In Italia, il governo
> Berlusconi intende proprio, anche lui, andare avanti nell'applicazione del
> "progetto Moratti", nonostante fortemente contestato dagli insegnanti,

dagli
> studenti e dai genitori. In Inghilterra, il governo ha proposto un'aumento
> al 5,6% del PIL dei finanziamenti per l'educazione, in cambio di una

rapida
> attuazione del progetto « Education and Skills : Investment for

eform ».
> In Germania, il governo federale e i Länder stanno per attuare, con
> urgenza, un programma di valutazione dei sistemi educativi, destinato a
> coordinare le politiche regionali. In Danimarca, analogamente, è in
> calendario per l'anno in corso una riforma della scuola secondaria

superiore
> . La lista è ancora lunga...
>
> Ma che gli è preso ai ministri europei dell'educazione ? Lei si chiama
> Viviane Reding. Poco conosciuta dal grande pubblico e anche dagli stessi
> insegnanti, la Commissaria europea all'educazione (da poco Signora Viviane
> Reding, oggi sostituita da Jan Figel), si accinge ad acquistare un potere
> immenso: quello di poter imporre ai paesi membri il contenuto e il passo
> delle riforme dei propri sistemi scolastici e di orientarle secondo un

unico
> obiettivo: mettere la scuola europea al servizio dell'economia europea,

come
> previsto dalla strategia detta "di Lisbona".
>
> Fa poco più di un anno, l'11 novenbre 2003, che la Commissione europea
> pubblicava un comunicato di capitale importanza, che non ha ricevuto
> all'epoca tutta l'attenzione che meritava : « Educazione e formazione 2010

:
> l’urgenza dell riforme per la riuscita della strategia di Lisbona ».
> In questo documento, Mme Reding si erige a giudice delle politiche

educative
> nazionali. Si dice soddisfatta perchè «in tutti i paesi europei sono

stati
> dispiegati sforzi onde adattare i sistemi d'educazione e formazione alla
> società e all'economia della conoscenza », ma, aggiunge, « le riforme
> intraprese non sono all'altezza della posta in gioco e il loro ritmo

attuale
> non permette all'Unione di raggiungere gli obiettivi che si è fissata. »

Al
> termine di una lunga requisitoria, largamente allarmista, il testo della
> Commissione si abbandona all'enumerazione di quelle che dovrebbero essere

le
> priorità dei governi negli anni a venire. La Commissione « propone » anche
> dei meccanismi di controllo al fine di garantire che ognuno rispetti tali
> priorità. « A difetto », dice la Commissione, « è prevedibile che lo

scarto
> tra l'Unione e i suoi principali concorrenti aumenterà e, ancor più grave,
> che la riuscita della strategia di Lisbona nel suo insieme si troverà
> fortemente compromessa ».
> Prima di entrare nei dettagli della nota di Mme Reding, ricordiamo
> innanzitutto che è questa « strategia di Lisbona » a rappresentare ormai

il
> riferimento inevitabile di tutta la politica educativa in Europa.
>
> Lisbona, Stoccolma, Barcellona
>
> Nel marzo 2000, il Consiglio europeo di Lisbona, nel constatare che

l'Unione
> europea si trova « di fronte ad un formidabile sconvolgimento indotto

dalla
> mondializzazione e dalle sfide inerenti una nuova economia fondata sulla
> conoscenza », aveva tuonato un obiettivo strategico ridondante: l’Unione
> dovrà, da qui al 2010, « diventare l'economia della conoscenza la più
> competitiva e dinamica del mondo». Il consiglio sottolineava che tali
> cambiamenti richiamavano non solo « una trasformazione radicale
> dell'economia europea », ma anche « un programma ambizioso in vista di
> modernizzare i sistemi di sicurezza sociale e dell'educazione ». Come
> riconosceva la Commissione europea nel suo comunicato del 2003, questo
> volgeva a decidere della completa strumentalizzazione dell'insegnamento al
> servizio della competizione economica: « Mai prima d'oggi il Consiglio
> europeo aveva accordato un tale riconoscimento al ruolo giocato dai

sistemi
> eucativi e di formazione nella strategia economica e sociale e

nell'avvenire
> dell'Unione».
>
> Di nuovo occorrerebbe tradurre gli obiettivi generali di Lisbona in una
> strategia coerente in materia di politica educativa. E' ciò a cui si sono
> attaccati i ministri dell'educazione all'atto dei Consigli di Stoccolma
> (marzo 2001) e di Barcellona (2002). A Stoccolma, i ministri decisero di
> fissare tre obiettivi strategici : « migliorare la qualità e l'efficacia

dei
> sistemi educativi e di formazione », « facilitare l'accesso di tutti ai
> sistemi educativi e di formazione » e « aprire alla realtà esterna i

sistemi
> educativi e di formazione ». Vedremo più in là cosa significano, qui, le
> parole « qualità » e « apertura ». A Barcellona, questi tre obiettivi
> strategici vennero tradotti in tredici « obiettivi concreti » del tipo :
> « sviluppare le competenze della società della conoscenza », « aumentare

gli
> investimenti nel capitale umano », « rafforzare i legami col mondo del
> lavoro » o ancora « sviluppare lo spirito d'impresa ». Questi obiettivi
> comuni vennero fusi in un documento strategico : « Educazione e formazione
> in Europa: sistemi diversi, obiettivi condivisi », pubblicato nel 2002.
> Infine, nel maggio 2003, la Commissione fece adottare cinque criteri di
> valutazione o « benchmarks » al fine di giudicare l'attuazione della
> strategia comune.
>
> La scuola al servizio dell'economia
>
> I sistemi educativi delle società capitaliste avanzate affrontano ormai

una
> grossa contraddizione : come conciliare la modernizzazione

dell'insegnamento
> al servizio dell'economia con vincoli di bilancio vieppiù restrittivi? La
> risposta a questo dilemma è al centro della strategia elaborata in seguito

a
> Lisbona, e consiste nell'adattare l'insegnamento ad un ambiente economico
> altamente imprevedibile e ad un mercato del lavoro in cui i livelli di
> qualificazione tendono piuttosto a stiracchiarsi e a polarizzarsi che non
> piuttosto ad elevarsi.
> Se la « società della conoscenza » reclama un numero crescente di
> specialisti di diverso livello - formazione professionale, tecnica e
> superiore - in alcuni settori molto particolari, il mercato del lavoro

crea
> anche, paradossalmente, sempre più impieghi con uno scarsissimo livello di
> qualificazione. In Francia, dopo una discesa regolare durata numerosi
> decenni, il numero di lavori « non qualificati » ha ricominciato a

crescere,
> passando da 4,3 a 5 milioni nel corso degli ultimi dieci anni [Enquête
> emploi 1982-2001, INSEE]. Questi lavoratori detti « non qualificati»
> dovrebbero pertanto poter disporre di un gran numero di competenze: saper
> leggere, scrivere, fare di conto, sapersi servire di un editor di testo,

di
> Internet, saper pronunciare qualche frase standardizzata in due o tre

lingue
> europee tra cui, obbligatoriamente, l'Inglese. Dal che, la necessità di
> precisare le "competenze di base" di cui essi devono essere portatori.
> In tale contesto, la visione classica della « democratizzazione » - più
> propriamente della massificazione - dell'insegnamento, pensato come un
> innalzamento generale e continuo dell'accesso ai saperi per tutti, può

oggi
> essere sostituita da una visione dueale e flessibile . rinforzare e
> specializzare le formazioni superiori o tecniche degli uni, abbassando la
> formazione comune al rango di base minimale, di vaghe competenze "sociali"

e
> "trasversali" degli altri. Quanto all'aggiornamento delle conoscenze e
> delle competenze dei lavoratori, per garantire il mantenimento della loro
> produttività in un ambiente tecnico ed economico in rapida evoluzione,
> questo sarà compito, non più del sistema educativo ufficiale, ma della
> formazione "permanente".
>
> Certo, non ci sarà "lavoro" per tutti ma, assicurando l'impiegabilità di
> tutti in questi posti di lavoro precari e flessibili, si aumenta il bacino
> di reclutamento della mano d'opera e si garantisce così il mantenimento di
> una pressione costante sui salari.
>
> Ecco in che modo il documento « Educazione e formazione in Europa »
> definisce le competenze necessarie nella presunta "società della
> conoscenza": « non solo il saper contare, saper leggere e scrivere, ma

anche
> l'avere competenze di base in scienze, lingue straniere, nell'utilizzo

delle
> TIC e delle tecnologie, la capacità di imparare ad imparare, le competenze
> che facilitano la vita in società, lo spirito d'impresa e che potrebbero
> essere qualificate oggetto di cultura generale ». Quest'ultima
> «competenza » sembra, effettivamente, non comparire altro che nella

forma.
> In compenso, si precisa accuratamente quanto s'intende con "spirito
> d'impresa" e come arrivarci. L'educazione e la formazione dovrebbero, ci
> viene detto, « far capire il valore dell'impresa nel senso il più ampio
> possibile del termine; cioè dello zelo nel risolvere problemi,
> dell'investimento in termini di tempo ed energie al fine di riuscirvi,

della
> volontà di assumersene le iniziative ed i rischi ragionevoli. »
> A tal fine, uno degli strumenti precognizzati è il rafforzamento dei

legami
> tra la scuola e il mondo dell'impresa. In effetti, la Commissione stima

che
> i sistemi d'educazione e formazione d'Europa sono troppo spesso «

ripiegati
> su se stessi » e che hanno « bisogno di questa collaborazione per

diventare
> essi stessi delle organizzazione di discenti, per rimanere aperti alle
> evoluzioni, ai contributi, alle idee e ai talenti esterni, e per
> conservare - o acquistare - la loro utilità a fronte dei bisogni reali

delle
> persone che vi si vanno formando ». E' tale constatazione, tale deficit di
> adattabilità dell'insegnamento a fronte delle domande rapidamente

cangianti
> dell'ambiente economico, a giustificare un discorso vieppiù incentrato

sulla
> decentralizzazione, la deregolamentazione e l'autonomia : « istituzioni

più
> aperte e recettive saranno (...) più in grado di stimolare lo spirito
> d'impresa e d'iniziativa di cui gli studenti, le persone in formazione e i
> diplomati hanno bisogno ».
> Sul piano degli investimenti da consacrarsi in vista di raggiungere gli
> obiettivi fissati a Lisbona, la Commissione spiega che si tratta di
> assicurare « una distribuzione equa ed efficace delle risorse

disponibili »
> e, d'altra parte, di sviluppare « il potenziale dei partenariati tra i
> settori pubblici e privati ».
>
> Madame Reding si arrabbia !
>
> Un tale programma, tutti i ministri lo hanno sottoscritto. E noi possiamo,
> in Francia, in Belgio, in Italia e altrove, testimoniare degli sforzi che
> hanno consentito loro di renderlo operativo. Pertanto, nella sua
> comunicazione del novembre 2003, la Commissione si incollerisce ed enumera
> una lunga serie di critiche alla volta dei ministri dell'educazione che,
> essa ritiene, svolgono sì male il proprio lavoro. Passiamo brevemente in
> esame le principali tra queste.
>
> 1. La commissione rampogna che non ci sia « alcun segnale di un

sostanziale
> aumento di investimenti totali (pubblici e privati) nelle risorse umane ».
> Constatando che l'impegno pubblico è messo nell'impossibilità di aumentare

e
> che esso è altresì diminuito nella maggior parte dei paesi durante il
> periodo 1995-2000, la Commissione perviene alla conclusione di un « sotto
> investimento del settore privato, in particolare nell'insegnamento

superiore
> e nella formazione continua ». Paragonato a quello dell'Unione,
> l'investimento privato è cinque volte maggiore negli Stati Uniti (2.2%

del
> PIL contro lo 0.4%), e tre volte più alto in Giappone (1.2%).
>
> 2. La Commissione valuta « insufficienti », gli sforzi realizzati al fine

di
> rafforzare l'accesso alle « competenze di base ». S'inquieta soprattutto
> quanto all'accesso alle lingue straniere. Malgrado un lieve aumento - di

1,2
> lingue straniere per allievo all'inizio degli anni '90, che è passato ad

una
> media di 1,5 nel 2000 - si rimane « ben lontani dall'obiettivo fissato dal
> Consiglio europeo di Barcellona » : garantire che tutti gli

alunni/studenti
> apprendano almeno due lingue straniere.
>
> 3. La Commissione critica altresì i tassi elevati di dispersione

scolastica
> (« con costi individuali, sociali ed economici elevati »). Ricorda che
> l'obiettivo è di portare dal 20% al 10% (nel 2010) la quantità di allievi
> che lasciano la scuola senza diploma. Questo obiettivo può sembrare
> generoso, ma non dimentichiamoci che esso implica, nello spirito dei
> dirigenti europei, un abbassamento delle esigenze dell'insegnamento
> obbligatorio al rango delle sole « competenze di base » di cui sopra.
>
> 4. La formazione professionale rimane, al cospetto della Commissione,

assai
> poco adattata alle esigenze attuali dell'economia. « Pochi paesi si sono
> davvero impegnati nel realizzare indirizzi professionali e di

apprendistato,
> nell'intraprendere un'alternativa altrettanto attraente che l'insegnamento
> generale ». Inoltre, « molti settori dovrebbero far fronte ad una carenza

di
> manodopera qualificata». E' opportuno, qui, enunciare una tale nozione di
> "carenza". Con ciò s'intende in generale, o almeno non propriamente una
> reale carenza quanto piuttosto un tasso di disoccupazione settoriale
> inferiore a quello medio; cosa che tende a limitare la capacità dei
> dipendenti di far pressione sui salari e sulle condizioni di lavoro e, di
> conseguenza, cosa che comporta un margine relativo di competitività in
> rapporto ad altri settori, caratterizzati da una più vasta riserva di
> reclutamento .
>
> 5. All'altro estremo della gerarchia del lavoro, la Commissione stima che
> l'insegnamento superiore europeo non è « abbastanza competitivo ».

Ricorda
> a tal riguardo che « il posto dell'insegnamento superiore nelle strategie
> globali di Lisbona surclassa di molto il programma di riforme strutturali
> iniziato all'atto della Dichiarazione di Bologna ». I problemi chiave,

tanto
> per assicurare agli accademici europei il proprio posto nel grande mercato
> dell'insegnamento superiore, quello a definirsi nell'rizzonte del 2010

(nel
> quadro dell'l’AGCS), sono « il finanziamento, la diversificazione delle
> istituzioni nella loro funzione e nelle loro priorità, l'attuazione dei

poli
> d'eccellenza, l'attrazione verso le carrirere del lavoro in rete ». E,

dice
> la Commissione, il segno che l'insegnamento superiore è ancora lontano dal
> costituire un vasto mercato è dato dal fatto che la mobilità degli

studenti
> rimane debole, non interessando annualmente che 120.000 studenti Erasmus:

a
> dire appena lo 0,8% del totale effettivo. .
>
> 6. La Commissione stigmatizza, infine, l'eccessivamente labile
> partecipazione dei cittadini europei alle iniziative di formazione
> permanente giustificata dal garantire il mantenimento della loro
> produttività. Le tare in quest'ambito, risulterebbero agli occhi di Mme
> Reding, sintomi di una « visione troppo limitata alle esigenze di
> impiegabilità » ovvero « di un accento troppo esclusivo sul recupero di
> quelli che sono passati attraverso le maglie della scuola di base ». La
> Commissione riconosce che tali elementi si giustificano, ma non
> rappresentano di per sè un motivo strategico per la formazione permanente.
>
> L'arrabbiatura è finita...
>
> Una volta sbandierate sotto il naso dei cattivi alunni-ministri cotante
> reprimende , Mme Reding, da buona istitutrice, passa alla fase della «
> ammenda ». E va quindi precisando ai somaroni non solo quanto ci si

aspetta
> da loro ma, soprattutto, gli promette di essere ormai molto meno
> disponibile, e che controllerà il tutto molto da molto vicino. .
> La didattica moderna, prona a "mettere al centro il discente e non il
> programma ", i metodi pedagogici della Commissione e la sua matronale
> dignità si apprestano, di contro, ad incarnarsi in numerose ed ulteriori
> direttive. Ovvio, si ammette comunque che « le priorità alla base delle
> riforme e dell'azione vengono definite da ogni paese, in funzione delle
> condizioni e dei vincoli che gli sono imposti» ma, tuttavia « è essenziale
> che tale riflessione e tali scelte nazionali tengano ormai pienamente in
> conto degli obiettivi comuni fissati a livello europeo nel quadro della
> strategia di Lisbona ». La Commissione chiede, inoltre, che ogni paese «
> renda note le proprie priorità politiche d'investimento e di riforma in
> ambito educativo e formativo a corto e medio termine, come pure il
> contributo alla realizzazione degli obiettivi europei, relativamente ai
> quali ci si impegna in vista del 2010 ». Un tale compito in classe dovrà

in
> seguito permettere di identificare « gli spazi chiave che

condizionerebbero
> più direttamente il successo di ogni paese, e quello dei suoi cittadini
> nell'economia e nella società della conoscenza e di coloro che richiedono
> gli sforzi di riforma e d'investimento più sostenuti ». In altre parole :
> ogni paese dovrà essere capace di giustificare, al cospetto di Mme

Reding,
> come le riforme che egli intraprende nell'ambito dell'insegnamento
> rispondano punto alle strategie definite al di poi di Lisbona..
> Per giudicare il lavoro di ogni ministro, si farà ricorso a ciò che che le
> scienze chiamano "valutazione estrema": cioe, a un « gruppo di alto
> livello » che sarà incaricato di « fare il punto sulle politiche

nazionali
> (...) definendo gli ambiti di cooperazioni i più impellenti ».
>
> In risposta alle discussioni più ricorrenti nei vari paesi, quanto al modo
> di conciliare le riforme necessarie con gli imperativi di bilancio

attuali,
> la Commissione ribatte, e con rinnovata chiarezza, il seguente

orientamento.
> Da un lato, dice, si può ravvisare:« il re-orentamento nel senso
> dell'educazione e della formazione delle risorse esistenti indirizzate

verso
> altri settori, laddove il loro rendimento economico e sociale è più
> limitato» (la cultura ? l’audiovisuale ? il senso della salute ?). Ma,
> soprattutto, a partire dalla premessa che « il settore pubblico non può
> essere il solo a supportare l'onere finanziario relativo all'attuazione
> degli obiettivi fissati a Lisbona », e che, quindi, è il settore privato a
> dovere « assumersi una responsabilità maggiore a livello d'investimenti
> necessari nell'educazione ». La Comissione stima altresì « necessarie»
> misure d'incentivazione degli investimenti così stimolati da parte di
> imprese e privati cittadini.
>
> Nell'ottica di sviluppare l'educazione e la formazione permanenti, la
> Commissione esige « riforme radicali e l'attuazione di strategie nazionali
> davvero globali, coerenti in organico, esse stesse fasate col contesto
> europeo ». E, per dirimere il più mediocre tra i ministri a dar prova di
> diligenza, Madame Reding pone chiare premesse : « al massimo per il

2005,
> ogni paese deve aver definito una siffatta strategia, ad implicare tutti i
> partenariati connessi, ed un piano d'azione coerente per la sua attuazione
> in tutte le dimesioni sistemiche (formali o meno) ».
> Altri problemi da lasciarsi alla briga dei governi nazionali. Si vanno ad
> adottare (a fare) « cose comuni (...) per molti aspetti importanti,

inerenti
> l'educazione e la formazione permanenti ». Che riguarderanno : i principi

di
> convalida delle competenze informali; la definizione delle competenze e le
> qualifiche necessarie agli insegnanti e ai formatori « affinchè essi
> assumano i loro nuovi ruoli » ; e i principi di base da rispettarsi al

fine
> di « una mobilità di qualità ». Tali riferimenti comuni dovrebbero essere
> sviluppati entro il 2005 e «la loro sistematica utilizzazione in ogni pase
> rappresenta una priorità ».
> Per ciò che concerne, più direttamente, la base comune di competenze
> relative all'insegnamento obbligatorio, la Commissione prevede la
> definizione, entro il 2005, « di un riferimento comunitario relativo ad

un
> profilo delle conoscenze e delle competenze europee da acquisirsi da parte
> degli alunni » cosa che « permetterà di sosterene e di facilitare l'azione
> nazionale in materia ». Il chè e senz'altro quanto.
>
> Thélot, Fillon o Arena possano pur affermare, relativamente alla loro
> visione minimalista della formazione obbligatoria a livello collège o di
> primo grado secondario « non abbiamo scelta, è un accordo europeo », il

che
> faciliterà di molto il compito dal punto di vista politico...
>
> Analogamente, in materia di reclutamento e di formazione dei docenti, l’

Europa
> vuole dettare la propria legge agli Stati membri. Che dovrebbero «

prendere
> provvedimenti al fine di attirare in materia di docenza e formazione i
> migliori e di valorizzarli, di comprenderli grazie all'incoraggiamento e
> alla ricompensa alle loro prestazioni » (capite ben : pagamento contro
> smantellamento dei diritti sociali contrattuali che garantiscono per
> esempio, attualmente, che un prof di lingua madre - eccedente sul mercato
> del lavoro - sia altrettanto remunerato che un prof di matematica che
> rappresenta una derrata rara). Ma soprattutto, questi nuovi docenti,
> bisogneraà che li si prepari « ai loro nuovi ruoli nella società della
> conoscenza e alle trasformazioni relative ai sistemi educativi e
> formativi ». A tal fine, ogni paese dovrà attuare, per il 2005, « un

piano
> di azione in materia di formazione permanente del personale educativo (che
> deve) avere un impatto positivo sull'evoluzion della propria carriera ».
>
> Trattandosi di formazioni tecniche, professionali ed universitarie, la
> Commissione rivendica la creazione di un « quadro europeo che sia da
> riferimento comune ai fini del riconoscimento delle qualifiche » e de « la
> creazione di una piattaforma assicurativa che attesti la qualità, ovvero
> l'accreditamento nell'insegnamento superiore ( in connessione al processo

di
> Bologna) ». La Commissione dice essere « determinata a tutto purchè ciò
> venga attuato entro il 2005 » e si « aspetta» che gli Stati membri

facciano
> altrettanto.
>
> Sintetizzando, la Commissione impone che il progetto « Educazione e
> Formazione in Europa » diventi « nei fatti concreti un elemento centrale

ai
> fini dell'elaborazione delle politiche nazionali». Ma, ancor più che
> all'atto pratico, su tale aspetto, fa affidamento sui suoi propri

ministri,
> scolari cattivi, posti a fronte di opposizioni considerate corporative, di
> tradizioni nazionali forzatamente obsolete. Stante il poco tempo che

rimane
> per fare entro il 2010, la Commissione si arroga ormai il diritto « di
> assicurare un prosieguo più strutturato e sistematico di quanto si è

andato
> realizzando fin ora ». Gli Stati menbri dovrebbero quindi fornire ogni

anno
> « un rapporto consolidato sull'insieme della propria azione educativa e
> formativa che contribuisca alla strategia di Lisbona».
> Al momento, là dove i paesi europei si apprestano a ratificarlo - con o
> senza referendum - il progetto di trattato costituzionale europeo e le
> manovre in corso nell'ambito dell'insegnamento, danno senza dubbio un'idea
> di quanto si ridurranno i margini di manovra dei governi nazionali e i
> diritti dei cittadini europei, perchè questa costituzione non concederà

loro
> affatto un potere nuovo a fronte di una Commissione europea vieppiù

potente,
> cristallizzata nel dogma inamovibile e fondatore dell'Europa odierna,

ovvero
> : quanto va bene ai mercati e alle imprese , va bene per tutti.
>
> Traduzione dal francese a cura di Paola Capozzi
>
>
>
>
>
> Yahoo! Groups Links
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