[NuovoLaboratorio] lettera aperta sicurezza nei cantieri

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Autore: cobas genova
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Oggetto: [NuovoLaboratorio] lettera aperta sicurezza nei cantieri

Lettera aperta alle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, alle
organizzazioni sindacali, agli organi di controllo sulla prevenzione igiene
e sicurezza sui luoghi di lavoro, alla citta? di Genova.

Ancora un morto, Maurizio Materazzo 25 anni. Il 9° morto sul lavoro a Genova
dal gennaio 2004. Ancora un cantiere pubblico e ancora una volta
protagoniste le irregolarità e la fumosità che la jungla dei subappalti
produce e che appaiono inarrestabili.
Già la vigilia dell?Anno Europeo della Cultura era stata scossa fortemente
dal crollo del ?Museo del Mare? dove perse la vita Albert Kolgjeja; quell?
evento, per la gravità e per il danno d?immagine che procurò all?
amministrazione cittadina, sembrò segnare un cambiamento ed un impegno a non
far accadere mai più tragedie simili.
Invece sono seguite altre morti sempre tragiche e spesso in cantieri
pubblici e di quel sabato del novembre 2003 e di quell?impegno sembra essere
rimasta solo una targa commemorativa.

Alla pena e alla tristezza che proviamo di fronte a tutto ciò si aggiunge un
sentimento profondo di rabbia: perché nessuno può né deve morire di lavoro,
perché immigrati o emigranti che viaggiano alla ricerca di una dignità
negata non possono trovare la morte per guadagnarsi da vivere.
Tanto più se questo avviene in cantieri dove il committente è un?
amministrazione pubblica perciò, molto più che nel settore ?privato?,
dovrebbero esserci controlli, trasparenza e sicurezza.

Uno dei nodi centrali da affrontare è sicuramente il sistema degli appalti
al maggior ribasso che di fatto tagliano il costo del lavoro riducendo i
salari e vanno a scapito delle condizioni di lavoro: la sicurezza è un costo
pertanto va ridotto!!!
I contratti e le condizioni sono sempre più precarie e i lavoratori hanno
meno certezze e sono più ricattabili.
Le denunce dei lavoratori e delle OO.SS. da sole non bastano: o perché
vengono disattese o perché le multe e il rischio di chiusura temporanea dei
cantieri non sono un deterrente sufficiente.

Con questa lettera aperta vogliamo fare due proposte operative per
affrontare il problema della mancanza di sicurezza nei cantieri e per
fermare la strage dei lavoratori troppo simile ad un bollettino di guerra!!

Ogni giorno in Italia muoiono più di 4 persone per infortuni sul lavoro.

Innanzitutto facciamo appello alle circoscrizioni, alle amministrazioni
comunali, provinciali e regionali, perché dichiarino subito i loro territori
di competenza ?zone di sicurezza sul lavoro?:
questo per dare concretezza alle parole di circostanza che seguono ogni
incidente attraverso un controllo attivo nei luoghi di lavoro e campagne di
formazione ed informazione capillari sul tema della sicurezza, facendosi
esse stesse portatrici di queste istanze.
Potremmo così coinvolgere tutti quei soggetti, già impegnati quotidianamente
nei luoghi di lavoro, in uno sforzo comune che dia nuovo e maggiore impulso
al contrasto di chi pensa ancora che il nostro sia un lavoro pericoloso e
che ?qualche incidente? sia da mettere in conto.

Sappiamo, inoltre, che il problema della sicurezza è anche una questione di
?mentalità?: dopo anni e anni di lavoro costretti a tempi e condizioni
precarie, molti lavoratori nemmeno pensano più possibili ?forme di lavoro?
libere dal ricatto dell?abbassamento dei costi e dei tempi di esecuzione.
Occorre quindi dimostrare che lavorare in sicurezza si può e si deve!
Elaboriamo un progetto pilota, definiamo insieme un modello di cantiere che
possa essere generalizzato per produrre ?cantieri modello?, come abbiamo già
proposto lo scorso anno in sede della 1° Commissione su ?Prevenzione e
sicurezza nei luoghi di lavoro? della Circoscrizione Bassa Val Bisogno.
Ognuno porti il suo contributo e la sua esperienza per definire il cantiere
che vorremmo; Un modello che veda l?applicazione delle norme esistenti e l?
utilizzo di nuove tecnologie, dove si sappia chi lavora e con quali
mansioni, dove i materiali tossici vengano sostituiti con materiali innocui,
dove l?uso corretto di un D.P.I. (Dispositivo di Protezione Individuale) non
rappresenti una perdita di tempo ma una dimostrazione di maturità e di
qualità del lavoro, dove un lavoratore straniero senza documenti non trovi
la morte e lo sfruttamento selvaggio ma l?opportunità di essere
regolarizzato.
Chiediamo, quindi, che l?amministrazione pubblica si assuma l?impegno di
realizzare questo modello e di riprodurlo nel proprio territorio.

Queste e, sicuramente, altre le necessità che se non saranno in qualche modo
soddisfatte ci faranno ancora sentire dei sognatori che si svegliano
soltanto quando qualcuno vola giù da un ponteggio o resta sepolto sotto le
macerie.

Invitiamo quanti, sia singoli che organizzazioni, condividono i contenuti di
questa lettera aperta a sostenerla inviando la propria adesione, contributi
e proposte per definire un documento comune.


Per il settore Edile, Restauro e Archeologia
COBAS DEL LAVORO PRIVATO ? GENOVA
Vico dell?Agnello 2/6
Tel/fax 010 27 58 183 - 348 35 38 224
Email: cobasge@???, cobas_archeologia@???