[Lecce-sf] Intervista al medico che ha testimoniato contro d…

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Autore: luisa rizzo
Data:  
Oggetto: [Lecce-sf] Intervista al medico che ha testimoniato contro don Cesare Lodeserto
«Ero stanco di tacere»
            Intervista al medico che ha testimoniato contro don Cesare Lodeserto
            tratto da Il Manifesto.it
            16 marzo 2005 


      Atto d'accusa «Le irregolarità al Regina Pacis erano a tutti i livelli. Grazie al caporalato giravano milioni di euro. Hanno minacciato di bruciarmi la casa. Volevano costringere la mia fidanzata a dire che l'avevo violentata»
      «In questi anni ho visto solo un grande schifo: sono un medico, non sono una persona di sinistra, non sono neanche contrario ai cpt e quindi non strumentalizzate le mi parole. Ma sono anche un cattolico praticante e mi chiedo come possa la chiesa cattolica italiana gestire un cpt. E per di più gestirlo in questo modo». Vincenzo Refolo, medico di Calimea, paese in provincia di Lecce, ha lavorato per quasi tre anni nel cpt Regina Pacis di San Foca. Oggi è tra i più grandi accusatore di don Cesare Lodeserto. 


      D: Di cosa lo accusa? 


      R: Di sequestro e violenze, innanzitutto. Ho conosciuto ragazze che sono rimaste nel centro anche quattro mesi senza poter uscire. Chi oggi difende don Cesare, anche ai più alti livelli della politica è solo "un garzone di bottega". Lo scriva. E mi denuncino pure, perché questa gente non sa neanche di cosa parla. 


      D: Lei invece dice di saperlo bene: è vero che tra le accusatrici c'è una sua fidanzata? 


      R: E' vero. Siamo fidanzati da quattro mesi. Don Cesare un giorno l'ha fatta caricare su un furgoncino e l'ha fatta trasportare all'ospedale di Lecce, il Vito Fazzi, perché denunciasse di essere stata violentata da me. 


      D: Ma perché l'avrebbe fatto? 


      R: Perchè sono testimone in un altro processo, per esempio, quello per le violenze contro i 17 maghrebini. E poi perché sono un medico scomodo: quando c'ero io, in infermeria, certe cose non si potevano fare. 


      D: Quali? 


      R: Sono tutte agli atti, non voglio dire di più 


      D: E quando c'erano gli altri medici? 


      R: La nostra era una specie di doppia infermeria. Gli altri erano per lo più accondiscendenti, se non complici. In generale, quando ho denunciato le irregolarità, i dirigenti sanitari hanno sempre glissato. 


      D: Che ha visto il giorno della fuga dei 17 maghrebini? 


      R: Ho visto quattro persone ferite. Una aveva una sospetta frattura a un osso della faccia. 


      D: Qualcuno li ha picchiati? Ma perché don Cesare avrebbe fatto questo? 


      R: Ho visto solo quattro persone con delle lesioni. Perché ci guadagnava milioni di euro. 


      D: In che modo? 


      R: Lo stabiliranno i giudici. Ma i traffici c'erano eccome. 


      D: Quali traffici? 


      R: Mettiamola così: una ragazza arriva in Italia, dichiara di avere subito violenza e riceve un permesso per motivi umanitari. Così lui riceve una retta, che però viene a mancare se questa ragazza ha un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Conosco una ragazza che sta lì da 5 anni e lavora sempre in nero per un mobilificio. Diciamo che fra i traffici c'è anche il caporalato. 


      D: Lei sostiene di essere stato minacciato. 


      R: Alcuni operatori hanno minacciato di bruciare la mia casa e anche quella di mia zia. Ma non ho avuto paura perché sono una persona onesta.


      di AN. MA. 
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