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Giuliana libera, poi la sparatoria
Il dramma e la gioia sulla via di Bagdad
Il video della Sgrena
ROMA - Giuliana libera, Nicola ucciso. Alla fine, l'Italia li chiama per
nome. La giornalista del Manifesto liberata dai servizi segreti. Il
funzionario del Sismi, il servitore dello Stato ammazzato dal fuoco amico
americano lungo la strada per l'aeroporto, la strada più pericolosa di
Bagdad.
Non c'è il tempo per la gioia dopo un mese da incubo. Giuliana Sgrena è
finalmente libera, Nicola Calipari tornerà in una bara avvolta nel
tricolore, come i ragazzi di Nassiriya: un eroe sconosciuto, che lascia una
moglie e due figli. Insieme andavano verso l'aeroporto, ma i militari
americani di stanza a un check-point hanno aperto il fuoco contro l'auto.
Feriti, uno gravemente, l'altro in modo leggero, altri due agenti.
Nella sparatoria, Calipari - reggino, cinquant'anni, una carriera nella
polizia prima e nei servizi dopo - ha protetto con il suo corpo la Sgrena.
Ed è morto salvandola. L'inviata italiana è stata ricoverata nel vicino
ospedale militare americano; le sue condizioni non destano comunque
preoccupazione, e già domani dovrebbe rientrare in Italia con il compagno
Pier Scolari, già partito da Roma per Bagdad con un aereo della presidenza
del Consiglio.
La notizia della liberazione, giunge intorno alle 18,30 italiane, con un
secco annuncio della tv satellitare araba Al Jazeera. Gioia nella relazione
del Manifesto, felicità mista a incredulità tra i familiari della donna -
il padre Franco, la madre Antonietta, il fratello - che lo vengono a sapere
dalla televisione. Subito dopo arriva la conferma ufficiale del rilascio.
In una catena di gioia e di sollievo che si propaga per tutta Italia,
dall'ovazione al congresso di Rifondazione comunista a Venezia all'applauso
nella sala stampa del Festival di Sanremo. E testimoniata anche dalle
parole del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e del Papa
ricoverato al Gemelli.
Poco dopo, Al Jazeera trasmette un ultimo video della Sgrena girato dai
suoi sequestratori, con la giornalista tranquilla e rilassata che ringrazia
i suoi rapitori, per averla trattata bene.
Ma intanto, a Bagdad, le cose prendono un'altra piega. Nella capitale
irachena è ormai notte: e mentre un convoglio di tre fuoristrada blindati
dei servizi di sicurezza militari italiani si dirige all'aeroporto, per far
salire l'inviata del Manifesto a bordo del Falcon della presidenza del
Consiglio, i militari Usa aprono il fuoco. Pioveva -dicono. Le auto
arrivavano ad alta velocità, aggiungono. Sparano, gli americani, e uccidono
Calipari. Poi non fanno avvicinare nessuno per molti minuti. La giornalista
del Manifesto è ferita, ma non la fanno nemmeno scendere dalla macchina.
Poi la ricoverano.
Il premier Silvio Berlusconi, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi,
dichiara di aver immediatamente convocato l'ambasciatore Usa in Italia, e
di aspettarsi che qualcuno si assuma la responsabilità di quanto accaduto.
Più tardi, dopo diversi "no comment" e "stiamo raccogliendo informazioni",
arriva anche la versione ufficiale del comando americano. Secondo il
comunicato statunitense, i soldati hanno aperto il fuoco mentre l'auto con
a bordo la Sgrena stava per raggiungere, ad alta velocità, il posto di
blocco.
A pagare tragicamente con la vita, uno degli uomini maggiormente coinvolti
nei discreti contatti con i rapitori di Giuliana, e, ancor prima, anche in
quelli sfociati nel rilascio di Simona Torretta e Simona Pari, le due
volontarie rapite nel settembre scorso a Bagdad e rilasciate dopo tre
settimane di prigionia.
E nella giungla irachena rimane ancora inghiottita un'altra giornalista, la
francese Florence Aubenas, l'inviata di Liberation a sua volta rapita ormai
due mesi fa a Bagdad. Ed è proprio di lei che la Sgrena avrebbe chiesto
notizie stasera, dopo la sua liberazione.
(4 marzo 2005)
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"Eppure il vento soffia ancora...."
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