[Cm-roma] dal Corriere di Milano

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Szerző: Andrea T
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Domenico, 70 anni: l?ultimo dei fuochisti va solo in bicicletta «Da
cinquant?anni mi sveglio alle 4 per badare a 20 impianti sparsi in 
città»
        «Un caffelatte e via». Domenico il fuochista inforca la bicicletta 
alle 4 del mattino. Neve, vento o pioggia, non fa differenza. Gira mezza 
città prima di rientrare in casa, mai prima delle 19. Così per 180 giorni 
consecutivi, da novembre ad aprile. Senza un riposo. Senza un anno di 
pausa. Ogni inverno che Dio manda in terra dal 1955. Domenico il fuochista 
ha settant?anni e cura una delle caldaie più inquinanti della città, 
quella a carbone di via Venini. Senza aver mai prodotto un microgrammo di 
Pm10, perché lui si muove solo sui pedali. Nacque il 17 gennaio 1935 a 
Pietra Nera, frazione di Rovegno, Val Trebbia, Liguria. Arrivò a Milano 
dopo il Natale ?54: «Ero capace soltanto di vangare la terra e curare le 
bestie». Perso nella metropoli galoppante del boom . Lo racconta citando 
un autore «che non mi ricordo»: «Se non conosci nessuno, non sei nessuno». 
Un compaesano lo introdusse nel mondo dei fuochisti, «che all?epoca erano 
tutti brianzoli». Il primo  giorno di lavoro: 5 febbraio 1955. Da allora 
non ha mai smesso. Su e giù seguendo le stagioni come i pastori: 6 mesi di 
freddo a Milano, l?estate a Rovegno. Perché la città deve scaldarsi e 
allora servono quelli come lui. Che all?alba affondano la pala nel carbone 
e fanno andare le caldaie.
Storia della città attraverso la fatica quotidiana di un uomo che pedala: 
«Prima c?era solo il carbone - racconta - poi via via sono arrivati la 
nafta, il gasolio, il gas». Oggi segue una ventina di caldaie: quella di 
via Venini («che bisogna passare a pulire e rifornire quattro volte al 
giorno»), il resto a gasolio e a 
gas.
Dicono che, in base ai suoi passaggi in bicicletta, si potrebbero regolare 
gli orologi. Tanto è svizzero nell?organizzazione. Tanto è coriaceo 
nell?andare solitario. In cinquant?anni due influenze e un?ernia: «Per il 
resto non mi sono mai fermato».
Il giro è sempre lo stesso: via padova, viale Monza, via Venini, via 
Asiago, Ponte Nuovo, Crescenzago. Pedala senza tregua, quando piove 
indossa «il vestito di gomma», uno scafandro giallo che  fa sorridere gli 
amici. Mai pensato a cambiar vita: «Finché mi sento bene, vado avanti». 
Ripete scherzando il motto del duce: «Chi si ferma è 
perduto».
A casa non c?è nessuno ad aspettarlo: «Celibe, un fratello a Chiavari, una 
sorella al paese». Ogni sera accende la radio: «Mai avuta la Tv, distrae, 
magari poi si rischia di far tardi e non  dormire quel che serve, cinque o 
sei ore per notte».
Perché il sonno è importante, per Domenico il fuochista. Che cova un 
timore strisciante («se smetto di lavorare, passo le notti in bianco») e 
una paura vera: «Di quei pazzi balordi che il sabato e la domenica escono 
in macchina dalle discoteche e rischiano di ammazzarti». Domenico il 
fuochista oggi aumenta le razioni di carbone per il gran gelo. Poi 
riprende la bici e si allontana nella 
nevicata.