Domenico, 70 anni: l?ultimo dei fuochisti va solo in bicicletta «Da
cinquant?anni mi sveglio alle 4 per badare a 20 impianti sparsi in
città»
«Un caffelatte e via». Domenico il fuochista inforca la bicicletta
alle 4 del mattino. Neve, vento o pioggia, non fa differenza. Gira mezza
città prima di rientrare in casa, mai prima delle 19. Così per 180 giorni
consecutivi, da novembre ad aprile. Senza un riposo. Senza un anno di
pausa. Ogni inverno che Dio manda in terra dal 1955. Domenico il fuochista
ha settant?anni e cura una delle caldaie più inquinanti della città,
quella a carbone di via Venini. Senza aver mai prodotto un microgrammo di
Pm10, perché lui si muove solo sui pedali. Nacque il 17 gennaio 1935 a
Pietra Nera, frazione di Rovegno, Val Trebbia, Liguria. Arrivò a Milano
dopo il Natale ?54: «Ero capace soltanto di vangare la terra e curare le
bestie». Perso nella metropoli galoppante del boom . Lo racconta citando
un autore «che non mi ricordo»: «Se non conosci nessuno, non sei nessuno».
Un compaesano lo introdusse nel mondo dei fuochisti, «che all?epoca erano
tutti brianzoli». Il primo giorno di lavoro: 5 febbraio 1955. Da allora
non ha mai smesso. Su e giù seguendo le stagioni come i pastori: 6 mesi di
freddo a Milano, l?estate a Rovegno. Perché la città deve scaldarsi e
allora servono quelli come lui. Che all?alba affondano la pala nel carbone
e fanno andare le caldaie.
Storia della città attraverso la fatica quotidiana di un uomo che pedala:
«Prima c?era solo il carbone - racconta - poi via via sono arrivati la
nafta, il gasolio, il gas». Oggi segue una ventina di caldaie: quella di
via Venini («che bisogna passare a pulire e rifornire quattro volte al
giorno»), il resto a gasolio e a
gas.
Dicono che, in base ai suoi passaggi in bicicletta, si potrebbero regolare
gli orologi. Tanto è svizzero nell?organizzazione. Tanto è coriaceo
nell?andare solitario. In cinquant?anni due influenze e un?ernia: «Per il
resto non mi sono mai fermato».
Il giro è sempre lo stesso: via padova, viale Monza, via Venini, via
Asiago, Ponte Nuovo, Crescenzago. Pedala senza tregua, quando piove
indossa «il vestito di gomma», uno scafandro giallo che fa sorridere gli
amici. Mai pensato a cambiar vita: «Finché mi sento bene, vado avanti».
Ripete scherzando il motto del duce: «Chi si ferma è
perduto».
A casa non c?è nessuno ad aspettarlo: «Celibe, un fratello a Chiavari, una
sorella al paese». Ogni sera accende la radio: «Mai avuta la Tv, distrae,
magari poi si rischia di far tardi e non dormire quel che serve, cinque o
sei ore per notte».
Perché il sonno è importante, per Domenico il fuochista. Che cova un
timore strisciante («se smetto di lavorare, passo le notti in bianco») e
una paura vera: «Di quei pazzi balordi che il sabato e la domenica escono
in macchina dalle discoteche e rischiano di ammazzarti». Domenico il
fuochista oggi aumenta le razioni di carbone per il gran gelo. Poi
riprende la bici e si allontana nella
nevicata.