[Cm-roma] storie di ciclismo!

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Autore: Spicca
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Oggetto: [Cm-roma] storie di ciclismo!
Esordisce. A 41 anni. On the road, sulla strada. Dorina Vaccaroni. Nel ciclismo professionista. Domenica, correrà a Bologna. Non più con il fioretto, ma su due ruote. Da mamma con due figlie, Jessica, 18 anni, Annette, 8 anni. Una che da ragazza ha infilzato il mondo, che ha trafitto le Olimpiadi, un oro, un argento, un bronzo, 4 Coppe del mondo. Una che ha vinto tutto, con carattere, prepotenza, vitalità. Ma sempre a modo suo.

"Ero l'unica nelle trasferte ad avere una camera singola. Io non avrei mai accettato di dormire come hanno fatto Vezzali e Trillini nella stessa stanza. Ma come: ti devo combattere e mi tocca prendere sonno con te? Dividere un'intimità? Mai. A bere insieme, dopo, sì. Nessun problema, ma dopo. A Los Angeles nell'84 andai da Mario Pescante a dirgli che me ne tornavo a casa se non mi davano una singola. Come: voi dirigenti negli alberghi di lusso e noi atleti, otto in una stanza? Volevano farmi mangiare la carne, perché serviva nelle dieta sportiva, figurarsi, sono vegetariana. E poi i ritiri, uffa, non li ho mai sopportati. Mi hanno fatto perfino analizzare da una psicologa per cercare di capire se ero tutta giusta".

Dorina, la ragazza terribile della scherma italiana, quella bella, viziata, capricciosa, oggi vive a Mogliano Veneto dove gestisce una palestra di scherma e di spinning. "Ho cominciato ad andare in bici quattro anni fa, a correre per scherzo con i ragazzi, facevo una fatica bestiale, arrivavo con la lingua di fuori, ma io non so fare a meno dell'agonismo. E se non mi alleno due ore al giorno sto male, per me è come lavarmi i denti. Mi dispiace che la scherma abbia interrotto ogni rapporto con me, pensavo di poter essere utile alle ragazze di oggi, ma loro hanno stroncato ogni collaborazione, mi hanno isolata. Ho visto la scherma di Atene, novità non ce ne sono, il livello è quello lì, davanti alla tv non mi sono sentita vecchia, anzi sarei stata pronta ad andare in pedana. Certo, ho il mio carattere, non sono come la Bianchedi che dice sempre sì, trovo che a volte si migliora l'ambiente anche con i no. Adesso so di aver scelto uno sport che non brilla per pulizia, anche se io attorno
a me non ho visto nulla di sporco, e personalmente preferisco arrivare ultima con le mie gambe che prima con la chimica. Però adesso che lo pratico devo dire che il ciclismo è bestiale, quello che ti ammazza è non avere il tempo di recuperare. Non è che mi risparmio, l'anno scorso ho fatto 20 mila chilometri, ce la metto tutta, infatti sono tesserata per una società come la Gs Safi Pasta Zara, che in squadra ha anche Nicole Cooke, 21enne gallese capace di vincere tre titoli mondiali junior. Ma se si è troppo carichi di lavoro, bisogna sapersi ascoltare e fermarsi".


Si può, dopo una vita nello sport, avere ancora voglia di arrivare prima delle altre? "Sì, se ami lo sport. Non conosco Schumacher, ma se devo paragonarmi a qualcuno scelgo lui. Mi piace la sua meticolosità, perché io sono uguale. Sempre stata così, tutto doveva essere perfetto, ieri l'inclinazione del fioretto, la punta al millimetro, l'impugnatura, oggi la sella, il manubrio, i pedali. Forse per i miei tempi ero un personaggio troppo indipendente, l'Italia poi è maschilista, non è un paese che brilli per favorire le donne. Ama avere le campionesse, ma fa poco per stimolarle. In tv lo sport è quasi solo quello degli uomini, perché quello delle ragazze viene oscurato. E questo non aiuta la pratica. Se le mie figlie mi seguono? La grande se ne frega o forse si vendica del fatto che sin da bambina l'ho sempre portata con me in pedana e la piccola invece lamenta la mia assenza. Tra Vezzali e Trillini la prima ha qualcosa in più, è più iena in pedana, più tignosa, più determinata.
Potrebbe correre con me in bici, sì ce la vedo fare un altro sport".

Cosa chiede a questo nuovo inizio? "Di imparare ad andare forte. Non sono un bluff, l'anno scorso ho vinto i campionati italiani e anche tutte le gare di gran fondo alle quali ho partecipato. E' stata una soddisfazione battere Paola Pezzo in volata. E' capitato, eppure sembrava impossibile".

Dorina, non è una malattia, questa di non saper smettere? "Certo, ma tutti i campioni dello sport sono malati. Di protagonismo, di fama, d'immortalità. E quando scendi dal podio cadi in depressione. Capita a tutti, finire nell'ombra non è piacevole, vedi Pantani. Bisogna spostare il confronto un po' più in là, uno ci prova, ma le soddisfazioni non sono le stesse. Io sono andata avanti anche caricandomi dei debiti per la palestra, tutto serve per sentirsi vivi. Perché lo sport ti dà veramente un attimo d'infinito, ti accende il colore, come fai poi ad accontentarti del bianco e nero? Per questo comincio di nuovo. Per non spegnermi".

(3 marzo 2005)

da repubblica.it

                
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