Sentenza della Consulta
Sanatoria incostituzionale
Negando la regolarizzazione a chi aveva a suo carico una denuncia si è
violato l'articolo 3 della Costituzione. E ora?
È incostituzionale negare la regolarizzazione a chi ha a suo carico una
denuncia ma non è stato ancora condannato, perché viola il principio di
uguaglianza di tutti di fronte alla legge.
Lo ha stabilito oggi una sentenza della Corte Costituzionale, a quasi due anni
e mezzo dalla più grande sanatoria della storia d'Italia.
Sia la legge Bossi-Fini (che prevedeva la sanatoria di colf e badanti), sia la
legge 222 del 2002 (che la estendeva a tutti gli altri lavoratori
subordinati), vietavano di regolarizzare i lavoratori "denunciati per uno dei
reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale". Si
trattava di tutti quei reati (ad esempio furti, lesioni personali, truffe? )
per i quali è previsto l'arresto in flagranza obbligatorio o facoltativo.
A suo tempo quella norma aveva fatto molto discutere. Si può penalizzare
qualcuno in base ad una semplice denuncia, senza che nessun tribunale lo
abbia ancora giudicato colpevole?
Costituzione violata
La stessa domanda se la sono posta in questi anni alcuni tribunali italiani di
fronte ai ricorsi presentati da cittadini stranieri che per quel motivo si
erano visti respingere la domanda di regolarizzazione ed erano stati colpiti
da decreto di espulsione. I giudici hanno quindi chiesto alla Corte se quella
norma rispettava i principi sanciti dalla Costituzione.
Nel dibattito è inevitabilmente entrato anche il governo, che ha difeso la sua
legge sostenendo che una denuncia, sono parole dell'Avvocatura dello Stato,
può essere considerata "indice sintomatico di una possibile inclinazione a
delinquere". La Corte è stata però di tutt'altro avviso.
"Nel nostro ordinamento - si legge nella sentenza depositata oggi - la
denuncia, comunque formulata e ancorché contenga l'espresso riferimento a una
o a più fattispecie criminose, è atto che nulla prova riguardo alla
colpevolezza o alla pericolosità del soggetto indicato come autore degli atti
che il denunciante riferisce".
La Corte ha quindi concluso che "si deve dichiarare, in riferimento all'
articolo 3 della Costituzione l' illegittimità costituzionale delle norme
impugnate". In altre parole, rigettare una domanda di regolarizzazione solo
in base ad una denuncia è contrario al principio di uguaglianza di tutti i
cittadini di fronte alla legge.
Qualcosa è cambiato
E ora? "Tutti i ricorsi ancora pendenti, o quelli respinti per i quali si fa
ancora in tempo a presentare un ulteriore ricorso, verranno dichiarati
fondati" dice la dott.ssa Mascia Salvatore, esperta in diritto
dell'immigrazione.
"Quei lavoratori - spiega l'esperta - andavano regolarizzati e non dovevano
essere espulsi. Se si trovano in Italia, seguendo determinate procedure
potranno ottenere il permesso di soggiorno per lavoro. Se sono già
all'estero, a fronte della dovuta documentazione potranno chiedere alla
rappresentanza diplomatica italiana un visto di reingresso".
Ma la sentenza ha effetti interessanti anche per chi, espulso a causa di
quella norma, non ha mai presentato ricorso. "Chi si trova in questa
situazione - dice l'esperta - potrà chiedere al ministero dell'Interno,
sempre tramite la rappresentanza diplomatica italiana nel suo Paese, che
venga cancellata l'espulsione".
Intanto, il governo ha preso atto della decisione della Corte Costituzionale.
"Ci adegueremo alla sentenza della Consulta, - ha dichiarato il ministro
della giustizia Castelli - come abbiamo sempre fatto".