Autor: Andrea T Datum: Neue Treads: [Cm-roma] Ottimisti Betreff: [Cm-roma] Luci ad energia solare
Grazie, un motivo in più contro le bici da supermercato.... :)
A.
On Thu, 17 Feb 2005 19:56:38 +0100, Marco Pierfranceschi
<marcopie@???> wrote:
> Alle 14:18, giovedì 17 febbraio 2005, Valerio ha scritto:
>> Ciao a tutti!
>> Tempo fa vidi, in vendita presso Lidl
>
> LIDL?
> Vi scoccia se una tantum la faccio io un po' di contro-informazione?
>
> *******************************************************************************
> Il Manifesto - 02 febbraio 2005
>
> VERSO SINISTRA
> Felicita Magone
> Cassiera alla Lidl ed iscritta CGIL
>
> Anzitutto, illustrando alcuni dati, cercherò di tracciare l'identità
> della
> multinazionale tedesca presso la quale lavoro: la Lidl. L'inizio
> dell'attività Lidl è da collocarsi negli anni '30 quando la società fu
> costituita nella zona centrale della Germania con il nome di Lidl &
> Schwarz
> da cui negli anni settanta prende il via il ramo discount con l'insegna
> Lidl.
> Il fondatore e proprietario di questo impero commerciale è un uomo nativo
> della Svevia Herr Dieter Schwarz. Oggi le filiali del suo gruppo sono
> presenti in 24 paesi europei e Schwarz è uno degli uomini più facoltosi
> della
> Germania. Secondo i dati del 2004, il bilancio del suo gruppo ammonta a
> 36
> miliardi di euro, con una crescita del 44% negli ultimi tre anni. Nel
> '99,
> prima che i suoi legali facessero richiesta esplicita affinché non
> comparisse
> nell'elenco del periodico americano Forbes, figurava al 37° posto fra gli
> uomini più ricchi del pianeta. Questo multimiliardario evita ogni
> apparizione
> pubblica e di lui esistono solo due fotografie che lo ritraggono. Non ha
> uffici stampa e addetti alle pubbliche relazioni e secondo le parole di
> un
> rappresentante di una agenzia di ricerche tedesca, l'impero Schwarz "è un
> colosso a conduzione familiare dominato dalla segretezza". Dopo essersi
> saldamente affermato in Germania, nel 1992 ha dato il via ad una
> campagna di
> espansione nel resto d'Europa approdando in Francia, Austria, Italia,
> Polonia, Gran Bretagna e in altri 12 paesi del continente. In Italia la
> Lidl
> ha aperto le sue prime filiali in Veneto. All'entrata di ogni discount
> era
> affisso un manifesto nel quale si propagandava la formula che
> giustificava la
> convenienza dei prezzi: arredamenti essenziali, prodotti di marche
> sconosciute, assenza di pubblicità. Sul forte risparmio garantito dal
> mancato
> rispetto dei contratti di lavoro, dallo sfruttamento del personale, da
> una
> gestione senza scrupoli, non si parlava. La filiale da cui provengo ha
> sede
> ad Albenga ed ha aperto i battenti nel Febbraio del 1992. Che si
> trattasse di
> un futuro lavorativo quantomeno scomodo, lo si capiva fin dal test
> d'ingresso
> per l'assunzione un centinaio codici di 3 cifre da imparare a memoria in
> pochi giorni! La realtà del dopo assunzione è tutt'altro che
> rassicurante:
> ordini secchi e militareschi, severità massima rimproveri forti, clima
> ostile. I diktat: Velocità estrema - in corsia 4 bancali l'ora, in cassa
> 240
> clienti per ogni turno di 4 ore; flessibilità estrema su tutti i fronti -
> svolgere ogni tipo di mansione stare in cassa, rifornire scaffali, pulire
> bagni e piazzali, smontare e rimontare scaffalature e altre amenità. Di
> norme di sicurezza nemmeno l'ombra: per ridurre il volume degli
> imballaggi di
> cartone ci dovevamo arrampicare su grosse gabbie a 4 ruote, dette roll, -
> alte circa 2 metri e 50, entrarvi e saltando schiacciare i cartoni col
> peso
> del corpo; per scaricare le merci poste più in alto, siccome in filiale
> non
> c'erano scale, dovevamo salire su trasportatori elettrici, rischiando
> l'osso
> del collo. L'orario di lavoro fisso, poi, è sempre stato un optional. Le
> addette alla vendita, da noi, sono assunte tutte con contratto part-time
> che
> per legge prevede espressamente turni di lavoro rigorosamente definito.
> Nel
> migliore dei casi l'orario ci veniva comunicato con un anticipo di
> qualche
> giorno, a volte purtroppo, con un preavviso di qualche ora dall'inizio
> del
> turno. La cosa più pesante da tollerare è sempre stata la pressione
> psicologica che questo genere di organizzazione del lavoro riesce a
> realizzare. Il sistema militaresco, estremamente gerarchico, impedisce
> che le
> proteste o le richieste abbiano seguito. Il perno centrale attorno a cui
> si
> snoda tutto il meccanismo (e questo gli esperti di mobbing lo sanno
> bene) è
> l'errore: la strategia è quella di far sentire il lavoratore inadeguato,
> non
> all'altezza,. Questo è un meccanismo molto potente, in grado, nella quasi
> totalità dei casi, di disinnescare le proteste sul nascere, di disarmare
> anche avendo la legge dalla propria parte. Col passare degli anni per me
> e le
> mie colleghe l'insofferenza per quei metodi e quei sistemi diventa
> sempre più
> forte. A fine primavera del 99, in seguito al passaggio dalla direzione
> di
> Milano a quella di Bologna, cade la classica goccia che fa traboccare il
> vaso! La nuova direzione è decisa ad aumentare a tutti i costi la
> produttività, usando tutti gli strumenti possibili, leciti o illeciti. Il
> clima è da "Gestapo". Ti senti continuamente addosso occhi che ti
> controllano. In cassa, poi, tenere i ritmi richiesti è impossibile.
> Siccome
> in filiale non siamo abbastanza solerti nell'adeguarci ai loro dettami,
> fanno
> sparire le sedie, costringendoci a lavorare in piedi. Personalmente,
> vengo
> convocata in ufficio da un superiore che, con tono minaccioso e
> sprezzante,
> mi avverte che se entro breve non mi adeguerò agli standard stabiliti
> dall'azienda, sarò affiancata da una persona che farà in modo che la mia
> unica mansione sia pulire bagni. Nel Giugno del '99 insieme a gran parte
> delle mie colleghe aderiamo al sindacato. Dopo un iniziale inasprimento
> delle
> condizioni di lavoro il clima cambia. Usiamo la tecnica dei fax e delle
> lettere alla direzione generale dell'azienda, per fare uscire dal chiuso
> della nostra realtà locale, vicende e situazioni spesso al di fuori della
> legalità. Sono momenti ancora delicati e difficili, ma la solidarietà tra
> noi, e la certezza del valore della nostra causa, ci aiutano ad andare
> avanti. All'inizio del 2003, come delegata sindacale, informo le mie
> colleghe
> sull'andamento delle trattative per il contratto integrativo aziendale e
> sulla seguente rottura del tavolo negoziale. A seguito di questa rottura
> c'è
> da parte delle OO.SS. la proclamazione di uno sciopero. I miei superiori
> non
> gradiscono il mio impegno per la sua riuscita. Così, comincia a crescere
> la
> loro arroganza e prepotenza, e in vari modi cercano di screditare il mio
> operato e quello del sindacato. Il capo settore pretende poi per il
> futuro di
> essere informato preventivamente su ogni iniziativa si sia intenzionati a
> prendere su invito dell OO.SS. Il sindacato, dopo il fallimento del
> tentativo
> di riconciliazione messo in atto invitando la direzione dell'azienda a
> dissociarsi dalle affermazioni e dalle richieste del capo-settore,
> decide di
> adire le vie legali. È il Luglio del 2003. Il giudice del lavoro del
> Tribunale di Savona emette una sentenza di condanna della Lidl Italia per
> attività antisindacale. A dirla così potrebbe sembrare un'impresa facile
> o
> scontata, ma vi assicuro che soprattutto a livello emotivo il prezzo di
> questa nostra vittoria è stato per me e le mie colleghe davvero alto.
> Dopo un
> iniziale periodo di tranquillità post sentenza, sono tornati alla carica.
> Dall'inizio dell'estate prendendo a pretesto il fatto che i risultati
> inventariali erano disastrosi dati sui quali peraltro non abbiamo
> facoltà
> di controllo siamo state sottoposte a pressioni psicologiche continue,
> dai
> test sugli scontrini dei clienti ai controlli cassa, alle pagelle per le
> cassiere, con tanto di voti come a scuola, alle necessità di firmare
> continuamente registri dove vengono segnate le note di merito sulle
> nostre
> varie prestazioni. Ormai esasperate da questa continua tempesta di
> controlli
> in seguito all'ennesimo test-carrello per mettere alla prova una
> cassiera e
> di fronte alla disperazione e alle lacrime della nostra collega rea di
> non
> aver controllato abbastanza, abbiamo deciso di scioperare. Da sole. Il
> topolino contro la montagna. Confortate però dal sostegno unitario delle
> OO.SS. Lo sciopero è riuscito, i clienti si sono dimostrati solidali
> quando
> abbiamo distribuito loro i volantini nei quali affermavamo che come
> esseri
> umani chiedevamo rispetto e non accettavamo il trattamento che di solito
> si
> riserva alle merci! Il perché di tanto accanimento contro i lavoratori
> Lidl
> da parte dei vertici aziendali lo si evince dalla lettura del libro
> pubblicato dal sindacato tedesco del commercio ver-di, fatto
> appositamente
> uscire il 10 Dicembre scorso in occasione della giornata dei diritti
> dell'uomo lo "Schwarz Buch" cioè libro nero. Per me è stato
> particolarmente
> interessante apprendere che il gruppo per il quale lavoro, aveva delle
> vere e
> proprie scuole dove formava le nuove leve dirigenti insegnando come
> impedire
> la formazione delle commissioni interne del sindacato o affrontando temi
> come
> "il conflitto come opportunità". Ho avuto in questo modo la conferma
> definitiva che questo sistema basato soprattutto sui ricatti e sulle
> pressioni psicologiche non fosse dovuto solo all'aggressività del
> dirigente
> di turno, ma fosse una deliberata strategia aziendale, appresa giorno
> dopo
> giorno nelle aule di una scuola. Questo libro, frutto di due anni di
> indagini, ci permette poi di osservare da dietro le quinte una realtà
> rimasta
> finora avvolta da un alone di mistero. La situazione descritta nello
> Shwarz
> Buch è quella di "un clima di paura", con sorveglianza dei lavoratori
> attraverso telecamere nascoste installate nei magazzini, impossibilità
> pratica per le cassiere di recarsi in bagno, ispezioni personali e alle
> proprie auto motivate dal sospetto di furti, mancato pagamento degli
> straordinari, misure igieniche e di sicurezza non rispettate. Sono
> tantissime
> le storie allucinanti capitate a dipendenti ed ex dipendenti
> dell'azienda che
> hanno cercato di organizzarsi sul proprio posto di lavoro e hanno visto
> la
> propria quotidianità lavorativa trasformarsi in un inferno. Una di queste
> lavoratrici dichiara addirittura ripensando all'interrogatorio cui era
> stata
> sottoposta prima di firmare le dimissioni "in quella situazione avrei
> firmato
> persino la mia condanna a morte". Un'altra lavoratrice dichiara "nella
> nostra
> filiale c'era armonia e tra di noi andavamo d'accordo e questo non era
> ben
> visto. Loro vogliono il conflitto tra i lavoratori". Concludendo,
> credo che
> nella realtà del nostro Paese, ancor più dello stupore per l'accanimento
> con
> il quale la Lidl tratta i propri lavoratori, sia grave e preoccupante
> l'atteggiamento della maggior parte dei lavoratori. Le realtà
> sindacalizzate
> sono una sparuta minoranza. E' vero, il lavoro manca e il rischio di
> perderlo, gioca a favore della politica di aziende come la mia. Ma a
> volte
> credo giovi riflettere anche sul perché i lavoratori scelgano la resa
> incondizionata di fronte alla violazione dei propri diritti o di
> battersi da
> soli per arrivare spesso alle dimissioni spontanee. La pubblicazione del
> libro dei ver-di, facendo venire alla luce una realtà come questa,
> costituisce un importante passo avanti per i lavoratori, e permette di
> guardare al futuro con un briciolo in più di ottimismo. La CES, il
> sindacato
> europeo e il sindacato internazionale UNI si stanno adoperando per
> mettere in
> moto nuove sinergie e nuove strategie comuni tra le organizzazioni dei
> lavoratori Lidl delle varie nazioni. Se tuttavia non saremo capaci di
> dare
> nuovo vigore a ideali e valori che mettano in primo piano l'uomo e la sua
> dignità, i nostri sforzi non avranno futuro. Per arginare gli effetti
> deleteri della logica del profitto sfrenato e senza regole, serve
> qualcuno
> che torni a parlare di solidarietà, di empatia, di uguaglianza e anche di
> coraggio, indignazione e passione... per non trovarci soli, in balia di
> questo "nuovo che avanza"
>
> *******************************************************************************
>
> Ciao
>