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題目: [RSF] [NuevaColombia] UNIONE EUROPEA-COLOMBIA: RELAZIONI PERICOLOSE

A CARTAGENA LA CONFERENZA DEI PAESI DONATORI. I PIANI DI URIBE PER GLI
AIUTI EUROPEI

UNIONE EUROPEA-COLOMBIA: RELAZIONI PERICOLOSE



(Tratto da Liberazione del 04/02/2005)


Si è aperta ieri a Cartagena la Conferenza dei Paesi donatori della
Colombia a cui parteciperà, tra gli altri, l¹Unione Europea. A partire
dall’approvazione del cosiddetto “Plan Colombia” da parte del Congresso
statunitense, Washington ha fatto pressioni su Bruxelles per convincere
l¹Europa ad appoggiarne la “parte sociale”. Una divisione dei compiti
che ricorda “il bastone e la carota”. La strategia di cooperazione
europea è stata in questi anni profondamente contraddittoria, nonostante
i forti richiami del Parlamento di Strasburgo e della Commissione al
rispetto dei diritti umani da parte del governo colombiano. La
Commissione europea è il principale donatore della Colombia per quanto
riguarda la tutela dei diritti umani e, con la ragguardevole somma di
67,8 milioni di euro, concentra i suoi sforzi nei cosiddetti “Laboratori
di Pace”, un progetto attivato in quattro zone della geografia bellica
colombiana e totalmente funzionale alla politica neoliberale e di guerra
del presidente Uribe.
La strategia dei “Laboratori” è infatti l¹elevazione a dogma della
cosiddetta “resistenza della società civile contro gli attori armati”,
perorata fino alla nausea dai generali. Gli alti comandi non si stancano
di ripetere che «44 milioni di colombiani che vogliono il bene, devono
unirsi all¹esercito per vincere 30.000 violenti» (leggi le guerriglie),
un tentativo di arruolare il rifiuto alla guerra in una funzionale
militanza contro le FARC e l¹ELN. Nella pratica, i paramilitari, con
l¹appoggio dell¹esercito, provvedono a “ripulire” con il terrore le zone
dal conflitto sociale, vi si insediano ed eleggono i loro
“rappresentanti istituzionali”, della “società civile”, creano
“organismi non governativi”, ed in alcuni casi clamorosi prendono in
mano addirittura il sindacato. Si “fanno Stato” e “società civile”,
legittimati a “negoziare” ed a ricevere fondi internazionali.

La regione del Meta


Vale la pena ricostruire la storia di un progetto per capirne i reali
beneficiari.
Uno dei casi, in cui agiscono i “laboratori di pace” è quello del Meta,
culla del paramilitarismo degli squadroni della morte, strumento di
contenimento dei movimenti contadini di sinistra nella zona.
Curiosamente, grazie alle pressioni del governo e del Programma delle
Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), proprio alla vigilia della
Presidenza Uribe, venne assegnato il “premio nazionale di pace 2002” a
due municipi del Meta per “aver raggiunto la pace”. Insieme al premio
arrivò anche il 21° battaglione dell¹esercito. In quel periodo si
registrarono, come purtroppo accade spesso, violenze e massacri di
civili, e l¹espulsione di interi villaggi (per esempio Puerto Esperanza
e Puerto Toledo), i cui abitanti oggi affollano le favelas di Bogotà. La
“riconciliazione” non venne sottoposta a verifica, nè dai governi
europei, nè dalla stampa, nè da molte delle Ong (anche italiane), ma fu
premiata e benedetta dalla cooperazione internazionale e da alcuni
funzionari delle Nazioni Unite.

Il Magdalena Medio



Facciamo un passo indietro. Il primo “Laboratorio di Pace” è il figlio
putativo della marcia contadina nella regione del Magdalena Medio
nell¹agosto 1998. Il governo Pastrana si era appena insediato dopo aver
vinto le elezioni anche grazie alla famosa foto in cui il suo
collaboratore Víctor G. Ricardo, appariva al fianco di Manuel Marulanda,
comandante in capo delle Farc. Nei primi giorni del suo governo Pastrana
cercò di capitalizzare (via Onu) quella foto. Fu così che quando i
contadini del centro della Colombia diedero il loro “benvenuto” al
governo marciando nella città di Barrancabermeja, Pastrana dovette
rinunciare di ricorrere alla repressione e fu obbligato a negoziare
davvero. Le organizzazioni contadine riuscirono a strappare un piano di
sviluppo integrale della zona del Magdalena Medio. Un piano che,
attraverso i fondi dell¹Unione Europea per il primo “Laboratorio di
Pace”, cercava di innescare uno sviluppo partecipato e di riequilibrare
la drammatica ingiustizia agraria (l¹indice Gini di concentrazione della
proprietà è superiore all¹ 85 %). Ma i fondi, arrivati nel 2001, non
furono dati ai contadini che li avevano ottenuti grazie alla
mobilitazione. Il governo, timoroso della forte autonomia campesina e
con l¹appoggio della Commissione Europea, consegnò i primi 37 milioni di
euro all¹allora piccola Ong del sacerdote gesuita Francisco Deroux, da
sempre tollerante con il paramilitarismo. Un settore della Chiesa
cattolica finiva così per utilizzare risorse piovute dal cielo. Il
religioso non perse tempo nel benedire le neonate “organizzazioni non
governative” create dai paramilitari e dai servizi di sicurezza dello
Stato colombiano, dando loro finanziamenti senza alcun controllo serio.
Da quel momento i fondi non solo non sono arrivati ai contadini, ma al
contrario sono stati serviti su un piatto d¹argento ai loro sicari. E¹
così che i contribuenti europei hanno finanziato in parte la conquista
paramilitare di Barrancabermeja e del Magdalena Medio. Non basta:
un¹altra parte delle risorse è stata utilizzata per un esperimento di
mini-fondi coltivati a palma africana per la produzione di olio, un
progetto fortemente sponsorizzato dalle multinazionali
dell¹agro-alimentazione che, lungi dal contribuire all¹autosufficienza
alimentare, serve anche per occultare il finanziamento del
paramilitarismo.

Pressioni sulla Ue


Il fatto che i laboratori si concilino con la sua politica neoliberale
e di guerra, non basta al presidente Uribe, che vuole disfarsi di
qualsiasi voce critica anche negli uffici della Ue a Bogotà. Il governo
ha aumentato le pressioni affinché la cooperazione europea si pieghi a
quella statunitense, attraverso l¹Agenzia Colombiana di Cooperazione
Internazionale e della “Rete di Solidarietà Sociale” (entrambe dirette
dal cortigiano di Uribe, Luis Alfonso Hoyos). Un pressione esercitata
accusando di “mancata trasparenza” la decisione di assegnare
all¹italiana Nomisma e ad una Ong del belpaese il contratto di
assistenza tecnica europea per le tre zone comprese nel secondo
Laboratorio. Certo la necessità di trasparenza ci trova d¹accordo.
Peccato che esista un¹indagine della magistratura colombiana nei
confronti dello stesso Hoyos, accusato di aver stornato i fondi
destinati ai contadini sfollati a favore della costruzione di un campo
sportivo nel suo paese natale. L¹attacco del governo appare avere un
unico scopo reale: fare in modo che le risorse europee vadano a sommarsi
a quelle della Banca Mondiale. Ciò significa ad esempio che, nel
contesto dei Paesi andini produttori di coltivazioni illecite (come la
coca), la politica europea sulle droghe dovrà cambiare, allineandosi
alla “guerra alla droga” made in Usa che prevede sradicamento forzato
delle coltivazioni, repressione indiscriminata, fumigazioni con
glifosato della Monsanto. Una scelta che è l¹antitesi di quello che
avrebbero dovuto rappresentare i “Laboratori” presentati come progetti
di sviluppo alternativo.

I guardaboschi


Nei piani dei governi di Washington e Bogotà la divisione dei fondi è
chiara: loro forniscono i soldi per armi e soldati, mentre Bruxelles
finanzia la “politica sociale”. Il cosiddetto “ritorno” e l¹appoggio
alle “famiglie dei guardaboschi”. Di che si tratta? Il “ritorno” è
quello dei contadini espulsi dalle loro terre, a cui è permesso tornare,
però solo nelle zone controllate dai paramilitari a lavorare in
condizioni di lavoro feudali. Parallelamente, con il pretesto
“ambientalista”, si è messo in piedi il progetto di aiuti alle “famiglie
di guardaboschi” (finanziato anche dall¹Italia). Un piano che ha un
preciso scopo: insediare i paramilitari sul territorio e consolidarne il
controllo, ampliando in ambito rurale la cosiddetta “rete di un milione
di informatori”, parte centrale della dottrina “comunitaria” e di
“sicurezza democratica” del presidente Uribe per reprimere e
criminalizzare la protesta sociale. Ma qualcosa sfugge al suo controllo.
Ieri il parlamento colombiano ha deciso di interrompere il dialogo con
il governo, opponendosi alla proposta di legge che avrebbe dovuto
regolare la “smobilitazione” dei paramilitari e far ripartire i
“negoziati farsa” di Santa Fe di Ralito. Il governo Uribe si presenta a
Cartagena sempre più screditato ed in difficoltà. L¹ambizioso obiettivo
è quello di una cooperazione apertamente funzionale alla sua strategia
contro-insurrezionale, di concentrazione della proprietà terriera, di
strapotere delle multinazionali. Sta all¹Europa, con le risorse dei suoi
contribuenti, decidere se aiutare a consolidare un modello autoritario e
quasi feudale in pieno XXI secolo o puntare davvero ad un dialogo di
pace e di giustizia sociale. Il prossimo 11 febbraio il presidente Uribe
sarà a Bruxelles. Una visita di ringraziamento o verrà a perorare la sua
causa?



Marco Consolo




                
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