[Cpt] articolo manifesto

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Autor: f.martone@senato.it
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Assumpte: [Cpt] articolo manifesto
Invio sperando di fare cosa gradita
Cari saluti
Francesco Martone
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Terreno di guerra
UNA DI NOI
Da il Manifesto del 9 Febbraio
FRANCESCO MARTONE

Puntuale e inesorabile si ripresenta la scadenza. Anche stavolta il
dibattito sul rifinanziamento della missione italiana in Iraq rischia di
trasformarsi in un nuovo gioco di sponda. La politica istituzionale nel
nostro paese ci sta abituando a strategie e tattiche simili a quelle del
gioco del biliardo: colpire un lato della boccia, con in mente la buca
opposta.; E così la discussione politica sull'Iraq nel centrosinistra
sembra fornire un pretesto per testare la solidità di nuove formazioni
politiche, fresche di una tinta di riformismo, o per le fazioni più
agguerrite, nell'eterno gioco di scavalco a sinistra. Spazzando via questo
rumore di fondo, restano alcune questioni imprescindibili, prima fra tutte
quella relativa al dramma del rapimento di Giuliana Sgrena. Il dovere di
fare tutto il possibile per la sua liberazione non deve far passare in
secondo piano alcune considerazioni. Il suo rapimento non avviene in un
terreno neutro, ma in teatro di guerra, scatenata dall'invasione illegale
dell'Iraq. Avviene all'indomani delle elezioni politiche nel paese che,
pur rappresentando un significativo passo in avanti per un maggior
protagonismo degli iracheni nella vita politica, rischiano di trasformarsi
nell'amara realtà di un esercizio in vitro di democrazia d'esportazione.
Teniamole bene a mente le parole di Jurgen Habermas: «La pretesa di
validità universalistica che l'occidente collega ai propri valori politici
fondamentali, ossia alla procedura di autodeterminazione democratica e al
vocabolario dei diritti umani, non va confusa con la pretesa imperiale che
la forma di vita e la cultura politica di una data democrazia, foss'anche
la più antica, diventi un modello al quale tutte le società debbano
ispirarsi». Quella irachena inclusa. Il dopo elezioni quindi è tutto da
costruire, e non è detto che porti a un cambiamento sostanziale in senso
democratico. Ciò che risulta inaccettabile è l'aggrapparsi a questo
evento, imposto con la forza delle armi, per tentare di legittimare "ex
post" un'invasione e una guerra, e la continuata presenza di truppe
italiane, da destra e manca. Anche Habermas si chiede se le conseguenze
positive di una guerra illegale possano produrre un effetto legittimante a
posteriori. Ebbene, il suo giudizio e netto e tranciante: chi lo fa manca
di considerare la novità storica rappresentata dalla politica imperiale
neocon e i rischi globali ad essa connaturati. A fronte della minaccia
epocale rappresentata da questa grave rottura del fondamento della
convivenza internazionale non deve rispondere con un netto rifiuto.

Come con nettezza e onestà intellettuale si deve cercare, nei limiti del
possibile, di dare degna rappresentanza allo spirito e ai valori di fondo
che hanno motivato e motivano i rischi che Giuliana Sgrena ha deciso di
accollarsi per scrivere e descriverci i volti nascosti di una guerra che
potrebbe disegnare la storia del nuovo millennio. E ricordare che proprio
il lavoro suo, e di altri, indispensabile e prezioso per alimentare una
discussione autenticamente democratica sull'Iraq, rischia di essere
pregiudicato irrimediabilmente da un disegno di legge, sul quale anche lei
si era espressa con grande preoccupazione. Attraverso la modifica del
codice penale militare di guerra, già approvata al Senato, la maggioranza
vuole con un gioco di sponda introdurre una sorta di Patriot act
all'italiana, un bavaglio inaccettabile alla libertà di stampa. E' un
altro dei paradossi della politica del nostro paese: se questo disegno di
legge dovesse passare anche Giuliana per il suo lavoro potrebbe essere
accusata di tradimento della patria.

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