[Lecce-sf] Giuliana

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Autore: Silverio Tomeo
Data:  
Oggetto: [Lecce-sf] Giuliana
GIULIANA
                  Il mestiere della pace 
                  LUCIANA CASTELLINA
                  Scrivendo di Giuliana non so se la prima definizione che devo 
                  darne sia «giornalista» o «pacifista», perché è ambedue le 
                  cose e forse il suo giornalismo è così importante perché lei 
                  gli ha dato la sua anima di militante del movimento della 
                  pace. Raccontando dei paesi in guerra dove è stata ha sempre 
                  cercato infatti di dar voce a chi non aveva né armi né potere, 
                  alla gente che sempre diventa vittima dei «danni collaterali» 
                  della guerra: delle bom be come della fame, della sete, di una 
                  condizione di esistenza disperante. Proprio per questo, alle 
                  donne soprattutto. Che è sempre andata a trovare, nei 
                  quartieri più lontani, quale che fosse lo stato del conflitto. 
                  Quando l'Irak fu aggredito, nel marzo del 2003, e alcuni di 
                  noi dettero vita per una decina di giorni a una trasmissione 
                  televisiva quasi corsara - No War tv - era a Giuliana che 
                  telefonavamo per avere una testimonianza in diretta: e lei 
                  rispondeva, mentre già piovevano i missili, calma come sempre, 
                  e ci descriveva la gente di Bagdad, con la quale stava. Ad 
                  occuparsi del mondo ha cominciato presto, Giuliana: nel 
                  Movimento Studentesco di Milano, il più forte d'Italia, che 
                  poi divenne Movimento dei lavoratori per il solcialismo e 
                  quindi confluì nel Pdup, nel `68. Per «Compagne e compagni - 
                  La Sinistra», il giornaletto dell'organizzazione, ha scritto 
                  in particolare della Spagna post franchista, quindi di cose 
                  estere più generali, fino ad entrae a far parte della 
                  redazione di una pubblicazione più importante: il mensile e 
                  poi settimanale Pace e guerra, diretto da Claudio Napoleoni, 
                  Stefano Rodotà, e dalla sottoscritta (poi anche da 
                  Michelangelo Notarianni), un tentativo di aggregare sinistra 
                  socialista e comunista, ortodossa e non. Per Pace e Guerra, 
                  dove animava la sezione internazionale assieme ad un altro ex 
                  militante del Movimento studentesco diventato piuttosto 
                  famoso, Paolo Gentiloni, Giuliana ha seguito ogni passo del 
                  movimento pacifista italiano rinato in quegli anni nella lotta 
                  contro l'installazione dei missili Pershing e Cruise, così 
                  come degli SS20 sovietici per «Un'Europa senza missili dal 
                  Portogallo agli Urali». Era lo slogan di allora. Anche in 
                  quella fase, quando era alle sue prime armi di professionista, 
                  Giuliana non ha mai separato la pratica del mestiere da quella 
                  politica: a Comiso non si limitava a scrivere, sedeva con 
                  tutti gli altri dinanzi alla base del Magliocco, nei cordoni 
                  umani attaccati dalla polizia coi manganelli che cercavano di 
                  aprire il varco alle nuove armi.


                  Poi al Manifesto, la maturità professionale, l'occasione di 
                  conoscere molto mondo, sempre quello sofferente delle guerre e 
                  delle opressioni: il Corno d'Africa, il Maghreb, il Medio 
                  Oriente, l'Afghanistan, dove va e torna molte volte.


                  In Irak la sua presenza è ininterrotta, c'era stata già in 
                  occasione di tempesta nel deserto, c'è torntata poi con «Un 
                  ponte per ...», la Ong per cui lavorano le due Simone. Quando 
                  esplode lo scandalo di Abu Ghraib Giuliana racconta il 
                  calvario di Mithal, una donna detenuta per 80 giorni nel 
                  carcere delle torture. «L'intervista di Mithal termina con 
                  queste parole: `Gli Stati uniti hanno occupato il nostro 
                  paese, abbiamo diritto di difenderci. La resistenza è 
                  autodifesa'». La Resistenza: Giuliana è la prima a parlarne, 
                  ma mai attraverso le dichiarazioni di gruppi organizzati, 
                  sempre attraverso la voce della gente, delle donne. E racconta 
                  di Falluja, di come e perché sia diventata un simbolo di 
                  un'opposizione capillare, istintiva, poco organizzata. «Alcuni 
                  sostengono che questa resistenza sia opera degli ex 
                  sostenitori di Saddam - scrive Giuliana - e che Falluja sia 
                  una roccaforte dell'ex dittatore. I nostri interlocutori 
                  negano.»


                  Sono proprio questi reportages che descrivono la società 
                  civile irakena, che parlano di quello che solo pochi 
                  giornalisti vedono e dicono, che hanno reso unici i servizi 
                  giornalistici di Giuliana. Tanto che Die Zeit, il prestigioso 
                  settimanale tedesco nella cui direzione siede Helmut Schmit, 
                  le aveva chiesto di collaborare. Era diventata un'autrice 
                  stabile e l'ultima telefonata l'ha avuta proprio con il capo 
                  servizi esteri di quel giornale. «Il suo - dicono da Amburgo - 
                  è uno sguardo essenziale sul paese».


                  Giuliana ha scritto molti libri. Il suo ultimo libro, Fronte 
                  Iraq, è uscito per le edizioni de Il manifesto l'anno scorso. 
                  E sta per uscire la sua ristampa aggiornata. Aspettiamo il 
                  ritorno di Giuliana per una terza edizione aggiornatissima.











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